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La grande fuga dei chip: come la Cina addestra oltre confine l’AI per dribblare i divieti USA

Non è una spy story, è geopolitica digitale: Pechino delocalizza i cervelli… delle macchine. E l’AI diventa una questione di frontiere, GPU e strategia globale. E se pensavate che la nuova Guerra Fredda si giocasse solo su missili, gasdotti e alleanze militari, è il momento di aggiornare il manuale. Oggi il vero campo di battaglia è un data center e le armi non hanno canna ma dissipatori di calore. Gli Stati Uniti stringono il cerchio sull’export di chip avanzati per l’Intelligenza Artificiale e la Cina risponde come ogni grande potenza tecnologica sa fare: cambiando mappa e spostando le sue macchine dove nessuno (almeno per il momento) può bloccarle.

L’Intelligenza Artificiale che ricompone la storia: a Pompei i robot rimettono insieme il passato

Quando pensiamo all’Intelligenza Artificiale, difficilmente immaginiamo un robot chino su un mucchio di reperti di epoca romana, intento a ricomporre affreschi vecchi di duemila anni come un gigantesco puzzle senza immagine guida. Eppure è esattamente quello che sta accadendo a Pompei, dove l’AI ha deciso di sporcarsi le mani di storia.

Reti intelligenti, Paese più forte: come l’AI può riscrivere  il futuro delle infrastrutture in Italia

Immaginate un’Italia dove strade, ponti, piloni e cavalcavia “avvisano” quando iniziano ad esserci dei problemi strutturali, reti idriche che  “confessano” le perdite e centrali elettriche che “ragionano” su come ottimizzare la distribuzione di energia. Non è una sceneggiatura di fantascienza, ma il ritratto dell’Italia possibile che emerge dal nuovo rapporto “Smart Infrastructure”, presentato al TIM Innovation Lab di Roma. Il messaggio è chiaro: Intelligenza Artificiale, IoT, 5G e cybersicurezza non sono più optional tecnologici o argomenti di discussione nei convegni, ma strumenti di manutenzione ordinaria del Paese.

Sovranità tecnologica: l’indipendenza che nessuno può più permettersi di rimandare

La chiamano “sovranità tecnologica”, ma suona sempre di più come una questione di sopravvivenza industriale. Non è un vezzo da geopolitici né una moda da convegno, ma una sfida concreta che riguarda server, energia, dati, competenze e, soprattutto, potere economico. Agli Stati Generali della Sostenibilità Digitale 2025 i manager italiani scoprono che l’innovazione non è neutrale (e l’AI nemmeno).

È stato questo uno dei temi centrali emersi durante la quarta edizione degli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, promossi dalla Fondazione per la Sostenibilità Digitale, che a Varignana, alle porte di Bologna, ha riunito oltre cento C-level delle principali aziende pubbliche e private italiane.

Coalizione Trump e la frattura nascosta che anticipa il 2028

La coalizione che ha riportato Donald Trump alla Casa Bianca per il suo secondo mandato appare oggi come un organismo complesso, pulsante e sorprendentemente fragile, un gigante politico che continua a camminare con passo deciso pur avendo le caviglie legate con spago e orgoglio identitario. L’illusione di un blocco monolitico in stile anni ottanta ha retto per mesi, forse per inerzia, forse per quella singolare alchimia che Trump riesce ancora a creare tra fedeltà emotiva e narrazione economica personalizzata. Ma i numeri più recenti mostrano una crepa. Prima sottile, poi più visibile. E ora talmente rumorosa da essere diventata un messaggio politico per chiunque voglia raccogliere il testimone della destra trumpiana nel 2028. La keyword che attraversa tutto è coalizione Trump, con repubblicani non MAGA e identità conservatrice come satelliti semantici che orbitano attorno a una domanda fin troppo semplice. Quanto può durare un movimento costruito più sulla magnetica personalità di un leader che sulla coerenza interna dei suoi sostenitori.

