Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Intelligenza Artificiale, Politica, Democrazia, Normativa, Regolamenti

Eric Schmidt serve più energia o più cervello?

A Washington si è celebrata l’ennesima seduta teatrale mascherata da audizione congressuale, dove il sipario si è alzato su un paradosso tutto americano: per dominare il futuro dell’intelligenza artificiale, bisogna consumare il passato dell’energia. Una corsa al primato tecnologico che brucia elettricità come se fosse carbone dell’Ottocento, mentre la questione climatica viene elegantemente ignorata come un cameriere troppo zelante a un gala di miliardari.

Eric Schmidt, ex CEO di Google e oggi nuovo profeta dell’IA sotto le vesti del suo think tank “Special Competitive Studies Project”, ha scodellato la nuova verità: “Abbiamo bisogno di energia in tutte le forme, rinnovabili o meno, subito e ovunque”. Una chiamata alle armi energetica che sa tanto di manifesto industriale più che di politica nazionale.

Durante l’audizione della Commissione Energia e Commercio della Camera, la parola d’ordine è stata una sola: “dominanza”. Dominanza sull’energia. Dominanza sull’IA. Dominanza sulla Cina. E se per raggiungerla bisogna mettere in pausa il pianeta, pazienza. Quattro ore di interventi bipartisan dove repubblicani e democratici si sono annusati e ignorati a turno, uniti da un’ansia esistenziale: perdere la corsa contro Pechino.

La nuova trovata: Tariffe settoriali e paranoia industriale, la crociata di Trump contro l’Asia tech

Benvenuti nel nuovo episodio della soap opera Tariff Wars: Made in America, dove ogni giorno è una roulette russa per le supply chain globali. Howard Lutnick, Segretario al Commercio USA e fedele araldo del trumpismo 2.0, ha rivelato in un’intervista alla ABC che l’amministrazione ha deciso di separare i destini tariffari dei prodotti tech – smartphone, computer, semiconduttori e altra elettronica di prima fascia – da quelli soggetti ai dazi “reciproci” annunciati ad aprile. Ora, questi prodotti rientreranno sotto una nuova categoria: le “tariffe settoriali”.

Pechino suona la carica, Li Qiang a Ursula von der Leyen : “abbiamo gli strumenti per resistere alla guerra commerciale di Trump”

Nel teatro sempre più grottesco dell’economia globale, dove le regole del gioco sembrano essere scritte con l’inchiostro simpatico dell’interesse nazionale americano, la Cina ha deciso di mostrare i muscoli ma con il guanto bianco della diplomazia. Li Qiang, Premier della Repubblica Popolare, ha alzato la cornetta e parlato con Ursula von der Leyen per recitare un copione che sa di calma glaciale e determinazione sistemica: “abbiamo abbastanza strumenti politici in riserva” e “siamo pienamente in grado di contrastare gli shock esterni”.

Tradotto dal mandarino: Trump può pure giocare a Risiko con i dazi, noi giochiamo a Go con decenni di pianificazione centralizzata. Il messaggio è chiaro, e non è solo per l’Europa: Pechino non ha intenzione di piegarsi alla nuova ondata protezionistica partorita dalla Casa Bianca. Anzi, rilancia con il solito mantra del “difendere l’equità internazionale” un concetto che fa sorridere se pronunciato da un Paese che tiene in piedi il più sofisticato sistema di capitalismo di Stato mai concepito.

Trump ordina un’indagine sull’ex capo della cybersicurezza: vendetta o strategia preventiva?

Quando l’ex presidente Donald Trump firma un ordine esecutivo, non lo fa mai a cuor leggero. Mercoledì ha messo nero su bianco un attacco frontale a Christopher Krebs, ex direttore dell’Agenzia per la sicurezza informatica e delle infrastrutture (CISA), oggi dirigente di SentinelOne, società privata di cybersecurity. Sì, proprio lui, lo stesso che dopo le elezioni del 2020 ebbe l’ardire di smentire pubblicamente le teorie trumpiane sul presunto “furto” elettorale. Il prezzo? Ora si ritrova al centro di un’indagine ordinata dallo stesso uomo che l’aveva già licenziato con una mossa spettacolare e mediatica.

Trump, in questo nuovo ordine esecutivo, ha revocato il nulla osta di sicurezza a Krebs, etichettandolo di fatto come una minaccia all’apparato statale. Ma attenzione: non si tratta di un’azione isolata. Il tycoon è nel pieno di una campagna di rivincita sistematica contro individui, studi legali e università che a suo dire lo avrebbero danneggiato o screditato. Questo comportamento paranoico, o forse solo estremamente strategico, ci racconta più del modus operandi trumpiano che dell’effettiva pericolosità di Krebs.

La scelta di prendere di mira un esperto riconosciuto a livello internazionale, che aveva semplicemente affermato che le elezioni del 2020 furono “le più sicure nella storia americana”, non è solo un atto vendicativo, ma un segnale politico ben preciso. Siamo nel pieno del 2024 e Trump ha bisogno di polarizzare l’attenzione, consolidare la base e riscrivere la narrativa in vista delle prossime elezioni. Quale modo migliore se non riesumare i fantasmi del 2020 e attaccare chi, con freddezza e competenza tecnica, ha osato contraddirlo?

