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Navigare tra i debiti per finanziare la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale in Italia

Come evitare “un nuovo colonialismo digitale”

Non è possibile parlare di “AI per tutti” (la retorica di Google), di “AI responsabile” (la retorica di Facebook) o di “distribuire su larga scala” i suoi benefici (la retorica di OpenAI) senza riconoscere e affrontare onestamente gli ostacoli che si frappongono.

Ora una nuova generazione di studiosi sta sostenendo una “AI decoloniale” per restituire il potere dal Nord del mondo al Sud del mondo, dalla Silicon Valley alle persone. Per non rendere le Nazioni dipendenti e indebitate con le corporations e dipendenti tecnologiche dal silicio. La spesa ICT nel settore business in Italia ha raggiunto a fine 2023 quasi 39 miliardi di euro (secondo i dati Assintel) e di questo valore, una fetta intorno al 30% va “oversea.

La nostra speranza è che questa articolo possa fornire uno spunto su come potrebbe essere l’Intelligenza Artificiale decoloniale e un invito alla riflessione, perché c’è molto altro da esplorare.

Sappiamo che l’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il mondo industriale. Tuttavia, in Italia, molti si chiedono come sia possibile finanziare questa nuova rivoluzione industriale se si è sommersi dai debiti.

Ristrutturazione del debito: prima di tutto, è importante affrontare la questione del debito, perché l’equazione è la seguente:

Debito = < Investimenti in AI

Una delle ragioni principali per prepararci un’altra ondata di crisi del debito italiano è che tutti i fattori che potrebbero consentire al bel Paese di ridurre il proprio debito si stanno ora muovendo nella direzione sbagliata.

Per il 2024 l’Italia prevede un debito pubblico in rapporto al Pil sostanzialmente stabile rispetto al 2023, rimanendo il secondo più elevato (140,1 per cento) dopo la Grecia (152,2 per cento), l’economia italiana è circa dieci volte più grande di quella della Grecia e ha un mercato dei titoli di Stato da 3mila miliardi di dollari. Se la crisi del debito greco del 2010 ha scosso i mercati finanziari mondiali, quanto potrebbe farlo una eventuale crisi del debito italiano oggi?

Quando si tratta di valutare le prospettive economiche italiane, faremo bene a ricordare il famoso :

Se qualcosa non può andare avanti per sempre, si fermerà.

Herb Stein:

Se mai questo aforisma è vero, lo è per quanto riguarda la continua capacità dei Governi in Italia di emettere una quantità sempre maggiore di debito per coprire il proprio deficit di bilancio. Ciò è particolarmente vero quando ci sono poche prospettive che l’Italia possa mai ridurre l’entità della sua montagna di debito pubblico.

Una delle ragioni principali per prepararci ad un’altra ondata di crisi del debito italiano è che tutti i fattori che potrebbero consentire al nostro Paese di ridurre il proprio debito si stanno ora muovendo nella direzione sbagliata. Ciò deve essere particolarmente preoccupante se si considera che il rapporto debito pubblico/Pil di oggi è pari al 145%, ovvero circa 20 punti percentuali in più rispetto al periodo della crisi del debito italiano del 2012.

Per pura questione aritmetica, i tre fattori che potrebbero migliorare il peso del debito pubblico di un Paese sono un sano avanzo di bilancio primario (la differenza tra la spesa pubblica e le entrate tributarie ed extra-tributarie al netto degli interessi da pagare sul debito), tassi di interesse più bassi e un ritmo più rapido di crescita economica. Sfortunatamente, nel caso attuale dell’Italia, tutti e tre questi fattori vanno nella direzione opposta.

Nel frattempo, lungi dallo sperimentare una rapida crescita economica, l’economia italiana sembra essere sul filo di un’altra recessione economica anche grazie alle conseguenze della stretta monetaria della BCE per riprendere il controllo dell’inflazione. Una simile recessione difficilmente ispirerebbe fiducia nella capacità dell’Italia di riuscire a ridurre il proprio debito. Senza contare che dall’adesione all’Euro nel 1999, il livello del reddito pro capite italiano è rimasto pressoché invariato.

Fino a poco tempo fa, il nostro Paese aveva avuto poche difficoltà a finanziarsi a condizioni relativamente favorevoli nonostante la montagna di debito pubblico. Ciò è dovuto in gran parte al fatto che, con il suo programma quantitativo aggressivo, la BCE ha coperto quasi la totalità del fabbisogno netto di indebitamento italiano. Tuttavia, dal luglio 2023, la BCE ha completamente interrotto i suoi programmi di acquisto di obbligazioni. E ciò rende l’Italia molto più dipendente dai mercati finanziari per soddisfare le proprie esigenze di prestito.