Lo scontro su chi regola l’intelligenza artificiale: Stati vs Washington

Per la prima volta, Washington si sta avvicinando a una decisione reale su come regolamentare l’intelligenza artificiale — e la battaglia che si profila all’orizzonte non verte tanto sulla tecnologia quanto su chi ha il potere di regolamentarla. In mancanza di un standard federale significativo mirato alla sicurezza dei consumatori, molti Stati hanno colmato il vuoto legislativo introducendo decine di proposte per tutelare i cittadini dai rischi legati all’IA. Esempi emblematici includono la California, con la legge SB-53 sulla trasparenza e i rischi catastrofici, e il Texas, che ha passato il Responsible AI Governance Act per proibire l’uso intenzionale dannoso dei sistemi di IA.

Necrologio sostenibile: perché l’Agenda 2030 è già un cimelio da museo

La sostenibilità è morta”. Non è il titolo di un film apocalittico né il teaser di una nuova serie distopica. È l’incipit, volutamente provocatorio, con cui Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, ha aperto la quarta edizione degli Stati Generali della Sostenibilità Digitale, in scena anche quest’anno a Varignana.

Una frase che suona come una campana funebre, ma che in realtà è un invito al risveglio. Perché, come chiarisce subito Epifani, la sostenibilità non è morta davvero. È comatosa. E senza una trasformazione radicale, dal punto di vista tecnologico, culturale e politico, non si sveglierà.

Tracciamento online e privacy online

AI Chatbots e Privacy: la battaglia silenziosa che deciderà il futuro dei dati

La privacy chatbot è diventata il nuovo terreno di scontro tra giganti dell’intelligenza artificiale che fingono di essere i tuoi assistenti digitali mentre si comportano come collezionisti compulsivi di informazioni. La scena ormai è chiara. Gli utenti considerano naturale delegare decisioni, ricerche, persino dubbi personali a un modello conversazionale che sembra un consulente fidato. Poi scoprono che ogni parola digitata potrebbe alimentare un motore di raccolta dati più efficiente di qualsiasi social network del passato. La retorica del servizio gratuito è tornata nella sua forma più elegante, perché quando l’AI è così utile diventa quasi imbarazzante chiedersi dove finiscano realmente i dati.

La nuova anatomia invisibile del device fingerprinting

Il paradosso della privacy digitale si manifesta sempre nei dettagli apparentemente insignificanti. Lo schermo che tocchiamo distratti, il giroscopio che registra l’inclinazione della mano, la versione del sistema operativo che non aggiorniamo da mesi. Tutto questo basta già a raccontare una storia molto più intima di quanto molti immaginino. La nuova ondata di ricerche sul device fingerprinting illumina un’area rimasta troppo a lungo nell’ombra, svelando come ogni smartphone diventi un faro costante, riconoscibile anche quando crediamo di essere invisibili. Chi si illude che attivare la modalità privata o disattivare i cookie basti a salvare la situazione scoprirà che il gioco si è fatto ben più sofisticato.

Google possiede l’intero Stack e questo è il punto

Google ha il vantaggio competitivo che molti sognerebbero: non vende solo chip, ma “chip + cloud + software + app”. Le sue TPU, invece di essere usate solo internamente, ora vengono offerte (e presto vendute) a clienti come Meta e Anthropic un salto strategico enorme. Secondo vari report, Meta starebbe negoziando con Google già per partire a noleggiare TPU via Google Cloud già l’anno prossimo, con piani per acquistare chip fisici nei propri data center a partire dal 2027.

Anthropic non è da meno: ha un accordo da decine di miliardi per accedere fino a un milione di TPU, portando il suo potenziale computazionale a oltre 1 gigawatt entro il 2026.

Chips challenges: la strategia mancata della Casa Bianca sull’export di chip AI in Cina

La corsa globale all’intelligenza artificiale non si combatte solo a colpi di algoritmi e modelli linguistici, ma anche con il silenzioso e potente traffico di chip. Gli Stati Uniti, formalmente campioni della supremazia tecnologica, hanno appena mostrato un sorprendente talento nell’autogol politico: la Casa Bianca ha rifiutato una proposta di controlli sulle vendite di chip IA alla Cina, lasciando vuoto il campo regolatorio dopo che l’amministrazione Trump ha eliminato, a maggio, una regola ereditata dai giorni di Biden.