Ursula von der Leyen e la guerra dei pixel: perché una tassa europea sulla pubblicità digitale è una mina sotto il cloud delle Big Tech


Non è una guerra commerciale, è una partita a Risiko giocata da boomer vestiti da statisti, con le aziende tech americane al centro del bersaglio. Apple si è già beccata il primo colpo, ma ora anche Meta e Google rischiano di vedere i loro margini evaporare tra i fumi di ritorsioni e nuove fantasiose imposte pensate a Bruxelles, con la stessa lucidità con cui si sceglie il karaoke di fine anno in un ente pubblico.

Ursula von der Leyen, che evidentemente ha deciso di iniziare la campagna elettorale con l’eleganza di un colpo di mazza sul tavolo delle relazioni transatlantiche, ha proposto una tassa sui ricavi pubblicitari delle aziende statunitensi. Non sui profitti, attenzione, ma sui ricavi. Il che, per chi mastica un po’ di business, è come tassare l’aria condizionata di un ristorante e non il conto. È una misura punitiva, non una riforma. È una provocazione fiscale mascherata da giustizia economica, e come ogni provocazione, rischia di ottenere l’effetto opposto.

La guerra dei dazi diventa guerra di nervi: Trump e Xi al bivio di un duello strategico globale

Il sipario si è alzato sul secondo atto della guerra commerciale USA-Cina e stavolta non si tratta solo di dazi. È un confronto strategico, una partita a scacchi geopolitica, con Washington e Pechino incastrati in una dinamica di escalation reciproca che trascende il semplice commercio. Trump, tornato alla Casa Bianca con la sottile eleganza di un bulldozer in cristalleria, ha innalzato i dazi al +125% (quindi in totale dovrebbero essere 145%) contro la Cina. Una mossa che sa più di vendetta che di strategia economica, mentre a tutti gli altri partner commerciali ha concesso una graziosa tregua di 90 giorni. Per Pechino, invece, nessun salvacondotto.

Non siamo più nel 2018. Oggi, con le supply chain globali già fratturate e l’economia mondiale in modalità “survival”, la mossa di Trump appare come un tentativo di rianimare il suo brand politico attraverso il nazionalismo economico più tossico (Monroe). Ma la Cina non è quella che era. Non c’è più l’ombra di un compromesso tattico: Pechino ha messo in chiaro che è pronta a pagare qualsiasi prezzo pur di non piegarsi. Lo ha detto Zhao Minghao, esperto del Centre for American Studies di Shanghai, e lo ha ribadito ogni funzionario cinese coinvolto: questa è una guerra di risolutezza, non di numeri.

AI Continent Action Plan Bruxelles scopre che la burocrazia non genera intelligenza artificiale

Partiamo dall’autoincensamento iniziale: “abbiamo il 30% in più di ricercatori AI rispetto agli Stati Uniti”. Sembra un numero promettente, ma come ogni buon CTO sa, il numero di teste non è garanzia di innovazione se queste menti brillanti si perdono nei meandri delle gare pubbliche, dei fondi strutturali a rilascio triennale, o peggio, emigrano per trovare un ambiente dove il codice si scrive davvero, non solo nei documenti strategici.

Il piano prevede la creazione di AI Gigafactories, una terminologia che strizza l’occhio al linguaggio muscolare di Elon Musk, ma che nella pratica sarà alimentata da partnership pubblico-private e un fondo chiamato InvestAI, con l’obiettivo (futuribile) di mobilitare 20 miliardi di euro. Mobilitare, non investire. Il linguaggio conta. E il fatto che si stia solo lanciando una Call for Interest significa che, ad oggi, di concreto c’è poco più di un foglio Excel.

Ci sarà anche il lancio di 13 AI Factories sparse per l’Europa, che dovrebbero fungere da catalizzatori regionali per lo sviluppo e l’adozione dell’AI. Ma senza una strategia chiara di interconnessione tra queste entità, rischiamo di creare cattedrali nel deserto digitale, isolate e autoreferenziali, piuttosto che un network sinergico capace di scalare.

Interessante, almeno sulla carta, l’idea delle Data Labs integrati alle AI Factories per facilitare la condivisione sicura dei dati. Ma serve ricordare che il GDPR, con le sue mille ambiguità interpretative, resta un fardello imponente per qualsiasi progetto che voglia usare dati reali. Finché non si armonizza la regolamentazione con la necessità operativa, i Data Labs rischiano di essere poco più che laboratori di teoria.

Il fatto che solo il 13% delle aziende europee usi l’AI oggi è un campanello d’allarme che non si può ignorare. Il piano lo cita, ma senza un’azione shock che porti l’adozione tecnologica dentro la PMI manifatturiera e nei servizi pubblici locali, anche qui si resta nella retorica. La produttività europea è stagnante da anni, e l’AI potrebbe essere il volano giusto, ma va portata nelle fabbriche, non lasciata nei PDF.