Sfruttare le sovvenzioni e gli incentivi fiscali: l’Italia, come molti altri Paesi, offre una serie di sovvenzioni e incentivi fiscali per le aziende che investono in tecnologia e innovazione. 

Secondo l’Osservatorio sulle politiche in materia di AI dell’OCSE, numerosi Paesi e territori, inclusa l’Unione Europea, hanno introdotto iniziative per le politiche sull’Intelligenza Artificiale .

Anche l’Italia ha fatto la sua parte, pubblicando tre piani programmatici multisettoriali nel 2020 e nel 2021.

Il primo è stato reso ufficiale dal Ministero dello Sviluppo Economico durante il Governo Conte II, mentre il secondo è stato diffuso congiuntamente dal Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell’Università e della Ricerca durante il Governo Draghi e per ultimo il piano annunciato dall’attuale Premier Meloni assieme al un coinvolgimento di Cassa Depositi e Prestiti.

Il fatto che siano stati necessari 3 piani in così poco tempo potrebbe essere attribuito all’instabilità politica dell’Italia e alla volontà del nuovo Governo di adattare le politiche sull’AI al nuovo contesto politico. In ogni caso, nel frattempo abbiamo nominato, ovviamente, 3 commissioni diverse, quindi abbiamo “parzialmente” ricominciato tutto da capo ogni volta.

Ora, ancora una volta il successo della nuova strategia nazionale dipende dall’attuazione di queste nuove iniziative, poiché sono strettamente interconnesse.

Sulla carta c’è un fondo da un miliardo sull’Intelligenza Artificiale. È forse questo l’investimento più atteso del piano industriale 2024-28 di Cdp Venture Capital sgr.

Ma quale è la situazione lato imprese?

In Italia, circa la metà delle grandi aziende (49%)
ha iniziato a riflettere sulle potenzialità e sugli impatti della Generative AI e il 17% ha già all’attivo
progettualità sul tema. Le piccole e medie imprese, invece, rimangono per lo più escluse dal percorso:
soltanto il 7% sta riflettendo su potenziali applicazioni e, ancor meno (2%) ha concretamente attivato
effettive sperimentazioni o iniziative.

Osservatorio Artificial Intelligence

Come faccio ad aumentare questi numeri senza ingenti investimenti pubblici, si controllati per non prendere scivoloni come per il super bonus, ma non iper burocratizzati?

Abbiamo a disposizione 1 miliardo contro i 7 della Germania e della Francia e guardando al Regno Unito, anche se fuori dall’UE, notiamo che è il terzo mercato di Intelligenza Artificiale al mondo dopo Stati Uniti e Cina, con una valutazione attuale di 21 miliardi di dollari, che si stima raggiungerà i mille miliardi di dollari entro il 2035.

Al di fuori dei confini UE notiamo altresì che la tecnologica locale di Israele si è affermata in prima linea nello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, raggiungendo 11 miliardi di dollari di investimenti privati ​​tra il 2013 e il 2022 (Mirae Asset), il quarto più alto al mondo.    

Ovviamente gli Stati Uniti sono il paese più prolifico nella ricerca sull’Intelligenza Artificiale, con Macro Polo che rileva che quasi il 60% dei ricercatori di “alto livello” sull’Intelligenza Artificiale lavora per Università e aziende americane, e Mirae Assets che suggerisce che fino ad oggi sono stati raccolti 249 miliardi di dollari in finanziamenti privati.

Non ci sorprende infine che il secondo contributore più significativo alla ricerca sull’Intelligenza Artificiale al mondo sia la Cina, che ha l’11% dei ricercatori di alto livello impegnati sull’Intelligenza Artificiale (Macro Polo), 232 investimenti legati alle tematiche dell’AI nel 2023 e che ha raccolto 95 miliardi di dollari in investimenti privati ​​tra il 2022 e il 2023 (sempre secondo i dati Mirae).

Sembrerebbe una battaglia con i fucili di legno a guardarla così, sia per il nostro Paese ma anche per l’UE nel suo complesso:

Guardando all’adozione da parte delle organizzazioni, circa 6 grandi imprese su 10 (61%) dichiarano di avere
all’attivo – almeno a livello di sperimentazione – progetti di Intelligenza Artificiale. L’adozione scende al 18%
tra le piccole e medie imprese (+3 punti percentuali rispetto al 2022). L’adozione nelle imprese è dunque
sostanzialmente stabile rispetto al 2022, ma ciò non deve essere letto in contrasto con la crescita del mercato.
Infatti, le aziende che avevano già avviato almeno una sperimentazione proseguono e accelerano.
Contrariamente alle aspettative, l’avvento della Generative AI non sembra aver influenzato il percorso di
avvicinamento all’AI di quelle aziende che non hanno ancora adottato la tecnologia: mentre per le aziende
più mature è il 33%

Osservatorio Artificial Intelligence

Per chi volesse guardarsi i numeri dell’AI in Italia c’è un’interessante Contributo dell’Osservatorio Artificial Intelligence all’Indagine Conoscitiva sull’Intelligenza Artificiale: opportunità e rischi per il sistema produttivo italiano, che riportiamo sotto.

