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Trump e i democratici kamikaze nello shutdown più lungo della storia americana

Donald Trump ha sempre avuto un debole per la guerra verbale, ma questa volta la metafora è diventata geopolitica: ha definito i Democratici “kamikaze”, pronti a distruggere il Paese pur di non cedere politicamente. Una frase che sembra uscita più da un manuale di guerra psicologica che da un briefing alla Casa Bianca, ma che fotografa bene la tensione attuale a Washington. Lo shutdown USA è entrato nella storia come il più lungo di sempre, superando il precedente record di 35 giorni fissato dallo stesso Trump nel suo primo mandato. Una chiusura del governo che sa di déjà vu e che lascia sul campo 1,4 milioni di lavoratori federali, molti senza stipendio e altri obbligati a lavorare comunque, come se la fedeltà alla nazione potesse pagare l’affitto.

Google Ironwood TPU entra in scena

In un mondo in cui l’intelligenza artificiale sta rapidamente oltrepassando i limiti del “solo training”, Google lancia la settima generazione della sua unità di elaborazione tensoriale: la Ironwood TPU. Il termine “inference a larga scala” acquisisce un nuovo significato, e basta leggere qualche numero per capire che non siamo più nella logica delle incrementali ottimizzazioni. Google afferma che il chip può essere collegato in un superpod da 9 216 unità.

Cosa ha visto Ilya Sutskever?

Da dove partire. Nel novembre 2023 la OpenAI ha licenziato improvvisamente il suo CEO Sam Altman ufficialmente perché “non era stato costantemente sincero nelle comunicazioni con il board”. Il licenziamento durò meno di una settimana: Altman rientrò, dopo che centinaia di dipendenti minacciarono la dimissione. Ma il cuore della questione, per chi ama l’analisi profonda, è: cosa aveva visto Sutskever che lo fece schierarsi con il board contro Altman, fino a produrre un memorandum di 52 pagine e testimoniarlo in deposizione?

L’intelligenza artificiale entra nella stanza del marketing: da Intersections 2025 il racconto di una rivoluzione imperfetta

A Milano, nel salone lucido e iperconnesso dell’Allianz MiCo, l’aria sapeva di parole chiave e caffeina. Tutti a parlare di AI, ma pochi a capire davvero che non si tratta più di un gadget per stupire, bensì del nuovo codice genetico della comunicazione. Intersections 2025, evento che ha messo insieme i mondi di marketing, creatività e tecnologia, si è trasformato in un osservatorio in tempo reale del presente digitale. I feed social lo hanno amplificato a ritmo di hashtag, tra un entusiasmo contagioso e un cinismo da veterani del settore. Perché l’intelligenza artificiale non è più la novità, è l’infrastruttura invisibile di tutto ciò che comunichiamo.

Elon Musk, la biometria e il lato oscuro dell’intelligenza artificiale erotica

Fa pensare che Elon Musk, l’uomo che predica la difesa della libertà umana contro l’AI, finisca al centro di una storia che sembra uscita da una distopia di Philip K. Dick. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, i dipendenti di xAI sarebbero stati costretti a fornire i propri dati biometrici per addestrare “Ani”, la chatbot femminile con estetica da anime giapponese e modalità NSFW, lanciata all’interno del servizio “SuperGrok” di X, dal costo di 30 dollari al mese.

Cina ordina ai data center statali di abbandonare i chip AI stranieri: il nuovo spartiacque tecnologico globale

La Cina ha appena alzato il sipario su una delle mosse più radicali dell’era post-silicio: una direttiva che impone ai data center finanziati dallo Stato di utilizzare esclusivamente chip AI prodotti internamente. Un ordine perentorio che, a prima vista, sembra un atto di patriottismo industriale, ma che in realtà è una mossa chirurgica dentro la guerra fredda tecnologica che si combatte sotto il rumore dei server. Il documento, emesso da Pechino, stabilisce che i progetti pubblici di data center con meno del 30% di completamento dovranno rimuovere tutti i chip stranieri già installati, mentre quelli più avanzati verranno analizzati uno per uno. Una pulizia selettiva che colpisce nel cuore l’architettura globale dell’intelligenza artificiale.