Altro punto fondamentale, lo sviluppo delle competenze. Si parla di un’AI Academy collegata alle AI Factories, e di facilitazioni per attrarre talenti extra-UE. Buona idea, ma sempre che i visti arrivino in tempo, che gli stipendi siano competitivi con quelli USA, e che non si finisca nella solita paralisi burocratica fatta di bandi e procedure di selezione infinite.

L’unico vero punto cinicamente pragmatico dell’intero piano è l’impegno a minimizzare il peso regolatorio, attraverso un AI Service Desk e documenti guida per interpretare l’AI Act, una normativa che già prevede che l’85% dei sistemi AI non rientri nei vincoli regolatori. Ottimo. Ma dire che l’85% non è soggetto a regolazione è una non-notizia: il problema sono i casi limite, i dubbi interpretativi, e la lentezza con cui si definiscono gli standard.

Mentre gli Stati Uniti e la Cina corrono a briglia sciolta nel selvaggio West dell’intelligenza artificiale, tra venture capital, algoritmi spregiudicati e startup che crescono come funghi radioattivi, l’Unione Europea si guarda allo specchio e, per la prima volta, ammette: “forse ci siamo un tantino complicati la vita da soli”. E così, con una mossa che sa di autocritica tardiva travestita da lungimiranza, Bruxelles annuncia una semplificazione delle sue regole sull’IA. No, la famigerata AI Act non viene abolita, né riscritta. Semplicemente, si cerca di renderla meno simile a un labirinto burocratico e più a qualcosa che un’azienda, magari una PMI italiana che ancora manda fatture in PDF, possa davvero usare.

Silicon Valley Geopolitics and New Balances of Power (ENGLISH PODCAST)

Il potere liquido del digitale: la nuova autarchia tecnologica tra Silicon Valley, Cina e crisi delle democrazie.

L’epoca che stiamo attraversando non ha eguali nella storia. Non è tanto una questione di tecnologia in sé, quanto della sua velocità, della sua capillarità, e soprattutto della sua imprevedibile capacità di ridefinire strutture di potere, categorie politiche e fondamenta sociali. Se fino a ieri le guerre si combattevano con carri armati, oggi si conducono con algoritmi, piattaforme, intelligenza artificiale e manipolazione cognitiva di massa. E chi le combatte, sempre più spesso, non indossa una divisa. È un ingegnere di Stanford, un imprenditore visionario in t-shirt nera, un fondo sovrano saudita o un partito comunista che ha capito come si programma un sistema operativo.

La tecnologia digitale non è più una componente del sistema: è il sistema. E in questa mutazione genetica della realtà sociale, economica e politica globale, si intravede un disegno emergente – non sempre intenzionale, ma comunque dirompente – che sta ridefinendo gli assi della geopolitica. Gli attori centrali di questa trasformazione non sono più gli Stati, ma gli attori extra-statuali, potentati digitali, corporate apolidi che accumulano capitale, dati e influenza in una misura senza precedenti. È la “balcanizzazione del potere”, ma con server sparsi nei deserti del Nevada e nei data center sottomarini di Google, non più tra le montagne dei Balcani.

Scott Bessent e il ruolo dell’intelligenza artificiale di DeepSeek nel crollo dei mercati: un’analisi della situazione economica globale

Il mercato azionario mondiale sta attraversando una fase di turbolenza che ha attirato l’attenzione di molti osservatori, in particolare a causa della continua discesa dei principali indici. Tuttavia, mentre la narrativa prevalente suggerisce che le politiche economiche di Donald Trump siano la causa principale di questo calo, Scott Bessent, segretario del Tesoro degli Stati Uniti, ha lanciato una visione contrastante, suggerendo che il vero fattore scatenante del crollo possa essere l’emergere di DeepSeek, un avanzato strumento di intelligenza artificiale sviluppato in Cina.

Bessent, intervistato da Tucker Carlson su Fox News, ha fatto un’affermazione provocatoria, chiarendo che la discesa dei mercati è iniziata ben prima dell’intensificarsi delle politiche tariffarie di Trump. Secondo lui, il vero catalizzatore del calo sarebbe stato l’annuncio del lancio di DeepSeek, l’innovativo modello di intelligenza artificiale cinese, che ha scosso i mercati globali con una potenza dirompente.

Trump e le tariffe AI: quando la politica commerciale diventa un compito copiato all’ultimo minuto

Donald Trump ha annunciato la sua nuova strategia commerciale brandendo un cartellone di cartone con la scritta “Reciprocal Tariffs”, scatenando immediatamente stupore e confusione. Il piano? Un dazio del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, comprese quelle provenienti da isole disabitate, e tariffe astronomiche su alcuni paesi, basate su una logica che non sembra aderire a nessuna analisi economica tradizionale. Il risultato immediato: il crollo dei mercati azionari e l’ombra di un’impennata dei prezzi su quasi tutti i beni di consumo.

Ma da dove saltano fuori questi numeri? Pare che la Casa Bianca abbia preso una scorciatoia matematica che assomiglia sospettosamente a quella suggerita da chatbot di intelligenza artificiale come ChatGPT, Gemini, Claude e Grok.