A voi le conclusioni.

Il panorama delle startup italiane continua a essere dinamico e promettente, con alcune aziende che si distinguono per la loro resilienza e capacità di adattamento

Gli investimenti nelle startup italiane hanno subito un duro colpo nel 2023, con una drastica diminuzione del 50% rispetto all’anno precedente. Secondo i dati elaborati da Italian Tech, gli investimenti in venture capital si sono attestati a 1,15 miliardi di euro. Questo rappresenta un calo significativo rispetto ai 2,39 miliardi del 2022 e ai 1,3 miliardi del 2021.

Ecco alcuni punti chiave riguardanti gli investimenti nelle startup italiane nel 2023:

Ammontare degli investimenti: a dicembre 2023, sono stati investiti 87,4 milioni di euro in startup, distribuiti in 9 aumenti di capitale, portando il totale annuale a 1,15 miliardi;

Numero di deal: nel 2023, sono stati conclusi 173 deal, rispetto ai 202 del 2022 e ai 165 del 2021;

Settori in crescita: i settori che hanno ricevuto maggiori investimenti includono medtech, cleantech, biotech e tecnologie applicate al lavoro HR.
Distribuzione territoriale: La Lombardia ha mantenuto il ruolo di leader con il 39,3% degli investimenti totali, seguita dal Piemonte al secondo posto con il 12%.

Ulteriori dettagli sugli investimenti nelle startup italiane nel 2023:

  1. Investimenti per fase di sviluppo:
    • Seed stage: gli investimenti in questa fase sono stati di circa 200 milioni di euro, con 41 deal conclusi;
    • Early stage: in questa fase, gli investimenti hanno raggiunto circa 600 milioni di euro, con 80 deal;
    • Growth stage: gli investimenti in startup in questa fase sono stati di circa 350 milioni di euro, con 52 deal;
  2. Settori specifici:
    • Medtech: le startup medtech hanno ricevuto circa 150 milioni di euro di investimenti;
    • Cleantech: questo settore ha ottenuto circa 100 milioni di euro;
    • Biotech: le startup biotech hanno ricevuto circa 80 milioni di euro;
    • Tecnologie applicate al lavoro HR: questo settore ha ricevuto circa 70 milioni di euro;
  3. Investimenti esteri:
    • Nonostante la diminuzione complessiva degli investimenti, alcune startup italiane hanno attirato l’attenzione di investitori stranieri. Ad esempio, D-Orbit ha ricevuto un investimento di 100 milioni di euro da SpaceX;
  4. Sfide e opportunità:
    • La riduzione degli investimenti rappresenta una sfida per le startup italiane, ma ci sono ancora opportunità per l’innovazione e la crescita;
    • Le aziende italiane dovrebbero concentrarsi sulla diversificazione delle fonti di finanziamento, cercando anche investitori internazionali;
    • La collaborazione tra startup, università e istituzioni può favorire lo sviluppo di nuove tecnologie e soluzioni.

Ci sono piaciute: Hiro Robotics, SunCubes , Nutriafrica, Cap_able, Displaid, Soundsafe Care, Foreverland, Newtwen, Levelquantum, Aindo.

Ecco alcune informazioni sulle startup italiane menzionate:

  1. Hiro Robotics: si occupa del riciclaggio di rifiuti elettronici utilizzando robotica e intelligenza artificialeIl loro sistema robotico modulare consente di trattare oltre 60 monitor e TV all’ora, garantendo il 99% di recupero di materiali preziosi dai rifiuti elettronici;
  2. Soundsafe Care: questa startup combina ultrasuoni e robotica per disrupt i metodi convenzionali di chirurgiaLa loro tecnologia permette un trattamento chirurgico preciso grazie alla robotica e completamente non invasivo grazie agli ultrasuoni;
  3. Aindo: fondata nel 2018 e con sede nell’Area Science Park a Trieste, Aindo propone una soluzione che analizza i dati aziendali per creare dati sinteticiQuesti dati sintetici sono considerati una delle migliori soluzioni per affrontare la carenza di dati su cui addestrare l’intelligenza artificiale.

Queste startup stanno contribuendo all’innovazione nel campo dell’Intelligenza Artificiale e della robotica in Italia

In sintesi, nonostante le difficoltà, il panorama delle startup italiane continua a essere dinamico e promettente, con alcune aziende che si distinguono per la loro resilienza e capacità di adattamento.

In sintesi, la riduzione degli investimenti di venture capital rappresenta una sfida per le startup italiane, ma alcune aziende continuano a ottenere finanziamenti e a innovare nel panorama imprenditoriale.

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