Mentre gli spettatori meno attrezzati emotivamente si struggono per le sorti dei protagonisti, tra abbracci digitali e intelligenze artificiali con più empatia di uno psicoterapeuta abilitato, i veri appassionati — quelli col badge da sviluppatore e il cronogramma di release di OpenAI stampato sopra la scrivania sanno benissimo che il cuore della settima stagione di Black Mirror non è la distopia. È la roadmap.

Charlie Brooker non inventa il futuro. Lo interpreta sei mesi prima che qualcuno lo carichi su GitHub. Ogni episodio di questa nuova stagione è una riflessione, neanche troppo velata, su tecnologie già esistenti, alcune delle quali in fase di testing in laboratori pubblici e privati. Di seguito, un’analisi giornalistica dettagliata, senza fronzoli narrativi e con lo sguardo cinico di chi sa che la distopia è un business scalabile.