Okay, saltiamo i convenevoli. C’è una nuova forza nell’aria, e non si tratta del solito aggiornamento software con bug e patch settimanali. Parliamo di un cambio di paradigma così profondo da riscrivere non solo i codici sorgente, ma le fondamenta stesse della società. L’intelligenza artificiale generativa ha invaso silenziosamente le nostre vite, dai sondaggi sulle abitudini d’acquisto alla diagnosi dei tumori, passando per le e-mail aziendali che ora suonano troppo educate per essere state scritte da un umano stressato. Non è solo una rivoluzione tecnologica, è una mutazione culturale e come tutte le mutazioni improvvise, ha un sapore dolciastro di potere e un retrogusto ossico di incertezza.
La parola chiave qui è generativa. Non è un’IA che cerca pattern nei dati già esistenti, è un’IA che crea. Crea testo, codice, immagini, musica, molecole, diagnosi. Siamo passati dall’aritmetica alla narrazione, dal calcolo alla creazione. E non c’è nulla di rassicurante in questo salto quantico. Perché quando la macchina inizia a scrivere, il controllo dell’uomo passa da autore a curatore, da esecutore a spettatore. La questione non è più se l’IA farà il nostro lavoro. La domanda è: che cosa rimarrà del nostro lavoro una volta che l’IA avrà finito di farlo?
Leggi tutto