Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Microsoft apre il sipario su Copilot Vision: l’assistente AI ora vede tutto (anche troppo)

Microsoft ha appena fatto un altro passo deciso nella sua marcia verso un futuro sempre più assistito dall’intelligenza artificiale, lanciando in beta test una nuova versione del suo assistente Copilot per Windows che potremmo tranquillamente ribattezzare “l’occhio di Sauron” in versione corporate. Copilot Vision, inizialmente limitato al browser Edge, ora può accedere a qualsiasi applicazione o area del tuo desktop, trasformandosi in una sorta di coach virtuale sempre pronto a intervenire — che tu stia editando una foto in Photoshop, esplorando Minecraft o cercando di montare un video su Clipchamp senza impazzire.

Nel migliore dei casi, sembra una versione migliorata di Clippy dopo un ciclo di steroidi digitali. Nel peggiore, è un’ulteriore inchiodatura del chiodo sulla bara della privacy utente.

Il concetto è semplice: Copilot Vision si comporta come un osservatore silenzioso e intelligente che può evidenziare parti dello schermo, suggerire azioni contestuali, guidarti nell’uso di strumenti complessi, e analizzare contenuti visualizzati in tempo reale — immagini, siti web o documenti. Durante un test alla festa per i 50 anni di Microsoft, alcuni giornalisti hanno potuto giocare a Minecraft con l’assistente AI che suggeriva strategie e ottimizzava le impostazioni video senza battere ciglio. Praticamente un gamer invisibile che ti backseatta meglio del tuo amico nerd di fiducia.

AI Continent Action Plan Bruxelles scopre che la burocrazia non genera intelligenza artificiale

Partiamo dall’autoincensamento iniziale: “abbiamo il 30% in più di ricercatori AI rispetto agli Stati Uniti”. Sembra un numero promettente, ma come ogni buon CTO sa, il numero di teste non è garanzia di innovazione se queste menti brillanti si perdono nei meandri delle gare pubbliche, dei fondi strutturali a rilascio triennale, o peggio, emigrano per trovare un ambiente dove il codice si scrive davvero, non solo nei documenti strategici.

Il piano prevede la creazione di AI Gigafactories, una terminologia che strizza l’occhio al linguaggio muscolare di Elon Musk, ma che nella pratica sarà alimentata da partnership pubblico-private e un fondo chiamato InvestAI, con l’obiettivo (futuribile) di mobilitare 20 miliardi di euro. Mobilitare, non investire. Il linguaggio conta. E il fatto che si stia solo lanciando una Call for Interest significa che, ad oggi, di concreto c’è poco più di un foglio Excel.

Ci sarà anche il lancio di 13 AI Factories sparse per l’Europa, che dovrebbero fungere da catalizzatori regionali per lo sviluppo e l’adozione dell’AI. Ma senza una strategia chiara di interconnessione tra queste entità, rischiamo di creare cattedrali nel deserto digitale, isolate e autoreferenziali, piuttosto che un network sinergico capace di scalare.

Interessante, almeno sulla carta, l’idea delle Data Labs integrati alle AI Factories per facilitare la condivisione sicura dei dati. Ma serve ricordare che il GDPR, con le sue mille ambiguità interpretative, resta un fardello imponente per qualsiasi progetto che voglia usare dati reali. Finché non si armonizza la regolamentazione con la necessità operativa, i Data Labs rischiano di essere poco più che laboratori di teoria.

Il fatto che solo il 13% delle aziende europee usi l’AI oggi è un campanello d’allarme che non si può ignorare. Il piano lo cita, ma senza un’azione shock che porti l’adozione tecnologica dentro la PMI manifatturiera e nei servizi pubblici locali, anche qui si resta nella retorica. La produttività europea è stagnante da anni, e l’AI potrebbe essere il volano giusto, ma va portata nelle fabbriche, non lasciata nei PDF.

Altro punto fondamentale, lo sviluppo delle competenze. Si parla di un’AI Academy collegata alle AI Factories, e di facilitazioni per attrarre talenti extra-UE. Buona idea, ma sempre che i visti arrivino in tempo, che gli stipendi siano competitivi con quelli USA, e che non si finisca nella solita paralisi burocratica fatta di bandi e procedure di selezione infinite.

L’unico vero punto cinicamente pragmatico dell’intero piano è l’impegno a minimizzare il peso regolatorio, attraverso un AI Service Desk e documenti guida per interpretare l’AI Act, una normativa che già prevede che l’85% dei sistemi AI non rientri nei vincoli regolatori. Ottimo. Ma dire che l’85% non è soggetto a regolazione è una non-notizia: il problema sono i casi limite, i dubbi interpretativi, e la lentezza con cui si definiscono gli standard.

Mentre gli Stati Uniti e la Cina corrono a briglia sciolta nel selvaggio West dell’intelligenza artificiale, tra venture capital, algoritmi spregiudicati e startup che crescono come funghi radioattivi, l’Unione Europea si guarda allo specchio e, per la prima volta, ammette: “forse ci siamo un tantino complicati la vita da soli”. E così, con una mossa che sa di autocritica tardiva travestita da lungimiranza, Bruxelles annuncia una semplificazione delle sue regole sull’IA. No, la famigerata AI Act non viene abolita, né riscritta. Semplicemente, si cerca di renderla meno simile a un labirinto burocratico e più a qualcosa che un’azienda, magari una PMI italiana che ancora manda fatture in PDF, possa davvero usare.

Reddit potenzia la ricerca con l’integrazione di Google Gemini in ‘Reddit Answers’

Reddit, la piattaforma nota per le sue innumerevoli comunità online, ha recentemente annunciato l’integrazione di Google Gemini nel suo strumento di ricerca conversazionale, ‘Reddit Answers’. Questa mossa strategica mira a migliorare la pertinenza e la rapidità delle risposte fornite agli utenti, sfruttando le avanzate capacità di intelligenza artificiale di Google.

