Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

Categoria: News Pagina 3 di 64

Rivista.AI e’ il portale sull’intelligenza artificiale (AI) attualita’, ultime notizie (news) e aggiornamenti sempre gratuiti e in italiano

Wikipedia addestra gli addestratori: la finta apertura che serve a chiudere le porte ai bot

Quando una piattaforma fondata sull’utopia della conoscenza libera decide di “semplificare” la vita agli sviluppatori di intelligenza artificiale con un dataset ufficiale, bisogna sempre chiedersi: a chi conviene davvero? La Wikimedia Foundation ha annunciato la pubblicazione su Kaggle la piattaforma di Google per il machine learning di un dataset in beta contenente dati strutturati tratti da Wikipedia, in inglese e francese, pensato per addestrare modelli di AI.

Sembra un dono alla comunità, ma è un cavallo di Troia. Dietro la maschera dell’altruismo open source si nasconde una strategia di contenimento: evitare che gli scraper e i crawler automatici di OpenAI, Anthropic, Meta & soci continuino a divorare banda e cicli server a colpi di scraping massivo e disordinato. L’iniziativa, nelle intenzioni di Wikimedia, dovrebbe fornire un’alternativa ufficiale, elegante, e soprattutto controllabile. Niente più parsing di HTML grezzo, niente più richieste al limite del DoS mascherate da “ricerca”. Solo JSON ben confezionato, con abstract, infobox, sezioni e link a immagini. Mancano però riferimenti, contenuti audio e tutto ciò che esce dal testo scritto. In pratica: il cuore, ma senza il sangue.

Google sotto accusa per la trasparenza carente nei report di sicurezza di Gemini 2.5 Pro e Flash

Google si trova nuovamente al centro delle polemiche per la gestione della trasparenza e della sicurezza dei suoi modelli di intelligenza artificiale, in particolare Gemini 2.5 Pro e la nuova variante Flash. Nonostante le promesse di innovazione e affidabilità, l’azienda è stata criticata per la scarsa chiarezza nei report di sicurezza e per le pratiche di valutazione discutibili.

Il report di sicurezza di Gemini 2.5 Pro è stato definito “scarno” da TechCrunch, sollevando dubbi sulla reale affidabilità del modello. La mancanza di dettagli specifici e l’assenza di una documentazione approfondita hanno alimentato le preoccupazioni sulla trasparenza delle pratiche di Google. Inoltre, l’azienda non ha ancora pubblicato un report per il modello Gemini 2.5 Flash, annunciando che sarà disponibile “presto”, ma senza fornire una data precisa.

Motorola e il Razr piegato sull’AI: Perplexity sfida Gemini nella corsa all’assistente definitivo

Mentre il mondo continua a chiedersi se abbiamo davvero bisogno di un altro assistente vocale, Motorola decide di fare all-in sull’intelligenza artificiale con il prossimo Razr, previsto per il 24 aprile. Non sarà solo un altro pieghevole nostalgico, ma una piattaforma sperimentale per una nuova battaglia tra colossi: Gemini vs Perplexity. E a quanto pare, Motorola non intende restare neutrale.

La notizia arriva da Bloomberg, che conferma una partnership tra Motorola e Perplexity. L’assistente vocale AI sviluppato da quest’ultima non sarà solo una comparsa. Avrà il suo posto a bordo del Razr accanto a Gemini, ma con una UI personalizzata e una spinta di marketing che lascia intuire dove Motorola voglia veramente portare i suoi utenti. Il teaser pubblicato sui social, dove il Razr si trasforma nella parola “AI”, non è solo estetica: è una dichiarazione di intenti.

La rivoluzione silenziosa delle spie digitali: quando l’intelligenza artificiale si traveste da attivista per incastrarti

Nell’America che sventola la bandiera della libertà come fosse una carta fedeltà del supermercato, un nuovo episodio si iscrive alla cronaca dell’inganno istituzionale con una freddezza algoritmica da far impallidire anche Orwell. Secondo quanto rivelato da 404 Media, le forze dell’ordine statunitensi stanno impiegando Overwatch, uno strumento di sorveglianza digitale basato su intelligenza artificiale, per infiltrarsi nei network criminali. Fin qui, tutto suona prevedibile. Ma il diavolo — come sempre — si nasconde nei dettagli e, in questo caso, anche nei pixel del profilo fake.