Goldman Sachs: OpenAI non è più solo Software: la nascita di un impero dell’AI attraverso alleanze strategiche e investimenti da trilioni

Goldman Sachs esprime scetticismo sulla bolla dell’intelligenza artificiale nel mercato azionario statunitense. Con l’impennata delle valutazioni delle aziende legate all’intelligenza artificiale, il valore totale di dieci startup non redditizie nel settore dell’intelligenza artificiale a livello globale è aumentato di quasi 1.000 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi, attraendo oltre 200 miliardi di dollari di capitale di rischio. Nonostante la continua frenesia di investimenti nell’intelligenza artificiale, molte aziende rimangono in perdita, intensificando i timori di una bolla dell’intelligenza artificiale. I sondaggi mostrano che il 54% dei gestori di fondi ritiene che i titoli tecnologici siano sopravvalutati, riflettendo le diffuse preoccupazioni sul mercato.

Donald Trump annuncia il blocco permanente dell’immigrazione da paesi del terzo mondo

Donald Trump ha scosso ancora una volta il dibattito sull’immigrazione, dichiarando giovedì di voler “mettere in pausa permanentemente” l’immigrazione dagli “Third World Countries” per permettere al sistema statunitense di “guarire”. Il suo messaggio, condiviso sulla piattaforma Truth Social, è vagamente formulato ma carico di implicazioni politiche e legali di enorme portata.

Non ha nominato esplicitamente tutti i paesi coinvolti, ma ha parlato di terminare “i milioni” di ammissioni irregolari approvate sotto l’amministrazione Biden — comprese secondo lui quelle firmate con l’autopen — e di rimuovere chiunque non sia “un asset netto per gli Stati Uniti” o chi, secondo lui, “non sappia amare il nostro Paese”.

China’s emerging regulation towards an open future for AI

Regolamentazione AI cina e la nuova traiettoria geopolitica dell’innovazione

A volte basta un semplice paper pubblicato su una rivista americana per smascherare un equivoco globale. Il lavoro firmato dai ricercatori di DeepSeek e Alibaba sulla regolamentazione AI in Cina ha fatto proprio questo, mostrando come un sistema spesso raccontato in Occidente come monolitico e opaco stia invece costruendo un modello di governance che punta a qualcosa di molto più raffinato. La keyword regolamentazione AI Cina entra qui al centro della scena, accompagnata da governance AI cinese e legge nazionale AI Cina che corrono come correnti sotterranee lungo tutto il discorso. La storia è più complessa di quanto sembri e soprattutto più sorprendente per chi, da lontano, continua a immaginare Pechino come un gigante normativo lento e rigido. Forse è arrivato il momento di rileggere la trama con maggiore lucidità.

L’architettura modulare GENAI secondo McKinsey

Enterprises deploying gen AI at scale follow a common reference architecture.

La verità che nessuno nel boardroom ama sentirsi dire è che la maggior parte dei programmi GenAI aziendali non fallisce per colpa del modello. Il colpevole è quasi sempre la piattaforma, un gigante di silicio che dovrebbe sostenere la trasformazione e invece la rallenta con una complessità che ricorda le infrastrutture legacy degli anni in cui ci si preoccupava ancora dei floppy disk. La ricerca di McKinsey & Company, che ha passato al setaccio oltre centocinquanta deployment enterprise, ha messo in luce un filo conduttore che suona tanto ovvio quanto imbarazzante per molti CIO. Le soluzioni puntuali non scalano. La fantasia del progetto isolato che diventa un caso di successo da presentare al prossimo consiglio di amministrazione evapora quando la realtà del day two arriva a bussare alla porta, chiedendo controlli, governance, compliance e performance. L’unica vera via di fuga, secondo l’analisi, risiede in un’architettura aperta, modulare, riusabile e immune alle logiche di vendor lock in, un tema che pochi ammettono ma quasi tutti temono.