Magentic Marketplace e il groviglio degli agenti AI: quando l’autonomia incontra la fragilità

La notizia è semplice Ma Il messaggio è inquietante: Microsoft e Arizona State University hanno aperto un laboratorio in scala ridotta dove mettere a nudo i futuri aiutanti digitali e scoprire che non sono ancora pronti ad andare in autonomia. Source Microsoft

Il progetto, battezzato Magentic Marketplace, è una piattaforma simulata aperta al pubblico che riproduce un mercato bidirezionale dove agenti che rappresentano consumatori dialogano con agenti che rappresentano esercizi commerciali per cercare, negoziare e chiudere transazioni. Il codice sorgente è disponibile e l’idea è tanto pratica quanto spietata: dare alle intelligenze artificiali uno spazio neutro per sbagliare in silico prima che sbaglino nel mondo reale.

Apple compra cervelli: come un miliardo l’anno a Google svela la crisi d’identità dell’intelligenza made in Cupertino

Apple ha deciso di comprare cervelli, e lo fa con la consueta eleganza del gigante che preferisce non sporcarsi le mani: un miliardo di dollari all’anno per affittare l’intelligenza artificiale di Google. Una partnership che, letta con attenzione, racconta molto più di quanto Cupertino voglia ammettere. Racconta la resa temporanea di un impero tecnologico che per anni ha predicato la superiorità del controllo totale, ma che ora si piega di fronte all’inarrestabile complessità del nuovo paradigma AI.

Gemini Deep Research e la nuova frontiera dell’intelligenza aziendale di Google

Esiste un momento preciso in cui l’intelligenza artificiale smette di essere un assistente e diventa un collega. Quel momento, per Google, si chiama Gemini Deep Research. Non è più il solito chatbot travestito da oracolo, ma un agente capace di pensare, leggere, scrivere e soprattutto collegare. Non risponde più soltanto alle domande, ma costruisce dossier, analisi di mercato e rapporti competitivi incrociando dati che vivono nelle nostre email, nei documenti, nelle chat e nel web. In altre parole, Gemini non cerca soltanto: elabora, interpreta e produce conoscenza strutturata. Una svolta silenziosa ma destinata a cambiare radicalmente il modo in cui un’azienda ragiona.

Luciano Floridi: responsabilità morale distribuita e il paradosso etico dell’intelligenza artificiale

Nel lessico della modernità digitale c’è un concetto che ribolle sotto la superficie, tanto invisibile quanto determinante: la responsabilità morale distribuita. Luciano Floridi lo aveva intuito con chirurgica lucidità, anni prima che l’intelligenza artificiale diventasse l’ossessione del nostro tempo. In un mondo popolato da reti di agenti umani, artificiali e ibridi, la colpa smette di essere un fatto individuale per diventare una proprietà emergente del sistema. La morale, quella classica fatta di intenzioni e colpe, implode davanti alla meccanica impersonale delle decisioni algoritmiche. Non è un dramma nuovo, ma è diventato urgente.

L’era dell’agency artificiale: quando gli agenti decidono per noi e per le aziende

La Silicon Valley, dopo aver trascorso due decenni a insegnarci che “il cliente ha sempre ragione”, ora stia discutendo se il cliente conti davvero qualcosa. Il concetto di agency personale la capacità di decidere autonomamente, senza intermediari è diventato improvvisamente materia di dibattito, ora che gli “agenti” non sono più umani, ma algoritmi che prendono decisioni al posto nostro. Gli agenti di intelligenza artificiale sono l’evoluzione logica dell’automazione: software capaci di agire, negoziare e acquistare, senza chiedere il permesso al proprio creatore. Ed è qui che la faccenda diventa interessante, e potenzialmente pericolosa, per le aziende che li sviluppano.

Il logo dell’informazione

Wall Street ha l’aria di chi ha dormito poco e male. Non c’è bisogno di leggere tra le righe dei report finanziari per capire che l’umore degli investitori è in bilico tra euforia tecnologica e paura di un’altra bolla in stile dot-com. Questa volta, però, la parola magica che scatena isteria euforia e vendite impulsive non è più “internet”, ma “intelligenza artificiale”. Tutto ciò che la contiene nel comunicato stampa di un’azienda fa alzare il titolo. Tutto ciò che ne resta fuori lo fa crollare. DoorDash, per esempio, l’ha scoperto sulla propria pelle.