Christine Lagarde e l’AI: la rivoluzione economica che l’Europa non può perdere

L’intelligenza artificiale rappresenta una delle più grandi opportunità – e sfide – per l’Europa nei prossimi decenni. A sottolinearlo è Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE), in un discorso pronunciato durante una conferenza sull’AI organizzata dalla BCE. Con un tono pragmatico ma determinato, Lagarde ha delineato un futuro in cui l’Europa non può permettersi di restare indietro, come accaduto con la rivoluzione digitale di Internet, evidenziando i profondi cambiamenti che l’intelligenza artificiale porterà in termini di produttività, lavoro e disuguaglianze sociali.

Jacob Helberg: Il Falco di Washington che mescola Cybersecurity, Trumpismo e Silicon Valley

Jacob Helberg è il tipo di personaggio che riassume in sé tutte le contraddizioni e le peculiarità della politica americana contemporanea: giovane, ebreo, apertamente LGBT, ex finanziatore democratico ora convertito al trumpismo e, soprattutto, un feroce falco anti-Cina.

Nominato sottosegretario di Stato per la crescita economica, l’energia e l’ambiente da Donald Trump, Helberg non è solo un tecnocrate con un passato accademico solido, ma anche un insider della Silicon Valley con connessioni profonde nel mondo delle big tech e della sicurezza informatica. E, come si conviene a una figura del genere, ha finanziato il ritorno di Trump..

L’asse del caos: come la strategia occidentale ha saldato l’alleanza sino-russa e accelerato il declino dell’egemonia USA

Washington e Bruxelles, nel loro tentativo miope di contenere la crescita di Cina e Russia, hanno finito per ottenere esattamente il contrario: un’alleanza strategica tra Pechino e Mosca che sta ridefinendo l’ordine mondiale. La cosiddetta “asse della sovversione” – che include anche Iran e Corea del Nord – è in realtà un aggregato eterogeneo in cui solo la partnership sino-russa conta davvero. E, ironia della sorte, se non fosse stato per la politica aggressiva e sanzionatoria dell’Occidente, probabilmente Pechino e Mosca sarebbero rimaste più distanti.

Dopotutto, la Cina è un colosso industriale che ha sempre preferito l’Occidente come mercato e fonte di tecnologia. La Russia, invece, è una superpotenza energetica che si sarebbe accontentata di vendere petrolio e gas all’Europa. Ma le guerre economiche e le sanzioni imposte dagli USA e dall’UE hanno chiuso qualsiasi altra opzione. Mosca è stata costretta a dirottare il suo commercio verso Oriente, e Pechino ha trovato in Putin un partner strategico che, seppur ingombrante, è essenziale per la stabilità delle sue forniture energetiche e per la sicurezza geopolitica.

Il sogno imperiale di Trump: Monroe Doctrine 2.1 e la nascita della Super America

Nel 1823, James Monroe dichiarò il dominio degli Stati Uniti sull’emisfero occidentale, una sorta di avviso ai naviganti europei: niente più colonizzazioni nelle Americhe, a meno che non fossero già presenti. Un pretesto perfetto per giustificare l’espansione a stelle e strisce, dalla California al Texas, fino alle isole del Pacifico. Poi venne Theodore Roosevelt con la sua aggiunta: non solo l’America si sarebbe difesa, ma avrebbe anche interferito ovunque per evitare minacce ai suoi interessi. Era la legittimazione dell’imperialismo con la scusa della sicurezza nazionale.

Oggi, a distanza di due secoli, Donald Trump sembra pronto a rispolverare il concetto, aggiornandolo in un’ambiziosa Monroe Doctrine 2.1. Il nuovo obiettivo non è più soltanto il controllo delle Americhe, ma l’espansione globale in una logica da superpotenza assoluta. Canada come 51° stato, l’acquisto della Groenlandia, il “recupero” del Canale di Panama: non sono idee estemporanee, ma pezzi di un mosaico strategico molto più ampio.

Ue: 1,3 miliardi per AI, cybersecurity e competenze digitali

La Commissione europea stanzierà 1,3 miliardi di euro per la diffusione di tecnologie critiche di importanza strategica per il futuro dell’Europa e per la sovranità tecnologica del continente attraverso il programma di lavoro per l’Europa digitale (Digital) per il periodo 2025-2027 adottato oggi.

IA e Propaganda Politica

IA e propaganda politica: come l’Intelligenza Artificiale sta cambiando il gioco

Oggi vediamo un po’ come AI e Propaganda Politica sono legate a doppio nodo. Vi guiderò in un mondo fatto di realtà, ma anche di miti, di storie inventate, di persone senza scrupoli, di roba copiata o rubata e di una “montagna di m…a“.

Frequentate i social media? Avete contato quanti video, short e reel di quanto è bella la tecnologia cinese, di persone che fanno gesti eroici in paesi che ricordano Russia o Cina, delle auto e moto americane, di androidi Cinesi che vanno in bicicletta, di fallimenti di tecnologie europee o italiane, di violenza, canetti perduti e salvati?

E quanti commenti da haters vi arrivano oggi?
Questo è quello che accade quando ordini alle big tech di allentare i filtri.