La terza minaccia esistenziale dell’intelligenza artificiale che stiamo ignorando

La scena è ormai nota. Geoffrey Hinton, padre nobile del deep learning e voce sempre più inquieta dentro la comunità scientifica, avverte che l’intelligenza artificiale può minacciarci in due modi distinti. Da un lato l’uso improprio da parte delle persone, con il solito campionario di scenari che fanno vendere bene titoli e pubblicità: cyberattacchi, manipolazione elettorale, virus digitali e biologici, camere dell’eco che amplificano il rumore fino a far sparire la realtà. Dall’altro la possibilità che queste macchine ci superino all’improvviso, scoprano che non siamo più utili, e considerino l’eliminazione della nostra specie come un’operazione di routine.

Hinton, Nobel laureate e già capo scienziato AI in Google, non è tipo da fantascienza da salotto. Quando avverte, conviene ascoltare. Il punto è che mentre discutiamo animatamente di questi due rischi, ce n’è un terzo che sta erodendo l’umanità nell’indifferenza generale. Una minaccia più silenziosa delle armi autonome e più sottilmente devastante delle campagne di disinformazione orchestrate da reti neurali giganti.

Dell technologies e la nuova aritmetica del potere AI: quando i server diventano una macchina da soldi

Nel mondo reale, quello in cui la fisica del silicio incontra l’euforia dei mercati, c’è un dettaglio che in molti fingono di non vedere. Dell Technologies sta ridisegnando gli equilibri dell’intelligenza artificiale enterprise grazie a un’accelerazione nei server AI che ha la grazia di un bulldozer e la precisione di un ingegnere di Austin. La narrativa ufficiale parla di crescita, ma sotto traccia si percepisce un movimento più profondo, quasi sismico, che spinge gli operatori finanziari a riscrivere modelli e aspettative. La keyword è server AI, le correlate sono memory supercycle e margini AI, un triangolo narrativo perfetto per la nuova era dell’hardware strategico.

Ransomware e AI al forum ICT Security 2025

A volte basta osservare la sala di un convegno per capire dove sta andando l’innovazione, perché quando Massimiliano Graziani e Claudio Tosi (CYBERA SRL) salgono sul palco del Forum ICT Security 2025 non stanno solo raccontando un caso aziendale, stanno consegnando un manifesto involontario del nuovo equilibrio tra ransomware e AI, un equilibrio che ha il sapore di una sfida aperta tra macchine sempre più autonome e aziende che tentano disperatamente di rimanere un passo avanti. Il risultato è un panorama in cui la parola cybersecurity avanzata non è più un tema da specialisti, ma un’ossessione collettiva che si insinua nei corridoi delle imprese, dalle startup ai colossi industriali, e che al Forum prende forma con una chiarezza quasi disarmante.

Quantum e intelligenza artificiale stanno per far crollare la sicurezza digitale e nessuno è pronto

In un settore abituato a vendere la paura come servizio, raramente si vede un gigante come Palo Alto Networks parlare con il tono asciutto di chi ha smesso di suonare il campanello d’allarme e ha iniziato a bussare con il pugno. L’incrocio tra minacce quantistiche e superfici d’attacco guidate dall’intelligenza artificiale non è più una speculazione futurista, ma un punto di rottura che si avvicina con la velocità silenziosa tipica delle rivoluzioni tecnologiche. La keyword che domina questo scenario è sicurezza quantistica, accompagnata dalle sue sorelle semantiche browser AI e infrastrutture quantum safe. L’atmosfera è quella di un’era che si sgretola sotto il peso di algoritmi che nessuno aveva previsto così rapidi, tanto che perfino i più navigati CISO iniziano a chiedersi se i loro firewall non siano già dei pezzi da museo esposti inconsapevolmente in produzione.

Quando l’intelligenza artificiale diventa l’arma preferita nello spionaggio globale

Un lampo improvviso nella zona più oscura dell’innovazione ha scatenato una reazione a catena che molti, nel cuore di Washington, fingevano di non aspettarsi. In realtà sapevano benissimo che l’automazione spinta avrebbe trasformato il cyber spionaggio in un gioco di velocità e di autonomia, ma pochi immaginavano che il primo grande caso avrebbe coinvolto un modello commerciale progettato per aiutare gli sviluppatori. La chiamata del Congresso agli executive delle principali aziende di AI, con Dario Amodei in prima fila, ha il sapore amaro delle missioni impossibili che diventano improvvisamente routine. La keyword che si staglia in tutto questo è cyber spionaggio AI, mentre sullo sfondo emergono due concetti che non possiamo ignorare: agenti autonomi e sicurezza informatica. Tre termini che descrivono alla perfezione il nuovo fronte di guerra digitale.