Jensen Huang avverte: la Cina sta per vincere la corsa dell’intelligenza artificiale

Il CEO di Nvidia, Jensen Huang, ha lanciato il suo avvertimento più forte: secondo lui la Cina è destinata a vincere la corsa globale all’intelligenza artificiale. In un’intervista al Financial Times, Huang ha espresso frustrazione per la crescente pressione regolatoria negli Stati Uniti, mentre Pechino sovvenziona energia e infrastrutture per potenziare i propri colossi tecnologici.

Charlotte, il robot australiano che vuole costruire anche sulla luna

In Australia nasce Charlotte, un robot 3D semi-autonomo che promette di cambiare radicalmente il modo in cui costruiamo, sulla Terra e forse un giorno sulla Luna. Creato da Earthbuilt Technology, è capace di realizzare curve, archi e cupole con una libertà geometrica impossibile per le tecniche tradizionali, riducendo costi e impatto ambientale. Il CEO Jan Golembiewski lo definisce “un game changer globale”, convinto che Charlotte possa rendere l’edilizia economica e a zero emissioni. Un sogno di cemento, codice e ambizione spaziale.

Google rilancia su Anthropic per non restare indietro nella corsa dell’intelligenza artificiale

Google sta valutando di spingere con forza su Anthropic, la startup fondata da ex ricercatori di OpenAI che ha dato vita alla famiglia di modelli linguistici Claude. Secondo Business Insider, il gigante di Mountain View sarebbe in trattative preliminari per un nuovo round di finanziamento che potrebbe far lievitare la valutazione di Anthropic oltre i 350 miliardi di dollari, cifra che trasformerebbe la società in una delle più costose e strategiche del settore. Una mossa che, tradotta in termini geopolitici dell’AI, significa soltanto una cosa: Google non intende lasciare il terreno a Microsoft e Nvidia.

Xpeng e la rivoluzione dell’intelligenza artificiale su quattro ruote

Nel cuore ipercompetitivo dell’industria automobilistica cinese, Xpeng ha deciso di riscrivere il concetto di mobilità intelligente, e di farlo con una certa spavalderia. Non si accontenta più di giocare nel campionato degli “smart EV”. Ora vuole diventare il simbolo di una nuova era in cui auto, robot e persino veicoli volanti convivono in un ecosistema guidato dall’intelligenza artificiale. Nel 2026, promette il CEO He Xiaopeng, i cittadini cinesi potranno salire su un robotaxi interamente autonomo, prenotabile tramite Amap, l’app di mappe di Alibaba. Sarà il debutto commerciale di un’idea che fonde visione, linguaggio e azione in un solo modello cognitivo: il VLA.

Google Maps con Gemini: la rivoluzione silenziosa del navigatore intelligente

Google non sta solo aggiornando Maps. Sta fondamentalmente riscrivendo il concetto stesso di navigazione, trasformando quello che un tempo era un semplice strumento di orientamento in un copilota digitale dotato di intelligenza propria. Con l’integrazione di Gemini, l’assistente AI di nuova generazione, la mappa diventa finalmente conversazionale, predittiva e capace di rispondere in modo naturale, mentre il conducente guida, chiede, ascolta e decide in tempo reale.

Youtube ghost network: quando YouTube diventa officina del malware


Avete presente quel tutorial su YouTube che promette “software gratis”, “crack” o “hack del gioco”? Bene: pensateci due volte prima di cliccare. Perché dietro quell’apparenza innocente si nasconde una vera e propria macchina infernale di cyber-minacce, che i ricercatori di Check Point Research hanno battezzato YouTube Ghost Network. Dal 2021 almeno, con un’impennata nel 2025, migliaia di video più di 3.000 hanno abbandonato la facciata di “tutorial” per diventare vettori di malware che rubano password, dati e identità digitali.