La Blacklist della Tecnologia: Il Nuovo attacco della politica Usa contro la Cina

Il 25 marzo 2025, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha compiuto un passo significativo nella sua politica di contenimento nei confronti della Cina, aggiungendo ben 80 entità alla sua “entity list”. Si tratta di una mossa senza precedenti che segna un nuovo capitolo nella guerra tecnologica tra le due superpotenze, specialmente nel settore dell’intelligenza artificiale e dei supercomputer avanzati.

Questo intervento, il primo di una lunga serie iniziata con l’amministrazione Trump, ha avuto ripercussioni immediate, con Pechino che ha condannato fermamente l’azione e accusato Washington di voler manipolare la sicurezza nazionale per i propri scopi geopolitici.

L’inserimento di 80 organizzazioni nella lista nera ha coinvolto oltre 50 realtà cinesi, accusate di danneggiare gli interessi di sicurezza nazionale e politica estera degli Stati Uniti. Tra le aziende vietate vi sono alcune delle più potenti del settore tecnologico cinese, comprese quelle coinvolte nello sviluppo di intelligenza artificiale avanzata, supercomputer e chip ad alte prestazioni utilizzati in ambito militare.

L’Europa alla prova dell’AI e dell’energia: Draghi traccia la rotta per la competitività del futuro

L’Europa si trova davanti a una sfida esistenziale, un bivio che definirà il suo ruolo nel panorama globale dei prossimi anni. Energia, intelligenza artificiale e innovazione industriale sono i tre pilastri su cui si gioca il futuro del continente. A sottolinearlo con chiarezza è Mario Draghi, intervenuto al Parlamento per discutere il suo Rapporto sulla competitività europea.

Huawei sfida l’America: il ritorno del 5G e la guerra dei chip

Eric Xu Zhijun, vicepresidente di Huawei, aveva affermato a marzo, davanti a centinaia di giornalisti e analisti, che il ritorno della compagnia nel mercato degli smartphone 5G era impossibile senza l’approvazione del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti. Ma alla fine di agosto, Huawei ha smentito sé stessa e il mondo intero con il lancio a sorpresa del Mate 60 Pro, dotato di un processore avanzato sviluppato in Cina, sotto embargo tecnologico statunitense.

L’evento non è stato solo un trionfo commerciale, ma anche un atto politico. Il lancio del Mate 60 Pro è avvenuto in coincidenza con la visita in Cina della Segretaria al Commercio USA, Gina Raimondo, un tempismo che non può essere casuale. La domanda chiave per Washington è: come ha fatto Huawei a superare le restrizioni imposte dall’amministrazione americana, che miravano a soffocare la sua capacità di produrre chip avanzati?

La risposta sembra essere il Kirin 9000s, il processore sviluppato da HiSilicon, la divisione di Huawei dedicata ai semiconduttori. Un’analisi indipendente ha rivelato che il chip è stato probabilmente prodotto da SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corp), il principale produttore cinese di semiconduttori, anch’esso sotto sanzioni statunitensi. Questo ha scatenato un’ondata di speculazioni, mettendo in dubbio l’efficacia del blocco tecnologico imposto dagli USA.

Emirati Arabi Uniti: la promessa di 1,4 trilioni di dollari negli Stati Uniti

Gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno recentemente annunciato un piano decennale per investire 1,4 trilioni di dollari nell’economia statunitense, a seguito di incontri tra alti funzionari emiratini e il presidente Donald Trump. Questo impegno mira a potenziare significativamente gli investimenti esistenti degli EAU in settori chiave come l’infrastruttura dell’intelligenza artificiale, i semiconduttori, l’energia e la manifattura americana.

Nell’ambito di questo accordo, il fondo di investimento emiratino ADQ, in collaborazione con il partner statunitense Energy Capital Partners, ha annunciato un’iniziativa da 25 miliardi di dollari focalizzata su infrastrutture energetiche e data center. Inoltre, XRG, il braccio internazionale della compagnia petrolifera statale degli EAU, ADNOC, ha manifestato l’intenzione di supportare la produzione e l’esportazione di gas naturale negli Stati Uniti attraverso un investimento nell’impianto di esportazione di gas naturale liquefatto NextDecade in Texas.

Europa, il bivio del mercato unico. Letta avverte: “Senza integrazione siamo una colonia americana”

L’Europa è a un bivio decisivo: rimanere frammentata e vulnerabile agli interessi esterni oppure accelerare l’integrazione economica per diventare un attore globale. È questo il monito lanciato da Enrico Letta, intervistato da Il Sole 24 Ore, a proposito del suo rapporto sul futuro del mercato unico europeo. L’ex premier italiano avverte che, senza una svolta strutturale, l’UE rischia di restare una colonia economica degli Stati Uniti e di non essere in grado di competere con Cina e altre potenze emergenti.

Trump e Putin risolvono la guerra in Ucraina? Solo se conviene a loro

Trump e Putin si sentono al telefono e, come due vecchi amici che decidono di dividere il conto al ristorante, stabiliscono una tregua “parziale” in Ucraina, focalizzata su energia e infrastrutture. Non sulla vita umana, non sulle città ridotte in macerie, ma su gasdotti e centrali elettriche. Perché, si sa, la guerra può anche continuare, ma il flusso di denaro e risorse deve rimanere intatto.