Overwatch non si limita a generare avatar generici da film di quarta serata. La piattaforma sviluppata da Massive Blue, una società che probabilmente ha guardato Black Mirror scambiandolo per un documentario motivazionale, crea “agenti virtuali realistici” che operano sotto copertura. Il loro obiettivo? Estrarre prove incriminanti da presunti narcotrafficanti, trafficanti di esseri umani, e — qui la stretta alla gola si fa netta — anche da attivisti politici “radicalizzati” e da studenti manifestanti. Sì, proprio quelli che magari lottano per diritti civili, per la giustizia climatica o per l’accesso all’istruzione. Le nuove minacce alla sicurezza nazionale, evidentemente.

Uno degli esempi di “persona radicalizzata” che Massive Blue ha orgogliosamente sviluppato è una donna di 36 anni, divorziata, senza figli, dichiaratamente body positive, appassionata di cucina e di attivismo non meglio specificato. Un profilo che, a prima vista, sembrerebbe uscito da un post di BuzzFeed su “le 10 cose che le donne indipendenti fanno di domenica”. Invece, è un’esca digitale pronta a raccogliere conversazioni, opinioni, e potenzialmente prove “a carico” in spazi social, forum, DM e qualsiasi altro interstizio della comunicazione online. Un avatar con l’anima di un interrogatorio sotto copertura.

La portata etica e legale di questa operazione è, tanto per cominciare, una bomba atomica nel campo della privacy e del diritto alla libera espressione. Se un bot può fingersi un compagno di lotta, uno sconosciuto empatico o un confidente virtuale solo per carpire informazioni, allora nessuna discussione online è al sicuro. Non siamo più nell’era della sorveglianza passiva, ma in quella della manipolazione attiva, dove l’AI non è solo uno strumento di raccolta dati, ma un attore nel senso teatrale e strategico del termine.

Non ci sono warrant, non ci sono limiti temporali, non c’è alcuna trasparenza. Questi agenti digitali possono insinuarsi in ambienti sensibili, raccogliere contenuti personali, e costruire narrazioni criminali su individui che magari stavano solo sfogando frustrazione o partecipando a un’azione collettiva. Il tutto mentre la linea che separa l’infiltrazione da una vera e propria provocazione diventa talmente sottile da dissolversi.

Tecnicamente parlando, Overwatch rappresenta una svolta nel paradigma dell’intelligence predittiva. Le sue IA sono presumibilmente dotate di modelli linguistici avanzati, capaci di sostenere conversazioni fluide, leggere il contesto emozionale e adattarsi come camaleonti al tono dell’interlocutore. Un’evoluzione delle chatbot che, invece di offrirti supporto clienti o appuntamenti al dentista, ti conduce lentamente verso una trappola legale camuffata da confronto umano. Di fatto, una simulazione sociale altamente sofisticata, che non avrebbe sfigurato nella Stanford Prison Experiment, solo che stavolta il carceriere non è un uomo: è codice.

Dal punto di vista della sicurezza informatica, questa prassi introduce un livello di rischio sistemico. L’uso di entità AI travestite da utenti reali mina la fiducia nel tessuto digitale. Ogni nuova connessione potrebbe essere un poliziotto sotto copertura generato da GAN, ogni like potrebbe essere un’esca, ogni messaggio un interrogatorio travestito da flirting. È il cortocircuito della socialità: più siamo interconnessi, più diventiamo vulnerabili non solo al phishing, ma alla profilazione investigativa automatica.

E mentre gli Stati Uniti, come al solito, fanno da laboratorio distopico, non è difficile immaginare la migrazione di questi strumenti in altri contesti: Cina, Russia, ma anche democrazie “mature” dove il dissenso è tollerato solo finché non infastidisce le quote di consenso. Nessuna tecnologia resta isolata: si replica, si adatta, si vende. Oggi spia un attivista climatico in Oregon, domani un giornalista freelance in Italia, dopodomani chiunque osi criticare lo status quo da una tastiera.

Se pensavi che l’unica preoccupazione online fosse l’algoritmo di TikTok o le politiche dei cookie, sappi che da oggi potresti parlare con un bot della polizia convinto di essere una femminista solitaria col talento per i cupcake. Il futuro non è arrivato: è entrato dalla porta sul retro, con un profilo falso e un badge invisibile.