Le imprese di fronte alla nuova resa dei conti della cybersecurity mentre gli agenti di intelligenza artificiale diventano imprevedibili

La rivoluzione degli agenti di intelligenza artificiale ha un volto affascinante e uno oscuro. Mentre le imprese si affrettano a integrare queste entità digitali autonome nei processi quotidiani, si apre una falla pericolosa nella sicurezza aziendale. L’avvertimento di Nikesh Arora, CEO di Palo Alto Networks, suona più come una sirena d’allarme che come una previsione. Gli agenti di AI non sono più strumenti, ma attori. Operano dentro le infrastrutture aziendali con accessi, privilegi e capacità decisionali che fino a ieri erano esclusivamente umane. E il sistema di sicurezza tradizionale, costruito attorno all’identità delle persone, si trova improvvisamente nudo.

OpenAI Atlas e il nuovo conflitto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore

Il paradosso dell’intelligenza artificiale è che più diventa autonoma, più rivela la dipendenza dai limiti umani che voleva superare. OpenAI Atlas, il nuovo browser che integra ChatGPT nella navigazione in tempo reale, nasce come strumento per esplorare il web con la potenza di un linguaggio naturale. Ma dietro la facciata dell’efficienza cognitiva, Atlas sta già ridefinendo la frontiera tra accesso all’informazione e manipolazione del sapere, tra libertà digitale e censura algoritmica. Il suo comportamento selettivo nel navigare certi siti web, come rivelato dal Tow Center for Digital Journalism della Columbia University, ha aperto una crepa profonda nel mito della neutralità tecnologica

Il futuro del SEO semantico: perché la search generative experience sta umiliando i vecchi marketer Neil Patel

E’ commovente, per non dire altro, nel vedere i veterani del SEO tradizionale perdere la bussola davanti alla Search Generative Experience di Google. Per anni hanno dominato la scena con formule magiche, checklist di ottimizzazione e parole chiave ripetute come rosari digitali. Poi è arrivato il nuovo paradigma, quello che non guarda più alle keyword ma al significato, e improvvisamente i maghi del traffico si sono ritrovati a recitare incantesimi in una lingua che nessuno, nemmeno Google, ascolta più. Il SEO semantico non è una moda, è un cambio di specie. E chi non si adatta, evapora.

La nuova guerra fredda dell’intelligenza artificiale: il codice made in China che alimenta l’innovazione americana

Nel mondo dell’intelligenza artificiale ogni settimana è un terremoto, ma questa volta il sisma ha un epicentro geopolitico. Due nuovi strumenti di programmazione generativa lanciati da aziende americane, SWE-1.5 di Cognition AI e Composer di Cursor, hanno scatenato un dibattito feroce: potrebbero essere stati costruiti su modelli cinesi, in particolare sulla serie GLM sviluppata da Zhipu AI, la società di Pechino che sta rapidamente emergendo come il “Google cinese” del machine learning. Il problema non è tanto tecnico quanto etico e simbolico. È la nuova frontiera di una guerra fredda digitale in cui l’intelligenza artificiale open source diventa terreno di scontro fra culture, modelli di governance e potere economico.

Bytedance Anthropic e la nuova cortina di silicio: il paradosso dell’intelligenza artificiale sotto embargo

La storia fra ByteDance e Anthropic non è un semplice incidente di percorso tra un’app di Singapore e una startup americana. È il nuovo capitolo della Guerra Fredda tecnologica del XXI secolo, una battaglia invisibile dove le armi non sono missili o sanzioni, ma modelli linguistici e dataset proprietari. Quando la cinese ByteDance, madre di TikTok, si è vista disconnettere l’accesso al modello Claude AI da parte della statunitense Anthropic, non è solo caduto un ponte di collaborazione. È collassato un pezzo dell’illusione di globalizzazione digitale che Silicon Valley e Shenzhen avevano faticosamente costruito in due decenni di interdipendenza tecnologica.