Reddit Answers funziona permettendo agli utenti di fare domande tramite un’interfaccia conversazionale alimentata dall’intelligenza artificiale. Grazie a Vertex AI Search, l’IA analizza e sintetizza conversazioni e informazioni pertinenti presenti su Reddit. I risultati forniti includono collegamenti a comunità e post correlati, facilitando l’accesso a contenuti rilevanti.

‘Reddit Answers’, lanciato in beta nel dicembre 2024, consente agli utenti di porre domande e ricevere sintesi curate di commenti e post pertinenti. L’obiettivo è trattenere gli utenti sulla piattaforma, offrendo risposte immediate senza la necessità di ricorrere a motori di ricerca esterni come Google. L’integrazione di Gemini, il modello AI di punta di Google, rappresenta un passo significativo in questa direzione.

Google svela Ironwood: il TPU di settima generazione che sfida Nvidia nel regno dell’AI

Nel panorama tecnologico odierno, l’intelligenza artificiale è la protagonista indiscussa, e Google non perde occasione per ribadire la sua presenza. Il 9 aprile 2025, durante il Google Cloud Next 25, l’azienda ha presentato Ironwood, il suo settimo Tensor Processing Unit (TPU), progettato specificamente per l’inferenza nell’AI. ​

Ironwood rappresenta un’evoluzione significativa rispetto ai suoi predecessori, integrando funzionalità precedentemente separate e offrendo miglioramenti sostanziali in termini di memoria e efficienza energetica. Secondo Amin Vahdat, vicepresidente di Google, il chip offre il doppio delle prestazioni per watt rispetto al modello Trillium dell’anno scorso. ​

Samsung e Google: la partnership che trasforma Ballie in un maggiordomo AI

Nel panorama tecnologico odierno, dove l’innovazione è spesso sinonimo di effimero, Samsung e Google annunciano una collaborazione che promette di ridefinire il concetto di assistente domestico. Il protagonista di questa rivoluzione è Ballie, il robot sferico di Samsung, ora potenziato dall’intelligenza artificiale Gemini di Google.

Presentato per la prima volta al CES 2020, Ballie sembrava destinato a rimanere un esercizio di stile, un gadget più vicino a un giocattolo che a un vero assistente domestico. Tuttavia, con l’integrazione di Gemini, Ballie si prepara a diventare il maggiordomo digitale che molti hanno solo sognato. Questa collaborazione sfrutta le capacità multimodali di Gemini, permettendo a Ballie di comprendere e rispondere a comandi vocali, interpretare immagini e adattarsi dinamicamente all’ambiente domestico.

Il sogno cinese di Meta: soldi, segreti e un cavo sottomarino verso l’inferno

Quando una ex dirigente di Meta si presenta davanti al Congresso con un’accusa in piena regola di alto tradimento tecnologico, il rumore di fondo non è solo quello dei flash dei fotografi. È il suono di un impero digitale che scricchiola sotto il peso di ciò che ha sempre negato: una complicità sistemica con il Partito Comunista Cinese, mascherata da espansionismo strategico globale.

Sarah Wynn-Williams, ex direttrice delle politiche pubbliche globali di Meta, è pronta a spalancare le porte dell’inferno aziendale con una testimonianza che sa di spy story siliconvalleyana, ma che si gioca nella realtà: accuse dirette, documenti, progetti segreti e un cavo sottomarino degno di un romanzo cyberpunk, tutto finalizzato – a suo dire – a conquistare il mercato cinese degli inserzionisti, da 18 miliardi di dollari.

Secondo la sua deposizione preparata per la Sottocommissione su Crimine e Controterrorismo, Meta avrebbe costruito – in senso letterale e metaforico – un ponte digitale con la Cina, ribattezzato internamente Project Aldrin, come se Buzz fosse atterrato non sulla Luna ma sulla Grande Muraglia. Il progetto includeva una pipeline fisica, un’infrastruttura transpacifica progettata per collegare Los Angeles a Hong Kong. Un canale che, stando all’accusa, avrebbe potenzialmente dato al governo cinese una corsia preferenziale per intercettare dati privati degli utenti americani, messaggi inclusi. Il tutto senza mai informare il pubblico, gli azionisti o lo stesso Congresso. L’operazione fu cancellata nel 2020, ma non per un risveglio morale, bensì grazie a un intervento diretto delle autorità statunitensi.

TSMC sotto accusa: multa da un miliardo per chip finiti nei circuiti di Huawei

TSMC, il colosso taiwanese della produzione di semiconduttori che tiene letteralmente in pugno la supply chain globale dell’innovazione, potrebbe dover sborsare oltre un miliardo di dollari per risolvere una scomoda indagine statunitense sul controllo delle esportazioni. Il motivo? Un chip fabbricato su commessa di Sophgo, società cinese apparentemente innocua, che però sarebbe finito nel cuore pulsante dell’Ascend 910B, l’ambizioso processore AI di Huawei, attualmente il simbolo della corsa cinese all’autosufficienza tecnologica.

Il Dipartimento del Commercio americano, che ormai fa più il lavoro dell’NSA che della burocrazia industriale, sta scavando nella vicenda da mesi. Secondo fonti riservate, tutto parte da una progettazione firmata Sophgo, trasformata da TSMC in circa tre milioni di chip. Peccato che il risultato finale, identico nei minimi dettagli, sia stato rinvenuto nel cuore della 910B, proprio quel chip made-in-Huawei che doveva essere impossibile da realizzare senza violare le sanzioni USA. Un déjà vu che ha fatto suonare più di un campanello d’allarme a Washington.