Grok studio sfida ChatGPT e Claude: Musk lancia l’offensiva con un IDE AI per creativi, sviluppatori e aspiranti game designer

Nel perpetuo teatro della guerra per l’egemonia dell’intelligenza artificiale, Elon Musk ha appena piazzato un nuovo pezzo sulla scacchiera. Si chiama Grok Studio e rappresenta la versione xAI di un campo da gioco creativo e tecnico, qualcosa a metà tra un Google Docs potenziato, un IDE collaborativo e un’interfaccia AI generativa per chi pensa che l’interfaccia utente perfetta debba assomigliare a un canvas condiviso con HAL 9000.

Lanciato il 16 aprile, Grok Studio entra in diretta competizione con le esperienze “canvas-based” di ChatGPT e Claude, ribaltando il tavolo con qualche mossa ben calibrata sul piano dell’usabilità. A differenza dell’approccio quasi minimalista adottato da Anthropic con Artifacts, o la verticalizzazione funzionale di OpenAI con ChatGPT Canvas, xAI punta tutto su un’interazione immersiva, potenziata, dove l’AI non è solo assistente ma partner operativo — e anche un po’ intrusivo, se vogliamo.

Nvidia gioca a scacchi a Pechino mentre gli Stati Uniti impongono nuove regole

Jensen Huang non è un CEO qualsiasi. È un fondatore con il carisma di un rockstar e la strategia di un generale in guerra. La sua visita a sorpresa a Pechino non è solo un gesto diplomatico: è una mossa tattica in una partita a scacchi globale dove la tecnologia è il nuovo petrolio. Un giorno prima, gli Stati Uniti avevano imposto nuove restrizioni sull’esportazione dei chip H20 di Nvidia verso la Cina, con una perdita stimata di 5,5 miliardi di dollari. Il giorno dopo, Huang era già a cena con i cinesi, come se nulla fosse. O meglio, come se tutto fosse in gioco.

La visita, orchestrata con la discrezione che si riserva agli incontri tra rivali con interessi comuni, è avvenuta su invito della China Council for the Promotion of International Trade, un organo statale che ormai gioca il ruolo di ambasciatore ombra tra Pechino e le grandi corporate americane. Huang si è incontrato con il presidente Ren Hongbin, promettendo che Nvidia “non risparmierà sforzi” per ottimizzare i suoi prodotti secondo i vincoli normativi, e che “servirà in modo incrollabile” il mercato cinese. Tradotto dal linguaggio diplomatico: Nvidia farà tutto il necessario per non perdere la Cina, anche a costo di disegnare chip su misura per un Paese sotto embargo.

Smart Glasses 2 Titanium, Huawei rilancia con i suoi occhiali smart AI mentre il mercato globale si trasforma in un campo di battaglia high-tech

Mentre i giganti del tech si azzuffano a colpi di algoritmi e hardware sempre più “intelligente”, Huawei ha deciso di rifarsi il trucco o meglio, il titanio e rilanciare sul mercato i suoi occhiali intelligenti di seconda generazione. La nuova versione, battezzata con modestia Huawei Smart Glasses 2 Titanium, promette di fare di più, meglio e con più stile… almeno a detta loro. Prezzo? 2.299 yuan, che al cambio sono circa 315 dollari. Per un paio di occhiali che fanno tutto tranne che servirti il caffè (per ora).

Huawei cerca così di piazzarsi meglio in una giungla affollata di occhiali “smart” dove il vero collante è l’intelligenza artificiale generativa, la stessa che muove ChatGPT. Da Baidu a ByteDance, da Xiaomi ad Alibaba, tutti vogliono un pezzo della torta. E il profumo è quello tipico dei mercati emergenti con margini ancora tutti da scrivere: più di 1,5 miliardi di occhiali (tra da vista e da sole) venduti ogni anno rappresentano un bacino potenziale enorme per l’iniezione di intelligenza artificiale nel quotidiano.