La Casa Bianca annuncia che ulteriori dettagli verranno discussi a Jeddah, città saudita famosa non per la diplomazia, ma per il petrolio. Un caso? Ovviamente no. Nel frattempo, Kiev risponde con scetticismo, accusando Mosca di aver lanciato una nuova ondata di droni e dimostrando, se ce ne fosse ancora bisogno, che Putin non ha mai veramente considerato l’opzione della pace. Zelensky, escluso dalle conversazioni tra i due potenti, si trova in Finlandia a cercare alleati, mentre il Cremlino esulta per una tregua che permette alla Russia di riorganizzarsi senza dover rinunciare ai suoi obiettivi strategici.

L’illusione dell’intelligenza artificiale nel governo britannico: tra sprechi, incompetenza e utopia digitale

Sir Keir Starmer ha promesso di rivoluzionare il settore pubblico britannico con l’intelligenza artificiale. Una narrazione affascinante, perfetta per i titoli dei giornali e per placare un elettorato sempre più insofferente verso una macchina burocratica inefficiente e costosa.

Ma la realtà è un’altra: il governo fatica persino a comprendere il funzionamento di queste tecnologie, figuriamoci ad applicarle in modo efficace.

Rubarvi in casa con il sorriso: OpenAI e Google chiedono al governo usa di legalizzare il saccheggio dei dati

Immaginate se i ladri vi mandassero una lettera formale per chiedervi il permesso di entrare in casa vostra, prendere ciò che vogliono e poi rivendere il tutto con un bel margine di profitto. No, non è una distopia, è semplicemente il nuovo modello di business delle big tech. OpenAI e Google hanno ufficialmente chiesto al governo degli Stati Uniti di legalizzare il furto di contenuti protetti da copyright per addestrare le loro intelligenze artificiali, sostenendo che negarglielo sarebbe una minaccia alla sicurezza nazionale.

Sì, avete capito bene. Non solo queste aziende hanno costruito i loro modelli estraendo massicciamente dati senza chiedere permesso, ma ora vogliono anche il timbro di approvazione ufficiale. Nel loro commento, OpenAI avverte che se gli Stati Uniti non permetteranno alle aziende americane di attingere liberamente ai contenuti altrui, allora la Cina, che di certo non si fa troppi problemi con il copyright, prenderà il sopravvento. Un discorso che suona come un ultimatum mascherato da preoccupazione patriottica: o ci lasciate saccheggiare tutto senza ostacoli, o perderemo la supremazia nell’AI.

L’iniziativa arriva dopo che Donald Trump ha revocato l’ordine esecutivo sull’IA dell’amministrazione precedente, segnando un cambio di rotta nella regolamentazione dell’intelligenza artificiale negli Stati Uniti. OpenAI e Google sostengono che un approccio più flessibile al copyright sia essenziale per mantenere la leadership americana nell’innovazione tecnologica e nella ricerca scientifica.

La censura selettiva: il Take it Down Act e il rischio di un’arma politic

Il Take It Down Act, recentemente approvato dal Senato, rappresenta l’ennesimo tentativo di regolamentare la diffusione di immagini intime non consensuali, comprese quelle generate dall’intelligenza artificiale. La legge, sponsorizzata dai senatori Amy Klobuchar e Ted Cruz, introduce sanzioni penali per chiunque condivida questo tipo di contenuti e impone alle piattaforme di rimuoverli entro 48 ore dalla segnalazione, pena multe salate.

Non c’è dubbio che la diffusione di immagini intime senza consenso sia un problema serio e distruttivo, amplificato dall’uso crescente dell’IA. Tuttavia, dare alla nuova amministrazione Trump un ulteriore strumento di controllo sulla libertà di espressione potrebbe rivelarsi un errore pericoloso. Il rischio, è che questa legge diventi una “arma” nelle mani di Trump per colpire i suoi avversari politici e proteggere i suoi alleati, come Elon Musk, che attualmente collabora con il governo mentre gestisce X, una piattaforma già infestata da contenuti NCII, speriamo di sbagliare.

Spagna: il Governo approva legge sull’Intelligenza Artificiale

La Spagna compie un passo decisivo verso la regolamentazione dell’intelligenza artificiale con l’approvazione di un disegno di legge volto a garantire un utilizzo etico, inclusivo e vantaggioso di questa tecnologia. La normativa, definita “pionieristica a livello nazionale e internazionale”, completa il quadro normativo europeo sui diritti digitali, affiancandosi alla DSA e alla regolamentazione dei media. L’annuncio è stato dato dal ministro per la Trasformazione Digitale e la Funzione Pubblica, Óscar López, al termine del Consiglio dei Ministri.

Eleganza, Iprocrisia e Soldi: Il balletto di Sam Altman tra TRUMP e Democratici

I membri del Congresso degli Stati Uniti vengono eletti per un periodo di 4 anni, solitamente 2 anni dopo l’elezione del Presidente. Quest’anno, 435 membri della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti e 35 membri del 
Senato degli Stati Uniti . Inoltre, 39 stati eleggeranno i governatori, mentre le cariche politiche minori saranno rinnovate anche nelle elezioni locali.