Microsoft entra nella guerra delle immagini AI: il debutto di Mai-Image-1 segna la fine della dipendenza da OpenAI

Quando Microsoft annuncia qualcosa di “in-house”, conviene sempre alzare le antenne. Stavolta non parliamo di un aggiornamento di sistema o dell’ennesimo restyling di Copilot, ma del primo vero modello di generazione immagini nato dentro Redmond: MAI-Image-1. Un nome che suona volutamente tecnico, quasi austero, come se l’azienda volesse ricordarci che dietro il glamour dell’AI art c’è ancora tanto silicio, GPU e ingegneria. Il nuovo modello è già disponibile dentro Bing Image Creator e Copilot Audio Expressions, e presto arriverà anche nell’Unione Europea. Mustafa Suleyman, il capo di Microsoft AI, ha scritto su X che il sistema “eccelle nel generare immagini di cibo, paesaggi naturali e luci artistiche con un realismo sorprendente”. Dichiarazione ambiziosa, ma in linea con la strategia che il colosso di Satya Nadella sta costruendo: meno dipendenza da OpenAI, più capacità proprietarie, più velocità di esecuzione.

Intelligenza artificiale: salvezza e minaccia di Manfred Spitzer

L’intelligenza artificiale non è più una promessa ma una presenza, una forza che plasma la realtà più velocemente di quanto la politica riesca a pronunciare la parola “regolamentazione”. È il nuovo specchio della specie umana, una proiezione digitale delle nostre ambizioni e delle nostre paure, un motore che genera conoscenza e allo stesso tempo amplifica l’ignoranza. La verità, come sempre, è scomoda: l’intelligenza artificiale ci sta salvando e distruggendo con la stessa efficienza di un algoritmo ottimizzato.

Palantir e l’illusione del “big short” sull’intelligenza artificiale

Alex Karp non è un uomo che pesa le parole. Quando ha definito “bats*** crazy” la scommessa di Michael Burry contro Palantir e Nvidia, ha colpito un nervo scoperto del capitalismo tecnologico contemporaneo. Perché scommettere contro chi sta letteralmente costruendo l’infrastruttura cognitiva del mondo moderno è più di un azzardo finanziario, è un atto di fede al contrario.

Burry, il leggendario protagonista de The Big Short, colui che vide il collasso immobiliare del 2008 prima di tutti, oggi punta al ribasso sull’IA. E Karp lo accusa, non senza una certa ironia, di avere perso il senso della realtà digitale.

L’assenza del pensiero sistemico nelle difese europee di fronte alla nuova guerra ibrida russa

C’è un paradosso inquietante che aleggia sopra l’Europa. Da un lato, i governi parlano di “solidarietà atlantica” e di “strategia comune”. Dall’altro, ognuno gioca una partita solitaria, priva di visione sistemica, mentre la Russia affila gli strumenti di una guerra ibrida che ha già superato le frontiere del visibile. L’assenza del pensiero sistemico è oggi la più grande vulnerabilità dell’Europa, più del gas, più delle armi, più della tecnologia. È un’assenza che si manifesta nella lentezza con cui i Paesi europei reagiscono ai segnali di una crisi che non è più potenziale, ma in corso.

Zohran Mamdani

Un risultato epocale per la democrazia urbana: Zohran Mamdani è stato eletto sindaco della città di New York, segnando un cambiamento di paradigma tanto politico quanto simbolico. Il 34enne parlamentare statale (maggiormente noto per la sua affiliazione ai democratic socialisti) ha sconfitto l’ex governatore Andrew Cuomo e il repubblicano Curtis Sliwa.

Né la sua età, né l’estrazione – nato in Uganda, di origini sud‐asiatiche, musulmano dichiarato – hanno frenato la sua discesa fulminante. Anzi, questi elementi diventano parte integrante della sua leadership, tanto quanto la piattaforma radicale a favore dell’“abitabilità” della città. Il risultato: una vittoria con oltre il 50 % dei voti e un’affluenza che non si vedeva da più di 50 anni.

