Se c’è un’immagine che descrive perfettamente il rapporto tra governo e Big Tech, è quella di un poliziotto che insegue un’auto sportiva… in triciclo. Non importa se ha ragione, arriverà comunque troppo tardi. È la fotografia sbiadita dei processi antitrust intentati dalla Federal Trade Commission contro colossi come Google e Meta. Processi che sembrano nati da fototessere di un’epoca passata, scolorite quanto inutili, e che pretendono di giudicare un mercato tecnologico con dinamiche mutate più velocemente di una story su Instagram.

Il caso contro Meta, sbarcato in tribunale a Washington, si basa sull’acquisizione di Instagram e WhatsApp, avvenute rispettivamente nel 2012 e nel 2014. Due ere geologiche fa, in scala digitale. All’epoca Instagram era poco più di una fotocamera con filtri carini, e WhatsApp un servizio di messaggistica senza modello di business. Oggi sono pilastri dell’impero Zuckerberg, ma accusarlo adesso per quelle mosse equivale a multare un’auto in sosta perché vent’anni fa ha superato il limite di velocità.