Meta e la sua strategia Project Ray: la tecnologia al servizio della geopolitica

Meta Platforms non è certo un novellino quando si tratta di navigare le acque turbolente del panorama tecnologico globale. La compagnia ha sempre avuto una straordinaria capacità di adattarsi, evolversi e, soprattutto, sfruttare ogni opportunità che il mercato gli presenta. Ora, con il caos che avvolge TikTok, Meta sta lanciando la sua offensiva con una precisione chirurgica, e mentre i governi si scontrano a suon di politiche e dazi, Meta sa che questa è la sua occasione per prendere il controllo.

La recente tempesta che ha investito TikTok ha posto il gigante cinese di fronte a un muro fatto di leggi e ordini esecutivi, in particolare da parte degli Stati Uniti. In un mondo dove la geopolitica si intreccia sempre più con il destino delle aziende tecnologiche, Meta ha approfittato della situazione per avanzare le proprie posizioni, mettendo a punto una strategia che punta a raccogliere i frutti del caos. Non è solo un tentativo di battere TikTok sul piano dei contenuti video brevi, ma una vera e propria mossa di potere, un’operazione che va ben oltre la semplice competizione tecnologica.

Vitruvian-1 14B: Un Balzo in Avanti per l’Intelligenza Artificiale Europea

ASC27 s.r.l., con il supporto della comunità italiana e europea, ci riprova e lancia Vitruvian-1, o semplicemente V1, un modello AI che porta in scena una nuova era nel mondo dell’intelligenza artificiale con capacità di ragionamento avanzate. Con soli 14 miliardi di parametri, Vitruvian-1 non è il solito gigante da centinaia di miliardi di parametri che dominano il mercato, ma offre qualcosa di unico: il vero ragionamento.

Alibaba lancia l’ultima sfida nel mercato globale dell’IA con i modelli Qwen

Alibaba Cloud ha recentemente annunciato un significativo potenziamento delle sue offerte di intelligenza artificiale per i clienti internazionali, presentando nuovi modelli e strumenti avanzati durante l’evento Spring Launch 2025. Questa mossa strategica evidenzia l’ambizione di Alibaba di consolidare la sua presenza nel mercato globale dell’IA, sfidando direttamente i colossi occidentali del settore.​

Al centro di questa iniziativa c’è l’espansione dell’accesso ai modelli linguistici avanzati della serie Qwen. Tra questi spiccano Qwen-Max, un modello su larga scala basato su una struttura Mixture of Experts (MoE), QwQ-Plus, focalizzato sul ragionamento, QVQ-Max, specializzato nel ragionamento visivo, e Qwen2.5-Omni-7B, un modello multimodale end-to-end. Questi modelli sono ora disponibili attraverso le zone di disponibilità di Alibaba Cloud a Singapore, offrendo ai clienti internazionali strumenti potenti per l’analisi dei dati, l’automazione e la creazione di contenuti. ​

Senatori USA nel mirino: Microsoft e Google sotto accusa per accordi nell’IA

Nel panorama tecnologico odierno, le alleanze strategiche tra giganti del settore e startup emergenti nel campo dell’intelligenza artificiale (IA) sono diventate pratica comune. Tuttavia, queste mosse non sono passate inosservate agli occhi vigili dei legislatori statunitensi. I senatori democratici Elizabeth Warren e Ron Wyden hanno recentemente sollevato preoccupazioni riguardo alle partnership tra Microsoft e OpenAI, nonché tra Google e Anthropic, temendo che tali accordi possano soffocare la concorrenza e limitare le scelte dei consumatori. ​

In lettere indirizzate alle due colossali aziende tecnologiche, i senatori hanno richiesto dettagli sui termini finanziari e sulle clausole di esclusività di queste collaborazioni. La loro apprensione principale è che tali alleanze possano consolidare il potere di mercato delle grandi aziende, soffocando l’innovazione e portando a prezzi più elevati per i consumatori. Inoltre, hanno sollevato interrogativi sulla possibilità che Microsoft e Google intendano acquisire i loro partner nell’IA, trasformando queste partnership in vere e proprie fusioni mascherate.

AI for the rest of us: l’illusione di un’IA gentile in un mondo predatorio

Anche il più “umanista” dei libri sull’intelligenza artificiale è già un prodotto del sistema che pretende di criticare. Ma se a suggerirtelo è qualcuna che sa leggere tra le righe, allora forse vale la pena fidarsi.

Non capita spesso che un libro tecnico riesca a promettere rivoluzioni morali con il tono di un TED Talk motivazionale, ma AI for the Rest of Us di Phaedra Boinodiris e Beth Rudden, curato da Peter Scott, ci prova con convinzione. Un titolo apparentemente inclusivo, quasi ingenuo, che cerca di restituire il controllo dell’intelligenza artificiale alle masse, o almeno di far credere che sia possibile. È un’opera a metà tra il manifesto etico e la guida concettuale, scritta per chi vuole sentirsi parte del cambiamento senza dover imparare a programmare in Python.

Ibm rispolvera il mainframe con z17: l’intelligenza artificiale torna a casa, lontano dal cloud

IBM ha appena lanciato il suo nuovo mainframe z17, e no, non è un esercizio di nostalgia per i tempi in cui i server occupavano una stanza intera. È una dichiarazione di guerra o almeno una scossa al torpore – contro il dogma del “tutto sul cloud”. A detta di Big Blue, è arrivato il momento di riportare una parte critica del business… a casa. Dentro le mura. Sul ferro.