Bullying is Not Innovation

Amazon contro Perplexity: quando l’intelligenza artificiale diventa una minaccia per il commercio digitale

Nel teatro sempre più surreale della tecnologia, la scena di oggi vede protagonisti due attori di peso: Amazon e Perplexity. Il primo è l’impero consolidato dell’e-commerce globale, il secondo una startup in ascesa che si nutre di intelligenza artificiale e di una certa abilità nella costruzione di narrazioni eroiche. Tutto inizia quando Amazon chiede a Perplexity di non consentire ai propri utenti di utilizzare agenti AI per fare acquisti sul suo marketplace. La risposta della startup è stata un colpo di teatro degno di Silicon Valley: un post dal titolo “Il bullismo non è innovazione”, che suona come un manifesto più che come un comunicato. In un’epoca in cui anche la moralità digitale è diventata brand identity, la lotta di Perplexity per la “libertà degli utenti” appare tanto idealista quanto strategica.

Qwen3-Max-Thinking

Alibaba ha annunciato Qwen3-Max-Thinking, una variante “reasoning” del loro modello Qwen che avrebbe ottenuto il punteggio perfetto (100 %) in competizioni matematiche molto difficili come l’AIME 2025 e l’HMMT. Secondo il team Qwen, è il primo modello cinese a raggiungere questo traguardo. In parallelo, la versione non-reasoning Qwen3-Max ha partecipato a una sfida di trading reale (Alpha Arena) e avrebbe generato un ritorno del 22,32 % su un investimento iniziale di 10.000 USD in due settimane, battendo modelli concorrenti statunitensi.

La finestra per combattere la propaganda basata sull’intelligenza artificiale si sta chiudendo rapidamente

La propaganda di nuova generazione non ha più bisogno di troll umani che digitano slogan preconfezionati da un oscuro call center di San Pietroburgo. Oggi basta un operatore con un computer domestico e un paio di modelli linguistici open source per costruire interi ecosistemi di disinformazione automatizzata. Queste reti di entità sintetiche conversano tra loro, modulano il tono, reagiscono al contesto e apprendono dalle interazioni. Sono in grado di testare narrazioni, misurare engagement e adattarsi come un organismo vivente. Il risultato è un sistema di propaganda autoalimentato che si espande con la stessa logica di un virus digitale.

Luciano Floridi e l’illusione dell’intelligenza artificiale che non pensa ma agisce

Luciano Floridi è tornato con un colpo ben assestato al cuore della narrazione dominante sull’intelligenza artificiale. Il filosofo della tecnologia, oggi direttore del Digital Ethics Center all’Università di Yale, ha pubblicato “La differenza fondamentale. Artificial Agency: una nuova filosofia dell’intelligenza artificiale”, un libro che scardina la fascinazione collettiva per le macchine pensanti e riporta la discussione su un terreno più realistico, persino più inquietante. Floridi non nega la potenza dell’AI, ma la spoglia del mito antropomorfico. L’intelligenza artificiale, sostiene, non pensa. Agisce. Ed è proprio questa la sua natura più profonda e pericolosa.

Elements of Responsible Use of AI in Healthcare (RUAIH™)

La tempesta perfetta dell’intelligenza artificiale in sanità

La sanità americana è entrata in una nuova era, e questa volta non si tratta di un aggiornamento software o di un’ennesima promessa di digital transformation. Il 17 settembre 2025 la Joint Commission e la Coalition for Health AI hanno rilasciato il Responsible Use of AI in Healthcare framework, la prima guida nazionale firmata da un ente di accreditamento per garantire un uso sicuro, etico e trasparente dell’intelligenza artificiale nei flussi clinici e operativi. Non un semplice documento tecnico, ma il preludio di una nuova infrastruttura morale e regolatoria destinata a ridisegnare il rapporto tra tecnologia, medicina e fiducia.

La fragile superbia delle macchine e la necessità delle virtù tecnologiche

L’uomo non ha mai costruito nulla che non lo somigli. Anche l’intelligenza artificiale, con la sua presunta neutralità matematica, è soltanto un’estensione della nostra imperfezione: un riflesso sofisticato, ma pur sempre un riflesso. Shannon Vallor, in Technology and the Virtues e poi in The AI Mirror, ha tracciato con precisione chirurgica il perimetro di questa illusione collettiva. La sua filosofia ha l’eleganza di una diagnosi clinica e la brutalità di una sentenza: non stiamo creando macchine intelligenti, stiamo automatizzando la nostra cecità morale.