Alibaba entra nel mercato wearable con i suoi Quark AI glasses

Alibaba ha appena alzato il sipario su quello che potrebbe essere il suo prossimo grande passo nel regno dei dispositivi intelligenti: gli Quark AI Glasses. L’azienda, storicamente dominante nell’e-commerce e nei servizi cloud, mira ora a conquistare lo spazio degli smart wearables con un prodotto che unisce intelligenza artificiale, autonomia e integrazione profonda con il suo ecosistema di servizi.

Il modello di punta, chiamato S1, parte da 3.799 yuan (circa 537 USD) ed è dotato di un sistema a doppio chip: un processore Qualcomm Snapdragon AR1 per i compiti AR/AI e un coprocessore a basso consumo. Secondo Alibaba, gli occhiali non sono semplici gadget: “un vero salto di paradigma nell’interazione uomo-computer”, ha dichiarato Wu Jia, vice-presidente del gruppo. Non è un’esagerazione retorica: con funzioni come traduzione in tempo reale, pagamenti via Alipay, navigazione e riconoscimento degli oggetti, gli occhiali vogliono diventare un assistente “sempre presente”.

Json contro Toon nel nuovo ecosistema LLM

La scena tech si è scaldata negli ultimi giorni, con una piccola folla digitale pronta a sventolare cartelli in cui spiccano termini impegnativi come game changing, pazzesco, incredibile, tutto rigorosamente accompagnato da hashtag strategici. Il colpevole di tanta euforia è il formato TOON Token-Oriented Object Notation, presentato come la nuova frontiera della compressione per i dati destinati agli LLM. Chi frequenta questo settore da tempo riconosce a colpo d’occhio la dinamica. Si presenta un’idea brillante, si grida al miracolo e si aspetta che la magia avvenga per osmosi. A volte la magia arriva. Altre volte si scopre che era solo un esercizio di stile travestito da rivoluzione. Vale la pena mantenere un minimo di compostezza, soprattutto quando qualcuno invita la comunità a credere che un nuovo formato testi la fisica dei token. La prudenza, in questi casi, è più un antidoto che una virtù.

META sotto accusa: rivelazioni scioccanti dalle carte giudiziarie su come protegge (o no) i più giovani

Negli ultimi giorni una valanga di documenti giudiziari appena resi pubblici ha colpito Meta con accuse tanto pesanti quanto imbarazzanti per un gigante della tecnologia. I querelanti, in una causa multidistrettuale, sostengono che l’azienda abbia a lungo ignorato segnali interni di pericolo, sacrificando la sicurezza dei minori sull’altare della crescita. Dietro l’immagine patinata di Instagram come spazio creativo si nasconderebbe, secondo le denunce, un ecosistema pericoloso regolato da scelte sistematiche che privilegiano l’engagement rispetto alla protezione.

No White Strawberries. I sistemi artificiali e la comprensione (Mario De Caro)

Chi ha visto 2001: Odissea nello spazio ricorda l’occhio rosso e inquietante di HAL 9000, il computer che sa tutto, comprende tutto e, soprattutto, decide che l’essere umano è l’anello debole della missione. La scena in cui HAL implora di non essere disattivato è diventata una pietra miliare della cultura tecnologica: un computer che non solo parla e ragiona, ma lotta per la propria “vita”. Da allora la domanda è rimasta sospesa come una lama: è possibile che una macchina comprenda davvero? Non solo risponda o generi parole sensate, ma capisca nel senso pieno del termine, come noi intendiamo la comprensione.