Nel momento in cui tutti si inchinano ai megacentri dati delle divinità moderne – AWS, Azure e Google Cloud – IBM prende la strada opposta. Z17 promette potenza computazionale sufficiente per elaborare modelli di intelligenza artificiale direttamente sui dati on-premise, senza mai farli uscire dal perimetro del cliente. Niente upload, niente trasferimenti rischiosi. Sicurezza totale, proprietà assoluta. Un ritorno al controllo. O, più cinicamente, un gigantesco “non ci fidiamo del cloud”. Scopri di piu’

Exodus strategica: il cervello di OpenAI Bob McGrew si sposta su Thinking Machine Labs

Quando i top player iniziano a cambiare casacca, non è mai solo una questione di stipendio o titolo. È una dichiarazione d’intenti, uno spostamento tettonico sotto la superficie dell’industria AI. Bob McGrew, ex Chief Research Officer di OpenAI, ha deciso di passare al “lato oscuro” – o meglio, al lato ancora tutto da definire – unendosi a Mira Murati nella sua nuova creatura: Thinking Machine Labs.

McGrew non è l’ultimo arrivato: ha messo piede in OpenAI nel 2017, quando l’azienda era ancora un’idea fresca, appena uscita dall’incubatrice visionaria di Altman & co. Da lì ha scalato l’organigramma, lavorando in prima linea sull’evoluzione dei modelli linguistici che oggi vengono spacciati come intelligenza. Uno che, insomma, ha avuto accesso al motore e ai segreti dell’astronave, non solo al cruscotto.

Amazon Nova Sonic e Nova Reel 1.1: un modello di intelligenza artificiale di nuova generazione per la creazione di applicazioni e agenti vocali e clip di 2 minuti

Mentre il mondo tech è distratto dai duelli OpenAI-Google, Amazon alza il dito quello con l’anello di Jeff Bezos, probabilmente e dice: “ci siamo anche noi”. Questa settimana ha messo in vetrina un paio di nuove chicche AI: un modello vocale conversazionale chiamato Nova Sonic e una versione aggiornata del suo generatore video, Nova Reel 1.1. Due nomi che sembrano usciti da un catalogo di oggetti per viaggi interstellari, ma che hanno dietro un chiaro messaggio: Amazon non vuole più giocare in difesa.

Trump, big tech e l’intelligenza artificiale: Pew Research Center chi guida davvero il futuro quando nessuno si fida?

In un’America già polarizzata su tutto — dalla pizza con l’ananas ai diritti civili ci mancava l’Intelligenza Artificiale a gettare un altro secchio di benzina su un falò che nessuno controlla. L’ultimo studio del Pew Research Center è il termometro perfetto di questa febbre culturale: oltre 1.000 esperti AI da un lato, più di 5.000 comuni cittadini dall’altro. Gli uni pieni di speranza, gli altri col collo rigido dal continuo guardarsi le spalle.

Per gli addetti ai lavori, l’AI sarà manna dal cielo: migliorerà i loro lavori, li renderà più produttivi, li solleverà dalle incombenze inutili. Insomma, il sogno di ogni ingegnere affetto da burnout. Ma per l’americano medio? L’AI è lo spettro del licenziamento, della disinformazione, del controllo sociale. Solo un quarto della popolazione pensa che ne trarrà beneficio. E francamente, chi può biasimarli?

Sihoo: la sedia intelligente T6

Nel maggio 2024, l’azienda cinese Sihoo ha lanciato la sua ultima innovazione nel campo dell’arredamento ergonomico: la sedia intelligente T6. Questo prodotto rappresenta un salto quantico nel design delle sedute, integrando tecnologia avanzata e comfort per affrontare le sfide moderne del benessere lavorativo.​

La T6 è dotata di un sistema di massaggio integrato che mira a ridurre lo stress accumulato durante le lunghe ore di lavoro. I massaggiatori incorporati sono progettati per emulare le tecniche dei massaggiatori professionisti, offrendo sollievo mirato a spalle, collo e zona lombare. Questo approccio non solo migliora il comfort fisico, ma contribuisce anche a un miglioramento del benessere mentale, affrontando direttamente le problematiche legate allo stress cronico.​

Shopify alza la voce: se il tuo lavoro può essere fatto da un’AI, non serve più che lo faccia tu

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Tobi Lutke, CEO di Shopify, ha deciso che è finita l’era dei “finti busy”. Basta con le task ridondanti, le scartoffie digitali e le scuse comode. Se sei un dipendente e vuoi chiedere budget, risorse, o semplicemente continuare a giustificare il tuo posto di lavoro, dovrai dimostrare –con prove solide che l’AI non può farlo al posto tuo.

In caso contrario, il messaggio è chiaro: sei rimpiazzabile. Niente giri di parole. Lutke ha messo nero su bianco che “utilizzare l’intelligenza artificiale in modo efficace è ormai un’aspettativa fondamentale per tutti in Shopify”.

Roma Digital Summit 2025: Il futuro digitale della Capitale si costruisce oggi

Nel cuore pulsante della Capitale,Roma si è tenuto oggi Digital Summit 2025, un evento che non solo rappresenta un punto di riferimento nel panorama italiano delle tecnologie digitali, ma che soprattutto getta le basi per il futuro della città e della sua amministrazione.

L’appuntamento, che si è svolto l’8 aprile 2025 a Palazzo Valentini, è stata una giornata cruciale per discutere delle innovazioni che stanno cambiando la faccia di Roma, puntando dritto su temi fondamentali come la digitalizzazione, la sostenibilità e la sicurezza.