Ma a Washington il tempo è un concetto elastico, modellato ad arte dai burattinai della politica. Un giorno tutto sembra bloccato in un’eterna attesa, il giorno dopo la realtà cambia con la velocità di un tweet presidenziale. E, voilà, ecco le elezioni di medio termine! La scacchiera politica, pazientemente preparata da ogni stratega d’America, viene ribaltata come un tavolo da poker dopo una mano sfortunata.

Trump critica il CHIPS ACT e propone alternative per ridurre il debito nazionale

Il CHIPS and Science Act, promulgato nel 2022, è stato concepito per stimolare la produzione domestica di semiconduttori negli Stati Uniti, stanziando 52,7 miliardi di dollari in sussidi per la produzione e la ricerca nel settore. L’obiettivo principale era ridurre la dipendenza dalle catene di approvvigionamento estere e rafforzare la sicurezza nazionale attraverso una maggiore autosufficienza tecnologica.

Tuttavia, il presidente Donald Trump ha recentemente espresso forti critiche nei confronti di questa legge, definendola una “cosa orribile” e suggerendo che i fondi stanziati dovrebbero essere reindirizzati per ridurre il debito nazionale. Secondo Trump, l’imposizione di nuovi dazi sarebbe una misura più efficace per incentivare le aziende a costruire fabbriche negli Stati Uniti, eliminando la necessità di ingenti sussidi governativi.

Rearm Europe: l’audace piano di Ursula von der Leyen per una difesa europea unita

In un momento di crescente incertezza geopolitica, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha annunciato un piano ambizioso per rafforzare le capacità di difesa dell’Unione Europea. Il nuovo strumento finanziario, denominato “Rearm Europe“, prevede un investimento di 150 miliardi di euro per supportare gli Stati membri nel potenziamento delle loro capacità difensive. Questo fondo, istituito ai sensi dell’articolo 122 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE), permetterà di fornire prestiti garantiti dal bilancio dell’UE senza la necessità di passare dal Parlamento Europeo, accelerando così il processo decisionale.

La Cina sconsiglia ai leader dell’IA di recarsi negli Stati Uniti per motivi di sicurezza

La Cina ha recentemente emesso direttive che invitano i principali imprenditori e ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) a evitare viaggi negli Stati Uniti a causa di preoccupazioni legate alla sicurezza nazionale. Le autorità temono che durante tali viaggi possano essere divulgate informazioni sensibili sui progressi cinesi nell’IA e che gli esecutivi possano essere detenuti, utilizzati come strumenti nelle negoziazioni tra Stati Uniti e Cina.

La richiesta di Trump a Zelensky e le implicazioni per l’alleanza occidentale

La scena nello Studio Ovale si è trasformata in uno scontro che segnerà per sempre la storia della diplomazia moderna. La domanda, secca e brutale, che Volodymyr Zelensky ha rivolto a JD Vance “Sei mai stato in Ucraina?” non era solo un interrogativo di circostanza, ma una vera e propria sfida, un affronto velato da un cinismo che non lascia spazio ad equivoci. La risposta di JD Vance, “Ho visto storie…”, non fa che confermare la frattura insanabile tra le percezioni politiche e la realtà di una guerra che ha scosso il mondo intero. In queste parole, si riflette il disinteresse di chi guarda un conflitto dall’alto, come uno spettatore che osserva eventi distanti, senza sentirne la gravità.

La strategia della Casa Bianca per il futuro economico: tagli, privatizzazioni e nuovi accordi internazionali

L’amministrazione Trump sta tracciando una nuova rotta economica, con dichiarazioni e iniziative che puntano a ridisegnare il panorama finanziario e politico degli Stati Uniti, mettendo al centro la riduzione delle tasse, la riduzione della spesa pubblica e un aumento del debito. La proposta di bilancio del Partito Repubblicano, che già stava suscitando polemiche, diventa ancora più incisiva con l’indicazione di prepararsi a licenziamenti su larga scala nelle agenzie federali. Ma il quadro economico non si limita agli sviluppi interni; l’amministrazione si sta anche preparando ad affrontare sfide internazionali, con trattative in corso per accordi minerari strategici con l’Ucraina, a dimostrazione dell’approccio pragmatista adottato verso le alleanze internazionali.

Trump e la proposta dei visti “gold card” a 5 milioni di dollari

Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti, ha recentemente svelato una proposta che ha suscitato un acceso dibattito: l’offerta di visti per gli Stati Uniti con una “gold card” al costo di 5 milioni di dollari. La proposta, che viene presentata come una via d’accesso privilegiata per chi desidera trasferirsi negli USA, è tanto ambiziosa quanto controversa, e non mancherà di suscitare reazioni tanto entusiaste quanto critiche.