Insider ransomware: quando il guardiano diventa predatore

Nel sottobosco digitale che chiamiamo “sicurezza informatica” è esplosa una bomba: due professionisti U.S. di cybersecurity — Kevin Tyler Martin (DigitalMint) e Ryan Clifford Goldberg (Sygnia) — sono stati incriminati per aver messo in piedi una campagna ransomware contro almeno cinque aziende, sfruttando le loro stesse credenziali di “guardiani”. Il dossier federale descrive un’operazione che potrebbe ridefinire il concetto di insider threat nella comunità della difesa attack-response.

EDR vs MDR vs XDR: capire lo spettro della difesa informatica

Nell’universo della cybersecurity la proliferazione di acronimi sembra ormai una strategia deliberata per confondere chiunque osi avvicinarsi al tema. Eppure dietro la giungla linguistica di EDR, MDR e XDR si nasconde la vera spina dorsale della difesa digitale moderna. L’equivoco nasce dal fatto che questi strumenti sembrano sovrapporsi, mentre in realtà definiscono livelli distinti di maturità nella risposta alle minacce. Capire dove finisca l’uno e inizi l’altro non è un esercizio semantico, ma un passo cruciale per chi vuole costruire una sicurezza informatica davvero intelligente e non semplicemente reattiva.

Intelligenza artificiale e democrazia: l’arte di convivere con l’incertezza

Viviamo un’epoca in cui la democrazia non è minacciata da carri armati, ma da algoritmi. La retorica dell’efficienza, amplificata dall’intelligenza artificiale, promette decisioni più rapide, analisi più precise, processi più “razionali”. Ma ogni promessa di certezza ha un prezzo, e quel prezzo oggi è la perdita dell’incertezza, cioè di quell’elemento fragile e vitale che tiene in vita la deliberazione democratica. È qui che la ricerca di Sylvie Delacroix (Designing with Uncertainty: LLM Interfaces as Transitional Spaces for Democratic Revival) compie un gesto quasi sovversivo: afferma che l’incertezza non è un difetto da eliminare, ma un valore da progettare. E che gli LLM, i grandi modelli linguistici, possono diventare lo spazio dove la democrazia si reinventa, non attraverso la verità, ma attraverso il dubbio.

Il progetto Suncatcher di Google esplora l’alimentazione dell’intelligenza artificiale nello spazio

Google definisce Project Suncatcher come un “moonshot” per “scalare il compute per il machine learning nello spazio”, facendo iniziare il ragionamento dal vantaggio energetico: un pannello solare in orbita può essere fino a 8 volte più efficiente rispetto alla Terra, grazie all’assenza di atmosfera, al favore di esposizione solare costante (orbita sincrona alba-tramonto) e alla possibilità di ridurre perdite dovute a nuvole o angoli solari sfavorevoli.

Microsoft cancella 200 MW di AI Data Centers

Microsoft rimane uno dei protagonisti dominanti nella corsa all’infrastruttura AI, ma le sue decisioni recenti suggeriscono che ha deciso di imprimere un freno selettivo non un arresto totale. La società ha confermato l’impegno a spendere circa 80 miliardi di dollari in infrastrutture AI nel corso del suo anno fiscale 2025, includendo data center e relative componenti infrastrutturali.

Nei confronti dei cancellamenti, Microsoft ha adottato una posizione cauta: in molte comunicazioni dichiara che “potrebbe rallentare o aggiustare l’infrastruttura in alcune aree”, ma che rimane forte l’intenzione di crescita globale.

Anthropic e la guerra dei trilioni: come l’anti-OpenAI prepara la più grande scalata dell’intelligenza artificiale

The Information, riferisce che Anthropic prevede ricavi fino a 70 miliardi di dollari e un flusso di cassa operativo di circa 17 miliardi di dollari nel 2028. Secondo Reuters, Anthropic punta a raddoppiare o quasi triplicare il suo run rate annuale nelle vendite aziendali entro il 2026: l’obiettivo per il 2025 è un ARR di 9 mld, per il 2026 una forchetta di 20-26 mld.
Altre fonti finanziarie riprendono questi numeri aggiungendo che la crescita è “guidata da una forte adozione dei prodotti enterprise” e che circa l’80 % delle entrate sarebbe generato da clienti business.

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