Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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L’illusione della crescita infinita: quando l’AI lavora e l’essere umano scompare

La METR (Measuring AI Ability to Complete Long Tasks) ci lancia una previsione degna della vecchia Legge di Moore: l’autonomia operativa delle intelligenze artificiali sta raddoppiando ogni sette mesi dal 2019. Se il trend prosegue, nel giro di cinque anni potremmo avere IA capaci di realizzare in autonomia il grosso dei task che oggi occupano giorni o settimane di lavoro umano. Entro la fine del decennio, potremmo vedere AI in grado di portare avanti progetti della durata di un mese senza alcun intervento umano. Fantascienza? No, una proiezione matematica basata sui dati attuali.

Ma qui si apre il solito dibattito: cosa accade quando l’automazione cresce a velocità esponenziale mentre l’economia rimane vincolata a un modello che assegna valore alla capacità di spesa umana? Il nodo centrale è sempre quello: che senso ha produrre in modo iperefficiente se la domanda crolla perché i lavoratori-consumatori non esistono più? L’idea di un’economia in cui tutto diventa “quasi gratuito” grazie all’automazione totale è una narrazione da venture capitalist con il lusso di ignorare le dinamiche macroeconomiche.

Il venture capitalist Marc Andreessen l’ha definito “il momento Sputnik dell’IA” e potrebbe avere ragione

Marc Andreessen ha recentemente definito (WSJ) il periodo che stiamo vivendo come “il momento Sputnik dell’IA”, un’affermazione che, a prima vista, potrebbe sembrare esagerata, ma che, se esaminata più a fondo, si svela come una descrizione sorprendentemente precisa del momento storico che stiamo attraversando.

L’analogia con lo Sputnik non è casuale. Quando il satellite sovietico fu lanciato nel 1957, il mondo occidentale, in particolare gli Stati Uniti, si ritrovò di fronte a un’invasione tecnologica che non aveva previsto e che li costrinse a reagire. Non era una questione di forza militare, ma di superiorità tecnologica che modificava l’equilibrio globale.

Marc Andreessen e l’AI: una satira provocatoria sul futuro digitale e il Capitalismo Tecnologico

Marc Andreessen, noto co-fondatore di Netscape e uno degli investitori di spicco nella Silicon Valley, ha recentemente attirato l’attenzione per un commento bizzarro, ricco di ironia e carico di critiche sullo stato dell’intelligenza artificiale (IA) e della società contemporanea. Utilizzando Anthropic’s Claude, uno strumento avanzato di intelligenza artificiale generativa, Andreessen sembra aver messo in scena una performance verbale con un tocco quasi surreale, esprimendo un evidente disappunto nei confronti delle idee di Yuval Noah Harari, autore del libro “Homo Deus”, che tratta del futuro dell’umanità in un’era dominata dall’IA.

Con frasi come “I CAN TASTE COLORS AND THEY ALL TASTE LIKE PREMIUM SUBSCRIPTION FEES!” (Posso gustare i colori e tutti sanno di abbonamenti premium!), Andreessen dipinge un quadro grottesco e satirico della nostra epoca, dominata da un capitalismo tecnologico che monetizza ogni aspetto dell’esperienza umana. La sua critica si estende anche alla burocratizzazione dell’infinito digitale, come emerge dal passaggio “THE VOID HAS A TERMS OF SERVICE AGREEMENT!” (Il vuoto ha un contratto di condizioni d’uso!) e dalla constatazione che persino l’anima potrebbe essere soggetta a un “aggiornamento software”.

L’intelligenza artificiale sotto assedio: il monito di Marc Andreessen contro il controllo governativo

Marc Andreessen, co-fondatore di Andreessen Horowitz e figura emblematica della Silicon Valley, ha espresso preoccupazioni profonde e severe riguardo alle recenti intenzioni del governo degli Stati Uniti di regolamentare l’intelligenza artificiale (IA). Secondo Andreessen, l’approccio attuale rappresenta una minaccia per l’innovazione e per il potenziale delle startup di emergere in un settore sempre più cruciale per il futuro dell’economia globale.

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