Il cuore della proposta di Trump è la creazione di un programma di visti per individui ricchi e investitori, una sorta di “green card” esclusiva, che promette accesso e privilegi legati alla cittadinanza statunitense. Questi visti, chiamati “gold card”, sarebbero venduti a un prezzo di 5 milioni di dollari, una cifra che potrebbe sembrare esorbitante ma che in realtà si rivolge a una nicchia di mercato di super-ricchi, imprenditori e personaggi di spicco che desiderano una residenza stabile e privilegiata negli Stati Uniti.

Il Governo Britannico ha trovato un nuovo modo per far arrabbiare tutti MAKE IT FAIR

Oggi, in un raro momento di armonia, i principali giornali britannici sono finalmente d’accordo su qualcosa. No, non è un miracolo, né un evento astrologico straordinario. È solo che le loro prime pagine sono state sommerse dallo stesso messaggio: un enorme “MAKE IT FAIR” stampato su sfondi blu, un grido disperato delle industrie creative per proteggere il diritto d’autore dallo sfruttamento selvaggio dell’intelligenza artificiale.

La trovata pubblicitaria fa parte dell’iniziativa “Make It Fair”, che cerca di convincere i lettori a difendere la creatività britannica da un piano del governo che, con il pretesto di incentivare l’innovazione, permetterebbe alle aziende di AI di addestrare i loro modelli su contenuti protetti da copyright… senza nemmeno disturbarsi a chiedere il permesso. Perché sì, l’idea brillante è quella di trasformare il lavoro di giornalisti, scrittori, musicisti e artisti in un gigantesco buffet gratuito per gli algoritmi.

Italia-Emirati: l’Asse strategico di Eni per l’energia e l’innovazione

Nel quadro del nuovo partenariato strategico bilaterale tra Italia ed Emirati Arabi Uniti, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha siglato tre accordi di collaborazione con importanti aziende emiratine che, oltre a rafforzare la cooperazione tra i due Paesi, rappresentano un passo significativo nello sviluppo di infrastrutture energetiche e tecnologiche avanzate.

Germania volta pagina: Merz sfida gli usa e Trump applaude

Friedrich Merz, leader dell’alleanza conservatrice che ha trionfato alle elezioni tedesche, si appresta a diventare cancelliere con una promessa inequivocabile: emancipare l’Europa dalla dipendenza dagli Stati Uniti. Il messaggio è chiaro, il tono perentorio.

“La mia assoluta priorità sarà rafforzare l’Europa il più rapidamente possibile, affinché, passo dopo passo, possiamo davvero raggiungere l’indipendenza dagli USA,”

ha dichiarato Merz in un dibattito televisivo, lasciando intendere che il tempo della deferenza verso Washington è finito. “

Non avrei mai pensato di dover dire una cosa del genere in TV. Ma dopo le dichiarazioni di Donald Trump della scorsa settimana, è evidente che gli americani almeno questa amministrazione sono largamente indifferenti al destino dell’Europa.”

Europa, tra crisi e rinascita: la visione di Brunetta per un’Unione più forte

L’Unione Europea ha sempre trovato la propria forza nelle crisi. La celebre citazione di Jean Monnet, secondo cui l’Europa si costruisce attraverso le soluzioni adottate nelle difficoltà, risuona oggi più attuale che mai. Renato Brunetta, presidente del CNEL, ha ripreso questo concetto in un contributo rilasciato a Il Sole 24 Ore il 21 febbraio 2025, evidenziando come l’Italia abbia spesso giocato un ruolo centrale nel delineare le risposte più efficaci ai momenti di svolta della costruzione europea.

La FTC lancia un’indagine sulle big tech

La Federal Trade Commission ha deciso di rispolverare la sua anima da paladina della libertà di espressione e ha lanciato un’indagine pubblica per capire se le grandi piattaforme tecnologiche stiano “censurando” gli utenti. In particolare, l’attenzione è rivolta a quei malcapitati che potrebbero essere stati esclusi dai servizi digitali a causa delle loro opinioni o affiliazioni politiche. Insomma, un’inchiesta sul fatto che le big tech siano cattive e opprimenti, ma solo nel momento in cui a lamentarsi è chi sta politicamente dalla parte giusta.

IRS licenzia 6.700 dipendenti: impatto sulla stagione fiscale e sulla politica federale

Il 20 febbraio 2025, l’Internal Revenue Service (IRS) degli Stati Uniti ha iniziato il licenziamento di circa 6.700 dipendenti, rappresentando circa il 7% della sua forza lavoro totale di 100.000 persone. Questa mossa fa parte di una più ampia iniziativa di riduzione del personale federale promossa dal presidente Donald Trump, con il supporto del magnate tecnologico Elon Musk, principale donatore della campagna presidenziale.

Draghi al Parlamento Europeo: “non si può dire di no a tutto, fate qualcosa”

Nel suo recente intervento al Parlamento Europeo a Bruxelles, l’ex presidente della Bce ed ex premier italiano Mario Draghi ha lanciato un appello urgente per l’Europa, sottolineando la necessità di agire rapidamente per non rimanere indietro nella corsa tecnologica e geopolitica globale. Le sue dichiarazioni, pronunciate durante la Settimana Parlamentare Europea 2025, hanno messo in luce le sfide che l’Unione Europea deve affrontare per mantenere la propria competitività e sicurezza economica.

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