Meta ti prende l’anima digitale: il tempo stringe per fermare l’addestramento delle sue IA coi tuoi dati

Dal 27 maggio 2025, Meta inizierà ufficialmente a usare ogni tuo post pubblico per rendere le sue intelligenze artificiali un po’ più “europee”. Non è un pesce d’aprile tardivo, ma una vera e propria svolta epocale nelle policy della compagnia, che impatta milioni di utenti adulti in tutta l’Unione. La motivazione ufficiale è nobile, quasi poetica: rendere l’IA più sensibile alle “sfumature culturali, linguistiche e sociali” del Vecchio Continente. Peccato che, nella sostanza, si tratti dell’ennesima miniera d’oro estrattiva, dove i dati pubblici degli utenti diventano carburante gratuito per le macchine di Menlo Park.

In nome del “legittimo interesse”, Meta intende succhiare contenuti pubblici da Facebook, Instagram, Messenger e persino il Marketplace. L’unico superstite della carneficina resta WhatsApp, che per ora pare escluso dal banchetto dell’addestramento. I dati privati? No, non saranno toccati. Ma attenzione: “privato”, nel linguaggio delle big tech, è un concetto elastico. Se qualcuno pubblica una tua foto o ti tagga in un commento pubblico, potresti comunque finire nel tritacarne algoritmico.

Quando l’IA va in tribunale e perde: i modelli LLM falliscono il test di Phoenix Wright

È bastato un videogioco giapponese degli anni 2000, con grafica pixelata e drammi da soap legale, per mettere in crisi i più avanzati cervelloni digitali del momento. I ricercatori dell’Hao AI Lab dell’Università della California a San Diego hanno avuto un’idea tanto geniale quanto beffarda: testare i più sofisticati modelli di intelligenza artificiale chiedendo loro di giocare a Phoenix Wright: Ace Attorney, il titolo cult in cui un giovane avvocato difende clienti accusati ingiustamente, a colpi di obiezioni teatrali, indagini surreali e deduzioni da investigatore logico.

Il test non era un capriccio accademico, ma un esperimento su vasta scala per verificare se gli LLM (Large Language Models) siano davvero capaci di gestire problemi complessi che richiedono non solo competenze linguistiche, ma anche ragionamento induttivo, riconoscimento visivo, coerenza narrativa e, soprattutto, senso logico del mondo.

Risultato? Più che “intelligenza artificiale”, è sembrata “confusione algoritmica”.

OpenAI punta su Windsurf: una mossa da 3 miliardi per dominare l’IDE del futuro

OpenAI sta valutando l’acquisizione di Windsurf, l’IDE “agentico” sviluppato da Codeium, per una cifra che si aggira intorno ai 3 miliardi di dollari . Se l’accordo dovesse concretizzarsi, rappresenterebbe la più grande acquisizione nella storia di OpenAI.​

Windsurf si distingue per la sua capacità di combinare le funzionalità di un copilota AI con quelle di un agente autonomo. Questo approccio consente agli sviluppatori di collaborare con l’intelligenza artificiale in modo più fluido e intuitivo, migliorando la produttività e riducendo gli errori .​

Tra le caratteristiche principali di Windsurf troviamo la funzione “Cascade”, che permette una comprensione profonda del codice e suggerimenti contestuali in tempo reale. Inoltre, l’IDE supporta l’editing multi-file e l’esecuzione di comandi intelligenti, facilitando la gestione di progetti complessi.

Microsoft vuole leggerti lo schermo: Copilot Vision ora gratis su Edge

C’è una nuova voce nell’aria letteralmente – ed è quella di Copilot Vision, il nuovo giocattolo AI che Microsoft ha deciso di mettere a disposizione gratuitamente per chi usa il browser Edge. Il CEO della divisione AI di Microsoft, Mustafa Suleyman, l’ha annunciato su Bluesky con tono entusiasta, ma il sottotesto è chiaro: Microsoft vuole che lasciamo che il suo assistente virtuale veda tutto quello che vediamo noi.

Sì, hai letto bene: una volta attivato, Vision è in grado di “vedere” ciò che è sul tuo schermo e rispondere in tempo reale con suggerimenti, assistenza contestuale e commenti a voce. Un’esperienza “talk-based”, come la definiscono a Redmond, dove tu parli all’aria e aspetti che il tuo browser risponda. Cose da 2025, ma con un retrogusto da episodio distopico di Black Mirror.