Nel mezzo della tempesta: AICT sfida i mercati e punta su Hong Kong per la sua IPO da 200 milioni

Mentre la tempesta perfetta della guerra commerciale globale fa tremare le fondamenta dei mercati finanziari, con l’indice Hang Seng che registra il peggior tonfo giornaliero degli ultimi trent’anni, un’azienda di intelligenza artificiale con base a Pechino decide di premere sull’acceleratore. AICT, specializzata in tecnologie AI ad alta precisione per il controllo del traffico e la gestione dei parcheggi in oltre 50 città cinesi, annuncia con spavalderia la sua intenzione di presentare domanda di quotazione alla borsa di Hong Kong entro fine mese.

In barba ai segnali macroeconomici da codice rosso, AICT vuole raccogliere almeno 200 milioni di dollari attraverso la sua IPO. Secondo quanto trapela da fonti vicine all’operazione, l’obiettivo è ambizioso ma strategicamente calcolato. Per Yan Jun, fondatore e presidente della compagnia, non si tratta di una scommessa cieca ma di una mossa studiata: “Meglio essere già in pista. Se il mercato migliora, siamo pronti a decollare. Se resta turbolento, almeno siamo in posizione”.

Waymo e la privacy: una promessa o una strategia di marketing?

Recentemente, Waymo, la divisione di veicoli autonomi di Alphabet, ha dichiarato di non avere intenzione di utilizzare le riprese delle telecamere interne dei suoi robotaxi per addestrare modelli di intelligenza artificiale destinati alla pubblicità mirata. Questa affermazione è giunta in risposta alla scoperta di una pagina non ancora pubblicata della loro politica sulla privacy, individuata dalla ricercatrice Jane Manchun Wong, che suggeriva la possibilità di utilizzare i dati delle telecamere interne associati all’identità dei passeggeri per scopi pubblicitari.

Secondo la portavoce di Waymo, Julia Ilina, il testo in questione era solo un segnaposto e non rifletteva accuratamente le funzionalità in fase di sviluppo. Ha inoltre sottolineato che il sistema di apprendimento automatico dell’azienda non è progettato per identificare singoli individui e che non ci sono piani per utilizzare questi dati a fini pubblicitari.

Google reinventa la cultura: podcast AI per riscoprire i tesori dell’umanità

Nel panorama tecnologico odierno, dove l’intelligenza artificiale sembra essere la panacea per ogni problema, Google ha deciso di applicarla anche al mondo dell’arte e della cultura. Recentemente, Google Arts & Culture ha introdotto una funzione sperimentale che utilizza Gemini, il suo modello AI, per creare “episodi audio approfonditi” su artefatti culturali selezionati. In altre parole, ora possiamo ascoltare podcast generati dall’AI che ci raccontano storie su orsi bruni e ceramiche cinesi antiche.​

Secondo il blog ufficiale di Google, questa funzione permette di apprendere, ad esempio, che l’orso bruno, tecnicamente un carnivoro, ottiene circa il 90% della sua dieta dalle piante. Oppure, possiamo seguire il viaggio della ceramica cinese antica attraverso l’Eurasia tramite l’audio. Un modo innovativo per trasformare il tempo trascorso nel traffico o sul divano in un’esplorazione culturale. ​blog.google

Tim Cook e il panico da iPhone: se la guerra dei dazi fa volare le vendite (per ora), np Trump farà Iphone in US

Quando Donald Trump minaccia dazi del 54% sui prodotti cinesi, a Wall Street il panico si trasforma in prassi. Ma mentre gli investitori abbandonano Apple come se avesse appena annunciato il ritorno del Newton MessagePad, i consumatori americani stanno correndo nei negozi come se fosse il Black Friday fuori stagione. Il motivo? La paura che l’iPhone diventi un oggetto di lusso stile Rolex.

Apple, che da sempre danza sull’orlo di una catastrofe geopolitica pur mantenendo i profitti a doppia cifra, si è trovata di colpo al centro di una corsa all’oro hi-tech: gente che affolla gli Apple Store chiedendo con ansia se “i prezzi aumenteranno domani”. I dipendenti, lasciati senza linee guida ufficiali dall’azienda, sono diventati improvvisamente i nuovi oracoli di Cupertino, costretti a improvvisare risposte mentre l’adrenalina scorre come un aggiornamento iOS mal riuscito.

Meta gioca sporco con LLaMA 4: la bugia “ottimizzata” che truccava i benchmark

Benvenuti nel teatrino dell’intelligenza artificiale, dove le apparenze contano più della sostanza e i benchmark sono diventati il nuovo campo di battaglia della reputazione. Meta, ex-Facebook e attuale fabbrica di illusioni alimentate da GPU, ha appena servito un esempio da manuale di come si possa manipolare la percezione senza infrangere esplicitamente le regole. E lo ha fatto con Llama 4 Maverick, il suo modello open-weight che, a detta loro, “batte GPT-4o e Gemini 2.0 Flash su una vasta gamma di benchmark”.

Ovviamente, è andata diversamente.

Nel weekend, Meta ha rilasciato due nuovi modelli della serie Llama 4: Scout, il fratellino minore, e Maverick, il modello mid-size che avrebbe dovuto mettere in crisi i soliti noti (OpenAI, Anthropic, Google). Subito Maverick si è piazzato secondo nella classifica di LMArena, il sito che vive e muore in base a quanto bene gli LLM riescano a convincere gli umani nel confronto diretto. Un punteggio ELO di 1417 superiore a GPT-4o ha fatto brillare gli occhi di chi sognava un’alternativa open seria al duopolio Microsoft-Google.

