Nella penombra di un elegante loft di Manhattan, circondato da libri e vecchie macchine da scrivere, un uomo rifletteva sui pericoli dell’intelligenza artificiale. Non era uno scienziato pazzo, ma Ilya Sutskever, uno dei padri spirituali dei moderni modelli linguistici. Guardava il tramonto oltre le finestre e pensava a come i suoi algoritmi, nati per rispondere a domande semplici, si fossero trasformati in divinità digitali affamate di energia.