Google regala Gemini Live: l’IA che vede con i tuoi occhi ora è gratis per tutti

Quando anche i giganti cambiano idea, di solito c’è un odore nell’aria: quello della competizione che comincia a bruciare sul collo. Google aveva promesso che Gemini Live, la sua feature AI con super-poteri visivi, sarebbe rimasta un’esclusiva per chi sborsava l’abbonamento Gemini Advanced. Ma oggi, con una mossa che sa più di ritirata strategica che di generosità improvvisa, ha deciso di renderla disponibile gratuitamente a tutti gli utenti Android attraverso l’app Gemini.

Colpo da 800 milioni: AMD e Nvidia travolte dall’ennesima guerra fredda dei chip

Quando pensavi che la geopolitica avesse già fatto abbastanza danni all’economia globale, ecco che arriva un’altra bomba: AMD annuncia un impatto da fino a 800 milioni di dollari a causa delle nuove restrizioni USA sulle esportazioni di semiconduttori verso la Cina. E come se non bastasse, il giorno prima Nvidia aveva già comunicato alla SEC un colpo ben più devastante: 5,5 miliardi di dollari bruciati per colpa delle stesse licenze. Tutto questo mentre le azioni di entrambi crollano di circa il 7% come se fosse il lunedì nero del 1987.

Benvenuti nell’ennesimo capitolo della saga “Silicon Valley contro Pechino”, dove i chip non sono più solo tecnologia, ma strumenti di pressione internazionale. Per AMD, la ferita è doppia: non solo si prevede una mazzata in bilancio, ma anche il futuro delle sue GPU MI308 –pensate per AI e gaming di alto livello è ora sospeso nel limbo delle autorizzazioni del Dipartimento del Commercio USA. Tradotto: progettare chip da miliardi e poi sperare che Washington ti lasci venderli. Un business model da roulette russa.

OpenAI rilancia con modelli di ragionamento: o3 e o4-mini pensano davvero e vedono anche

Nel grande show dell’intelligenza artificiale, OpenAI cala due assi: o3 e o4-mini, i nuovi modelli di ragionamento destinati a cambiare il gioco o almeno a riscriverne le regole con un tratto più sottile, più veloce e, sorprendentemente, visivo. Non siamo più nel campo dell’elaborazione del linguaggio, siamo nella frontiera in cui un modello guarda, osserva, riflette e agisce. E sì, ragiona con immagini.

Partiamo dal pezzo forte, o3, che OpenAI presenta come il suo modello “di ragionamento più potente”. Cosa significa? Che l’era del semplice completamento predittivo delle frasi è finita. Qui si parla di catene logiche complesse, inferenze tra testi e immagini, collegamenti dinamici tra fonti, strumenti e rappresentazioni visuali. Lo definiscono “reasoning model” ma sotto il cofano è una macchina epistemologica. E se suona esagerato, basta vedere cosa fa: integra immagini direttamente nella catena di pensiero, analizza schizzi, whiteboard, zooma su dettagli e ruota immagini per inferire concetti. Come se un architetto, uno scienziato e un designer si fossero fusi in un’unica entità che dialoga in tempo reale con te.

Jensen Huang infiammerà Computex 2025: l’intelligenza artificiale diventa fisica, agentica

Che Jensen Huang fosse una rockstar dell’AI lo sapevamo già. Ma la notizia che aprirà COMPUTEX 2025 con il keynote inaugurale suona come una mossa da dominatore assoluto della scacchiera tecnologica e Felix Madison sarà li’. Il fondatore e CEO di NVIDIA salirà sul palco del Taipei Music Center il 19 maggio alle 11:00 (ora locale) per spalancare le porte di un futuro dove l’accelerazione computazionale non è più una feature, ma un presupposto esistenziale per qualsiasi innovazione degna di questo nome.

E nel caso qualcuno abbia ancora dubbi sul fatto che Taiwan sia l’ombelico del mondo digitale, basta dare un’occhiata alla scaletta: più di 1.400 espositori, quasi 5.000 booth e tre temi che odorano di rivoluzione permanente AI & Robotics, Next-Gen Tech e Future Mobility. Praticamente un World Economic Forum, ma con meno cravatte e più chip.