Gemini live: video e screensharing arrivano su Pixel 9 e Galaxy S25

C’è qualcosa di vagamente distopico ma irresistibilmente seducente nell’idea che un’intelligenza artificiale possa guardare quello che stiamo guardando e dirci in tempo reale cosa stiamo vedendo, consigliarci cosa comprare o addirittura dirci se quel pesce nell’acquario è un tetra o un guppy. Non è fantascienza, è il nuovo giocattolo di Google: Gemini Live. E adesso è ufficialmente in rollout, a partire da due flagship che sembrano nati per ospitare un futuro da Black Mirror: il Pixel 9 e il Galaxy S25.

L’annuncio arriva tra le righe, senza fanfare da keynote, ma con la fredda efficienza di un update che cambia le carte in tavola. Gemini Live, l’interfaccia “live” dell’ecosistema Gemini, ora consente non solo di attivare la videocamera e farsi assistere visivamente dall’AI, ma anche di condividere lo schermo del proprio smartphone. E il tutto con una naturalezza che nasconde un’enorme complessità infrastrutturale sotto il cofano. Basta un tap per passare da “scatto la foto al pesce” a “consigliami un nuovo outfit su Zalando”, con la stessa voce pacata e infallibile che ti aiuta a scrivere un’email o sintetizza una riunione su Meet.

Google prova a sedurti con NotebookLM anche su mobile, ma è solo l’ennesimo esperimento che non sa dove andare

Google ha pubblicato un aggiornamento che sa di teaser e poco più: NotebookLM, il tool di intelligenza artificiale per prendere appunti, digestare documenti e persino sputarti fuori dei podcast generati da IA, si sta preparando a sbarcare sui dispositivi mobili. Finora confinato all’esperienza browser su desktop probabilmente in una di quelle interfacce stilisticamente discutibili a metà tra Google Docs e un clone zoppo di Notion — il servizio ora cerca una nuova vita in formato app. Era ora, direbbe chiunque abbia provato a usare NotebookLM da un telefono con la stessa fluidità con cui si cerca di scrivere un saggio su un post-it.

Chatbot arena: la guerra fredda dei cervelli sintetici

Mentre il pubblico si perde in chiacchiere con il proprio chatbot preferito, sul campo di battaglia digitale chiamato Chatbot Arena si consuma un vero e proprio scontro tra titani dell’intelligenza artificiale conversazionale. Una classifica, aggiornata costantemente e alimentata dalla preferenza degli utenti, sta mettendo in scena l’equivalente di una guerra fredda 2.0, in cui le armi non sono bombe atomiche ma modelli linguistici sempre più raffinati. Reddit, ovviamente, osserva e commenta ogni mossa, ogni miglioramento, ogni crollo in classifica come se si trattasse della Champions League del futuro.

Siri e l’incidente imbarazzante che ha portato un giornalista nel cuore di un attacco militare segreto

The Guardian. Quando un assistente vocale si trasforma in un infiltrato involontario in una chat riservata su un attacco militare, si capisce che siamo ufficialmente entrati nell’era del digital far west. La notizia, rivelata da The Guardian, ha del grottesco ma anche del profetico: Jeffrey Goldberg, direttore dell’Atlantic, è stato aggiunto per errore in un gruppo Signal dove si discuteva, con una certa urgenza, di un’operazione militare imminente in Yemen. Un incidente che non ha nulla a che vedere con hacker, spionaggio internazionale o whistleblower: la colpa è (pare) di Siri.

Views sono una truffa ben confezionata: il grande inganno dell’era digitale

Il “view” è la criptovaluta dell’attenzione. È la metrica più esibita, idolatrata, manipolata e abusata dell’intero universo digitale. La vedi ovunque: sotto ogni video, post, reel, story, shorts, tweet, thread o qualsiasi altro feticcio del contenuto contemporaneo. Il messaggio subliminale è chiaro: più views hai, più vali. Più vali, più sei. Eppure, sotto la superficie di questo numero apparentemente oggettivo si nasconde una truffa degna di Wall Street nei tempi d’oro del subprime.

Non è un’opinione: è un fatto. I views sono bugie con l’abito della verità. Sono il risultato di metriche arbitrarie, gonfiate e ridisegnate da piattaforme che hanno tutto l’interesse a venderti un’illusione di successo. Facebook, per esempio, è stata beccata a gonfiare intenzionalmente i numeri per convincere i creator a investire nei video nativi, salvo poi finire coinvolta in cause legali per frode. Ma è solo la punta dell’iceberg.

L’ AI ruba, noi paghiamo: la stampa scende in guerra contro l’intelligenza artificiale Stop AI THEFT

Some of the ads included in the Support Responsible AI campaign.

Nell’era in cui l’intelligenza artificiale non dorme mai e si nutre di tutto ciò che tocca, anche i padroni dell’informazione — quelli veri, non gli influencer da due soldi — hanno deciso di smettere di porgere l’altra guancia. Centinaia di editori, tra cui mostri sacri come The New York Times, The Washington Post, The Guardian, e la sempre acida Vox Media (The Verge incluso), hanno lanciato questa settimana una campagna di fuoco: Support Responsible AI. Il tono? Più da guerra fredda che da iniziativa civile.

Guerra dei dazi: la mossa di Trump colpisce Apple, ma Luxshare si difende

Nel grande teatro della geopolitica industriale, Trump torna a calcare il palcoscenico con la delicatezza di un elefante in un negozio di porcellane. Il suo ultimo atto? Un’imposizione di dazi del 34% sulla Cina, con appendici velenose del 46% sul Vietnam e del 26% sull’India. Una mossa che fa tremare le vene ai polsi del mondo tech, ma a Shenzhen, qualcuno sembra aver letto il copione in anticipo. Luxshare Precision Industry, pezzo da novanta della catena di montaggio di Apple, ha già incassato il colpo – almeno sulla carta – e risponde con sangue freddo e manuale di risk management sotto braccio.