Google nested learning e la nuova era degli agenti intelligenti

Parlare oggi di Nested Learning significa toccare un nervo scoperto dell’intera industria dell’IA, perché mette in gioco la promessa che tutti rincorrono e che nessuno ha ancora mantenuto davvero: superare il limite strutturale del catastrophic forgetting. Chi si occupa di modelli linguistici sa bene quanto sia frustrante vedere sistemi da miliardi di parametri funzionare come studenti brillanti incapaci di ricordare la lezione precedente. La ricerca di Google, con il framework HOPE, irrompe in questo scenario come un intruso elegante che non chiede permesso e ridisegna l’impianto teorico con una semplicità disarmante. Molti non hanno ancora compreso la portata della cosa, forse perché abituati ad aspettarsi rivoluzioni soltanto quando accompagnate da conferenze patinate e fuochi d’artificio. Qui invece la rivoluzione è silenziosa, chirurgica, volutamente destrutturata, ed è proprio questo che la rende pericolosamente affascinante per chi studia il futuro degli agenti autonomi.

The Human AI alignment problem: perché dobbiamo riallineare noi stessi prima di pretendere di riallineare le macchine

Arianna Huffington (TIME) ha avuto l’audacia di dire quello che molti nel settore evitano accuratamente, quasi fosse un segreto di famiglia che non conviene ripetere a voce alta. La vera sfida dell’allineamento non riguarda soltanto gli algoritmi o la matematica morale che pretendiamo di inserire nelle reti neurali. La questione brucia molto più vicino alla pelle. Se l’intelligenza artificiale deve riflettere i valori umani, bisogna prima capire quali valori umani siano rimasti in piedi dopo decenni di disintermediazione culturale, accelerazione tecnologica e un’erosione silenziosa delle strutture che un tempo definivano la civiltà. Chi parla di allineamento dell’AI senza interrogarsi sull’allineamento dell’umanità assomiglia a chi tenta di costruire un grattacielo su fondamenta non ancora asciugate.

Come la politica americana riscrive la sicurezza digitale nell’era delle frodi sintetiche

Attaccano senza colpo ferire mentre la politica si accorge di essere diventata il bersaglio perfetto delle frodi AI, un terreno dove la creatività criminale corre più veloce dei comitati legislativi. Il Congresso statunitense scuote finalmente l’albero della regolamentazione con l’AI Fraud Deterrence Act, un segnale che non nasce da un improvviso slancio illuminato ma da un’umiliazione pubblica a base di deepfake vocali che hanno messo in imbarazzo alcuni dei più alti funzionari di Washington. La keyword che domina questo scenario è frodi AI, affiancata da concetti come impersonazione digitale e sicurezza nazionale. Non si tratta di moda tecnologica, bensì della linea di frattura dove si giocherà il potere politico nei prossimi anni.

L’ambizione verde? di xAI

L’idea di xAI di dedicare 88 acri a un impianto solare adiacente al data center Colossus non è solo un gesto simbolico di ecosostenibilità: secondo i piani annunciati, la centrale fotovoltaica genererebbe circa 30 megawatt, ossia sufficienti a coprire solo il 10% del fabbisogno energetico stimato per la struttura. È una quantità modesta rispetto al consumo di una super-computer farm che addestra modelli di IA su larga scala, ma non va sottovalutata: è un primo passo, o almeno la parte più visibile di una narrazione verde che Musk e il suo team possono sbandierare.

Il cervello di Ilya Sutskever e la fine dell’era dello scaling

A volte basta una frase per incrinare la certezza collettiva che l’intelligenza artificiale sia solo una questione di più dati, più GPU, più capitali. Quando Ilya Sutskever osserva che lo scaling da solo non ci porterà all’AGI, il rumore di fondo dell’industria si zittisce per un istante, perché pochi hanno la lucidità di riconoscere che la traiettoria dell’AI non è un’autostrada infinita ma un sentiero che a un certo punto cambia forma e pendenza. Chi lavora nel settore lo percepisce quasi fisicamente, come una variazione di pressione nell’aria che preannuncia un cambio di paradigma. Questa osservazione ha un peso scientifico e insieme un retrogusto ironico, come se Sutskever avesse scelto il momento perfetto per ricordare al mondo che la corsa all’AGI non è un concorso di body building per modelli neurali.