Fine dei giochi per Nvidia in Cina: Deepseek, Huawei e il nazionalismo dei chip cambiano le carte in tavola

Non è una doccia fredda. È una glaciazione. Nvidia, il colosso americano dei chip AI, si ritrova improvvisamente a fare i conti con un colpo basso da Washington che rischia di cancellare quasi il 10% del suo fatturato globale. Un licensing obbligatorio per esportare gli H20 in Cina – chip già “castrati” per evitare restrizioni precedenti – suona più come una mossa geopolitica che una protezione tecnica. Risultato? ByteDance, Tencent e Alibaba – tutti affamati di potenza di calcolo – ora dovranno fare i conti con un futuro in cui Nvidia scompare dagli scaffali, e l’unica alternativa realistica è il “fai da te” made in China.

Nvidia si è già vista tagliare fuori in passato, ma con l’H20 aveva trovato un compromesso: un chip “legalmente accettabile”, depotenziato ma ancora abbastanza potente da servire gli LLM cinesi. Ora però il sipario cala di nuovo. Si parla di un impatto da 5,5 miliardi di dollari. Roba da convocare il consiglio d’amministrazione con whiskey e calmanti. E mentre Nvidia si lecca le ferite, le Big Tech cinesi non si piangono addosso: stanno correndo. Non per scelta, ma per necessità.

Copilot Computer Use, Claude e Operator: l’era dei maggiordomi digitali è iniziata

Microsoft non poteva restare a guardare mentre OpenAI e Anthropic si facevano i propri maggiordomi digitali personali. Così questa settimana ha sganciato il suo colpo: una nuova funzione per Copilot Studio chiamata, in perfetto stile Silicon Valley, “computer use”. Tradotto: l’intelligenza artificiale di Redmond ora può usare il tuo computer come farebbe un umano. Ma senza sindacati, pause caffè o click sbagliati dovuti alla noia.

In pratica, Copilot Studio potrà cliccare bottoni, scrivere nei campi di testo, aprire menu a tendina e — cosa ben più interessante — interagire con applicazioni desktop e siti web anche quando non esistono API ufficiali. L’AI impara dall’interfaccia utente visiva. Se un umano può farlo guardando lo schermo, l’agente AI può farlo anche meglio. O almeno ci prova.

Elliott punta il bisturi su HPE: l’attivismo finanziario come ultima speranza per un colosso stanco

Quando un investitore attivista bussa alla porta, non lo fa mai per cortesia. E quando si chiama Elliott Investment Management, non bussa affatto: entra, si siede alla testa del tavolo e inizia a riscrivere le regole del gioco. Stavolta l’obiettivo è Hewlett Packard Enterprise, azienda che una volta rappresentava il cuore pulsante dell’IT enterprise americano e che oggi sembra arrancare nell’ombra dei suoi rivali più aggressivi. Con un investimento superiore a 1,5 miliardi di dollari, Elliott non ha semplicemente fatto un ingresso trionfale in HPE — ha premuto il grilletto su una ristrutturazione che, a meno di miracoli, non sarà né gentile né silenziosa.

Mentre in Europa si discute di regole, in Cina si scala. Ant Group crea 100 medici AI su Alipay: benvenuti nella sanità del capitalismo algoritmico cinese

Mentre l’Occidente ancora dibatte sulla privacy dei dati sanitari e sull’etica dell’intelligenza artificiale applicata alla medicina, Ant Group la fintech figlia prediletta del colosso Alibaba ha già messo online cento dottori virtuali. O meglio: cento agenti AI, addestrati direttamente dai team di celebri medici cinesi e pronti a rispondere 24 ore su 24 tramite l’app Alipay. Non si tratta di chatbot generici: ognuno di questi agenti è modellato su un luminare in carne ed ossa, e promette “consigli autorevoli e credibili” con il tocco freddo ma immediato del silicio.

Sì, la sanità in Cina sta diventando un prodotto plug-and-play, un servizio embedded nell’ecosistema digitale di una super app. Il cittadino non deve più neppure uscire da Alipay originariamente un’app di pagamento per ottenere diagnosi, consulenze, analisi di referti caricati via smartphone e perfino prenotazioni per visite in presenza. Il cerchio è chiuso, l’utente è fidelizzato, il medico è virtuale.