Il messaggio, veicolato attraverso le pagine della Shanghai Securities News, è chiaro: “Ci siamo preparati”. Tradotto: diversificazione del portafoglio clienti, decentralizzazione delle operazioni produttive e investimenti muscolari nell’innovazione autonoma delle tecnologie core. In sostanza, Luxshare ha smesso da tempo di mettere tutte le uova nel cesto della Mela.

VIEWS Il Grande Tradimento Digitale

Siamo entrati nell’era del “Grande Tradimento Digitale”, e questa volta non è una metafora. È un urlo collettivo che risuona da ogni angolo della rete: “Google ci ha traditi”. È il pianto amaro di editori indipendenti, gestori di blog, piccole testate giornalistiche e siti verticali di nicchia. Tutti accomunati da un destino cinico: essere stati prima nutriti, poi bruciati vivi, da un algoritmo che cambia umore più spesso di un trader sotto metanfetamina.

Google, il buon vecchio motore di ricerca, è diventato qualcosa di diverso. Ora si comporta più come un oracolo ermetico alimentato da AI, dispensando risposte pronte in stile chatbot e riducendo a macerie il traffico organico che una volta distribuiva come un re magnanimo. La partita non è più tra chi scrive meglio, chi indicizza meglio, chi ha più backlink. No. Ora il gioco è truccato. Il nuovo sfidante si chiama SGE, Search Generative Experience, ed è l’intelligenza artificiale conversazionale di Google che risponde direttamente agli utenti. Sintetizza, interpreta e cancella la necessità stessa di cliccare su un link.

Oracle e il rischio Texano: la corsa disperata per non perdere OpenAI, 64.000 GB200 GPUs Abilene Stargate Datacenter

La notizia arriva con il sapore di un ultimatum mascherato da “urgency”: Oracle si trova nel bel mezzo di un’operazione ad alta tensione finanziaria e strategica, costretta a correre contro il tempo per completare un mega data center ad Abilene, in Texas, 1,2 gigawatt – 2 entro la metà del 2026 . L’obiettivo è uno solo: non far saltare il contratto milionario con OpenAI. Ma quando una big tech, storicamente vista come pachidermica nei suoi tempi d’esecuzione, si trova sotto pressione operativa, le crepe iniziano a vedersi prima nei bilanci che nel cemento armato.

L’immagine è cinematografica, quasi distopica: nel cuore del Texas, ad Abilene, un colosso di acciaio e cemento delle dimensioni di 17 campi da football giace vuoto, incompleto, come un’astronave abbandonata nel deserto. Questo è il data center che Oracle sta disperatamente cercando di completare per soddisfare le esigenze fameliche di OpenAI. Ma per ora, più che essere un simbolo di potenza computazionale è un cantiere aperto, 2 edifici completati e 6 ancora pianificati. JP Morgan Chase ha fornito un mutuo di 2,3 miliardi di dollari su una stima di costo Oracle e Crusoe di 10.

Elon Musk sogna un’America senza dazi: “Zero-tariff” tra Europa e Nord America o il suicidio economico

La scena è degna di una tragicommedia geopolitica. Mentre gli Stati Uniti, guidati dalla crociata protezionista dell’amministrazione Biden – erede spirituale delle politiche tariffarie massimaliste di Trump – impongono barriere commerciali a destra e a manca, Elon Musk si presenta come il profeta solitario del libero scambio. Lo fa non in un consiglio economico o durante un vertice multilaterale, ma nel modo più Musk possibile: durante un incontro con il vicepremier italiano Matteo Salvini e poi, ovviamente, postando su X alle prime luci dell’alba. Perché la diplomazia è morta, lunga vita ai social.

Secondo Bloomberg, Musk ha proposto una “zona di libero scambio effettiva” tra Europa e Nord America. Niente dazi, niente barriere, solo flussi commerciali lisci come una Model S su strada libera. Un’utopia liberista pronunciata proprio mentre la Casa Bianca si barrica dietro dogane blindate, pronta a scatenare guerre commerciali nel nome di una sovranità economica sempre più farsesca.

Elon musk e la nuova API della discordia: DOGE, IRS e il sogno (impossibile) del cloud fiscale

Se pensavi che la commedia tra Silicon Valley e Washington avesse già raggiunto il suo apice, preparati a un nuovo atto. Questa volta il palco è l’Internal Revenue Service, l’orchestra è un improvvisato dream team di tech bros sotto il cappello pomposamente distopico del Department of Government Efficiency – acronimo volutamente canino: DOGE – e il regista, ça va sans dire, è Elon Musk, o meglio il suo ennesimo braccio operativo non ufficiale.

Secondo quanto riportato da Wired, DOGE starebbe organizzando un hackathon a Washington la prossima settimana, con l’obiettivo di costruire una “mega API” capace di accedere ai dati del fisco americano e migrarli in cloud. Quale cloud? Mistero. Si parla, inquietantemente, anche di provider terzi come Palantir, nome che evoca scenari più da “Minority Report” che da modernizzazione digitale. In teoria, questo mega-API dovrebbe diventare il “read center” per i sistemi dell’IRS: in pratica, un accesso centralizzato e trasversale ai dati fiscali dell’intera popolazione statunitense.