Stock market information for NVIDIA Corp (NVDA)

Nvidia annuncerà che investirà miliardi di dollari in Meta Platforms, in cambio dell'impegno di Meta a continuare a utilizzare i chip AI di Nvidia.

Google nega l’uso delle email per addestrare Gemini AI

A volte basta una scintilla per incendiare un intero ecosistema digitale. Google ha scoperto sulla propria pelle quanto velocemente un sospetto possa trasformarsi in un rogo mediatico, soprattutto quando tocca il territorio più sacro della modernità: la privacy personale dentro una casella di posta elettronica. L’episodio scatenato dall’allarme lanciato da Malwarebytes e poi rapidamente smentito ha mostrato come il confine tra percezione e realtà sia diventato sottilissimo nell’era della Generative AI. Chiunque lavori nel settore sa che quando si parla di modelli come Gemini, il pubblico tende a immaginare un’entità onnivora che divora email, foto, contratti e magari pure le ricette della nonna. La verità, come spesso accade, è più sfumata e molto meno cinematografica.

Accordo WMG Suno e la nuova geografia del potere nella musica generativa

Accade raramente che un settore abituato a proteggere i propri confini come un vecchio impero medievale improvvisamente apra i cancelli e inviti gli innovatori a entrare. Accade ancora più raramente che lo faccia con un sorriso. L’accordo tra Warner Music Group e Suno somiglia a quei momenti storici in cui un equilibrio si spezza e un altro prende forma sotto gli occhi di chi ha l’attenzione per coglierlo. L’industria musicale sta smettendo di combattere l’intelligenza artificiale come un invasore e inizia a usarla come leva strategica. Una volta che un colosso come WMG parla di nuove frontiere nella creazione e nell’interazione musicale, il messaggio è chiaro. Non si torna indietro.

Elon Musk, Grok 5 e la corsa all’AGI che potrebbe ridisegnare il potere tecnologico globale

Artificial general intelligence è tornata a dominare il dibattito come un mantra che affascina gli investitori e inquieta più di un regolatore, soprattutto quando Elon Musk decide di dichiarare che il suo prossimo modello Grok 5 avrebbe un dieci percento di probabilità di raggiungere l’obiettivo che definisce il Santo Graal dell’intelligenza artificiale. La frase è stata pronunciata con la consueta noncuranza quasi teatrale di Musk, quella capacità di lanciare previsioni cosmiche con lo stesso tono con cui altri discutono del traffico. La verità, però, è che dietro questa dichiarazione c’è molto di più del solito spirito provocatorio. C’è la costruzione di un ecosistema che unisce X, xAI e Tesla in una strategia di potere tecnologico che ruota attorno alla parola chiave AGI, mentre le keyword semantiche come Grok 5 e modelli multimodali diventano gli ingranaggi di un racconto che non concede spazio alla timidezza.

Claude Opus 4.5 ridefinisce l’automazione del lavoro da scrivania

Subito un fatto: Opus 4.5 non è una semplice versione incrementale. È il tentativo dichiarato di ripensare cosa significhi “fare lavoro d’ufficio” nel 2025. Anthropic la chiama “il miglior modello al mondo per coding, agenti e uso del computer”. Il tono non è iperbole da marketing, ma rivendicazione di leadership tecnica con risultati benchmark a sostegno.

Ordine esecutivo sull’intelligenza artificiale e la nuova geografia del potere a Washington

Il battito irregolare di Washington a volte anticipa tempeste che non si vedono sui radar. Mercoledì, nei corridoi dove si muovono funzionari insonni e avvocati pronti a impugnare qualsiasi comma, era comparsa una voce così ingombrante da diventare immediatamente protagonista: un presunto ordine esecutivo che avrebbe ridisegnato la mappa del potere sull’intelligenza artificiale negli Stati Uniti, sottraendo alle leggi statali ogni margine di manovra. Una mossa che avrebbe accentrato tutto a livello federale, con un tempismo che aveva il sapore di un colpo di scena in un thriller politico. La bozza trapelata era stata letta con la stessa attenzione con cui i mercati decifrano le note criptiche della Federal Reserve. Ogni riga sembrava disegnata per scatenare una guerra di competenze e di ideologie, mentre ciò che non compariva, forse, pesava ancora di più di ciò che era scritto.