OpenAI e Jony Ive: una collaborazione che ridefinisce il futuro dei dispositivi AI

Negli ultimi mesi, il panorama tecnologico è stato scosso da una notizia che ha il sapore di una rivoluzione annunciata: Jony Ive, l’ex guru del design di Apple, ha ufficialmente confermato la sua collaborazione con Sam Altman, CEO di OpenAI, per lo sviluppo di un nuovo dispositivo hardware basato sull’intelligenza artificiale. Questa partnership, che unisce il genio del design dietro l’iPhone con la mente dietro ChatGPT, promette di ridefinire il concetto stesso di interazione uomo-macchina. ​

La genesi di questa collaborazione risale a una serie di incontri tra Ive e Altman, facilitati da Brian Chesky, CEO di Airbnb. Durante queste conversazioni, è emersa l’idea di creare un dispositivo che sfrutti le potenzialità dell’intelligenza artificiale generativa per offrire funzionalità ben oltre quelle dei tradizionali smartphone. Immaginate un assistente capace non solo di rispondere alle vostre domande, ma di anticipare le vostre esigenze, organizzare i vostri viaggi o persino identificare quella pianta esotica che avete fotografato durante una passeggiata. ​

prim’ordine, tra cui Tang Tan ed Evans Hankey, entrambi ex collaboratori chiave nel design dell’iPhone. Il team opera da un imponente spazio di 32.000 piedi quadrati a San Francisco, parte di un investimento immobiliare di circa 90 milioni di dollari effettuato da Ive stesso.

NAB Show 2025 Verizon si reinventa regista: 5G portatile e IA per dominare il caos degli eventi live

Verizon ha recentemente presentato al NAB Show 2025 una soluzione innovativa che promette di rivoluzionare la produzione di eventi dal vivo: un framework portatile per reti private 5G, potenziato dall’intelligenza artificiale. Questa tecnologia mira a risolvere le sfide legate alla gestione di numerosi flussi video in tempo reale, consentendo ai registi di concentrarsi sui momenti più significativi.

La struttura mobile, dotata di controllo ambientale, è basata su tecnologie avanzate di NVIDIA, tra cui NVIDIA AI Enterprise e NVIDIA Holoscan for Media. Queste soluzioni permettono una prioritizzazione intelligente dei video, gestendo efficacemente i vari feed delle telecamere e mettendo in risalto i momenti chiave. L’obiettivo è offrire una produzione dal vivo più dinamica e coinvolgente, riducendo al contempo i problemi tradizionalmente associati alla trasmissione di eventi in diretta.

Deutsche Bank: Oracle riscrive le regole del cloud

In un’epoca dove l’egemonia del cloud sembra destinata a rimanere saldamente in mano ad Amazon, Google e Microsoft, qualcuno ha dimenticato di dire a Oracle che non è il benvenuto nel club. E Oracle, da buona veterana del tech con ambizioni ancora da startup, ha deciso di ignorare l’invito, rifondare sé stessa e insinuarsi là dove gli altri si sentivano troppo comodi.

Negli ultimi anni, Oracle si è trasformata da colosso legacy del database a una delle realtà cloud più aggressive fuori dal trio delle meraviglie. Ma il vero colpo di scena è che questa metamorfosi non è stata solo marketing, slide PowerPoint e fumo per gli investitori. Secondo Deutsche Bank, Oracle sta costruendo un’infrastruttura cloud con caratteristiche uniche, in particolare nell’ambito dell’intelligenza artificiale, dove l’efficienza non è solo una voce nel bilancio ma una leva competitiva reale.

Microsoft entra nel dark mirror del gaming: gameplay generati da Muse AI e il ritorno distorto di Quake II

Microsoft ha appena spalancato una porta sul futuro del gaming, e dentro non c’è l’Eden, ma piuttosto una distopia tecnologica che sa tanto di laboratorio segreto di Redmond. La nuova creatura si chiama Muse AI, e non è un semplice giocattolo nerd: è una macchina pensante in grado di generare gameplay. Sì, hai capito bene. Non livelli progettati da umani o nemmeno scene suggerite da prompt: gameplay generati interamente da un modello neurale.

Il primo assaggio di questa mutazione arriva in forma di reliquia cyberpunk: un Quake II ricostruito in browser, visibilmente sfigurato, come se fosse passato attraverso un sogno febbrile dell’AI. È la tech demo che Microsoft ha messo online come parte dell’iniziativa Copilot for Gaming, ed è più un teaser allucinato che un’esperienza concreta. Pixel sfocati, frame rate migliorato rispetto all’originale demo a 10fps (ora siamo a 640×360, non esattamente 4K), e sessioni di gioco a tempo determinato. Più Black Mirror che Xbox Live.

Silicon Valley Geopolitics and New Balances of Power (ENGLISH PODCAST)

Il potere liquido del digitale: la nuova autarchia tecnologica tra Silicon Valley, Cina e crisi delle democrazie.

L’epoca che stiamo attraversando non ha eguali nella storia. Non è tanto una questione di tecnologia in sé, quanto della sua velocità, della sua capillarità, e soprattutto della sua imprevedibile capacità di ridefinire strutture di potere, categorie politiche e fondamenta sociali. Se fino a ieri le guerre si combattevano con carri armati, oggi si conducono con algoritmi, piattaforme, intelligenza artificiale e manipolazione cognitiva di massa. E chi le combatte, sempre più spesso, non indossa una divisa. È un ingegnere di Stanford, un imprenditore visionario in t-shirt nera, un fondo sovrano saudita o un partito comunista che ha capito come si programma un sistema operativo.

La tecnologia digitale non è più una componente del sistema: è il sistema. E in questa mutazione genetica della realtà sociale, economica e politica globale, si intravede un disegno emergente – non sempre intenzionale, ma comunque dirompente – che sta ridefinendo gli assi della geopolitica. Gli attori centrali di questa trasformazione non sono più gli Stati, ma gli attori extra-statuali, potentati digitali, corporate apolidi che accumulano capitale, dati e influenza in una misura senza precedenti. È la “balcanizzazione del potere”, ma con server sparsi nei deserti del Nevada e nei data center sottomarini di Google, non più tra le montagne dei Balcani.

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