Chip War: The Fight for the World’s Most Critical Technology

In un mondo in cui i semiconduttori sono diventati la valuta più importante della geopolitica moderna, chi controlla i wafer controlla l’economia globale. Non stiamo parlando di gadget o consumabili industriali, ma della leva strategica che definisce la supremazia militare e commerciale. La catena di approvvigionamento chip non è mai stata neutrale; è un’arena di conflitto silenziosa dove ogni transistor può determinare la vittoria o la sconfitta di nazioni intere.

L’energia come arma nascosta e la nuova geoeconomia globale

Per decenni, il mondo ha vissuto nell’illusione che l’energia fosse solo un bene da consumare, un flusso affidabile da acquistare e utilizzare senza pensieri. Il passato insegna che non è mai stato così. Dal blocco petrolifero britannico alla Germania post-prima guerra mondiale fino ai giacimenti caucasici che decretarono la disfatta di Hitler, controllare petrolio e gas ha sempre significato potere assoluto. Chi possedeva risorse energetiche poteva influenzare eserciti, economie e diplomazie. Chi non le possedeva, dipendeva dai mercati e dalla fortuna, esposto a shock devastanti. L’embargo arabo del 1973 rimane scolpito nella memoria collettiva: aumenti del 300 percento dei prezzi, auto in fila chilometri e una lezione chiara sulla vulnerabilità degli Stati e dei consumatori.

Thanksgiving e il curioso trionfo del cousin walk cannabis

Il cousin walk cannabis è diventato la cartina di tornasole del modo in cui l’America moderna gestisce le proprie tensioni familiari, il proprio appetito e la propria ipocrisia sociale. In fondo è quasi poetico che un gesto nato come scusa per prendere una boccata d’aria prima del tacchino sia diventato una tradizione nazionale travestita da passeggiata salutista. Chi lo pratica racconta che tutto nasce come un alibi innocente, un’uscita rapida per controllare il cane o per chiamare un amico, poi qualcuno tira fuori una penna al THC e d’improvviso la cena appare molto più promettente. Succede in silenzio, tra sguardi d’intesa e quell’aria da rito iniziatico che ammicca alle trasformazioni culturali del Paese.

Il 24 novembre arriva la Genesis Mission che riscrive le regole della ricerca

Il 24 novembre il Presidente degli Stati Uniti ha firmato un ordine esecutivo che lancia una vera e propria rivoluzione scientifica: la Genesis Mission (sì, non Gemini ma la gravità strategica resta). L’obiettivo dichiarato è ambizioso e spavaldo: costruire una piattaforma integrata per usare i vasti dataset scientifici federali e scatenare l’IA nella ricerca, automatizzando esperimenti, accelerando la scoperta, testando ipotesi con agenti intelligenti. È il tipo di mossa che solo un leader tecnologico con la visione di un CEO audace o uno stratega geopolitico con una penna rossa potrebbe osare.

Claude Opus 4.5 è andato giù, The AI labs never sleep

Certe settimane nel mondo dell’intelligenza artificiale sembrano uscite da un romanzo di Le Carré con acceleratori di particelle al posto delle spie. La vigilia del Ringraziamento negli Stati Uniti appartiene ufficialmente a questa categoria. Google ha lanciato Gemini 3 con l’entusiasmo tipico da Silicon Valley, OpenAI ha aggiornato i suoi modelli agentici per il coding, e Anthropic ha calato sul tavolo Claude Opus 4.5, definito come il migliore al mondo per programmazione, agenti e interazione avanzata con il computer. La dichiarazione ha il tono di un ultimatum mascherato da nota stampa, perché suggerisce senza troppi giri di parole che le ambizioni di Gemini 3 potrebbero già essere state superate in alcune categorie di valutazione del coding. La cosa divertente è che il pubblico più nerd, quello che si accalca su piattaforme come LMArena per confrontare i modelli come se fossero bolidi da Formula 1, non ha ancora avuto il tempo di farlo salire in classifica. Il mondo corre ma gli algoritmi, a quanto pare, corrono più veloci degli umani che dovrebbero giudicarli.

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