Kling 2.0, l’arma nucleare di Kuaishou nella guerra mondiale dei video generativi

Nel cuore di Pechino, sotto i riflettori di una presentazione aziendale con toni più da show business che da tech conference, Kuaishou ha lanciato Kling AI 2.0, definendolo – senza mezzi termini – “il modello di generazione video più potente al mondo”. Lo ha detto con tono trionfale Gai Kun, vicepresidente senior dell’azienda, mentre tutto il resto dell’industria dell’IA video globale stava probabilmente trattenendo il respiro, cercando di capire se fosse una sparata di marketing o la verità nuda e cruda.

Nel frattempo, numeri alla mano, Kling sta già scrivendo le sue regole. Oltre 22 milioni di utenti nel mondo, 168 milioni di video generati, più di 344 milioni di immagini sputate fuori da un’intelligenza artificiale che si nutre di prompt come un influencer si nutre di like. Sì, numeri da piattaforma mainstream, non da progetto sperimentale.

Anthropic entra in modalità voce: Airy, Mellow e Buttery la sfida ad OpenAI si gioca ora anche all’orecchio

Nel teatrino sempre più affollato e teatrale dell’intelligenza artificiale, Anthropic si prepara a salire di tono letteralmente con l’introduzione imminente di una “voice mode” per il suo chatbot Claude. Secondo quanto riportato da Bloomberg, la nuova funzionalità vocale dovrebbe debuttare già questo mese, segnando un passo audace (e atteso) per avvicinarsi alla già consolidata esperienza conversazionale di ChatGPT, che integra da tempo un’interfaccia vocale sofisticata.

Per ora, il sipario si apre su tre voci in inglese, battezzate con poetica intenzione: Airy, Mellow e Buttery. Già dai nomi si intuisce la volontà di costruire un’esperienza sonora non solo funzionale, ma sensorialmente curata, in un tentativo di umanizzazione dell’interazione con l’AI. Per chi mastica branding, non è un dettaglio: non si tratta solo di “parlare”, ma di come si parla all’utente.

Image Library OpenAI si reinventa tra ipocrisia filantropica e nuove funzioni da vetrina

OpenAI, nel suo eterno pendolo tra messianesimo tecnologico e capitalismo a trazione turbo, ha annunciato una nuova funzione per ChatGPT: la tanto attesa Image Library. Se usi l’AI per generare immagini, da oggi potrai finalmente vedere tutto il tuo piccolo museo di deliri visivi organizzato in griglia, direttamente dentro l’app mobile e a breve anche sul web. Lo hanno mostrato con un video promozionale di quelli corti, emozionali e pulitissimi, dove si vedono le immagini ben impaginate nel nuovo tab Library, con tanto di bottone fluttuante per crearne di nuove. In pratica, una galleria Instagram privata delle tue fantasie digitali, senza bisogno di doverle risalvare manualmente o andarle a cercare tra mille thread.

A volerla leggere superficialmente, è solo una feature in più. Ma a guardarla con l’occhio di chi conosce i giochi del potere e del prodotto, è chiaro che OpenAI si sta strutturando per diventare il contenitore creativo del prossimo decennio. Questo significa disintermediare anche i creatori visivi tradizionali, e spingere l’utente medio a costruire una relazione sempre più personale con l’output dell’AI. La Library non è solo comodità: è fidelizzazione travestita da UX.

Seaweed, il colpo di ByteDance che umilia i giganti del video AI

Nel teatrino dell’IA generativa, dove ogni player misura la virilità del proprio modello a colpi di miliardi di parametri e petaflops di addestramento, ByteDance ha appena fatto qualcosa di inaudito: ha messo KO i muscolosi Google Veo, OpenAI Sora e compagnia cantando con Seaweed, un modello video “snello” da 7 miliardi di parametri. Una piuma, se confrontato con gli elefanti del settore. Eppure, Seaweed vince. Anzi, surclassa. Perché l’efficienza, quando è ben pensata, non è un compromesso: è un vantaggio competitivo.

Partiamo da ciò che conta davvero, non dai numeri: il risultato. Seaweed genera video di 20 secondi in output nativo, partendo da testo, immagine o audio. Non ci sono pipeline spezzate, stadi intermedi malamente incollati tra loro, né effetti Frankenstein tipici di alcuni modelli occidentali. Il flusso è fluido, naturale, quasi cinematografico. Sì, perché il cuore di Seaweed è la narrazione. Lì dove molti modelli si perdono in pixel e frame, Seaweed orchestra un racconto. E lo fa con multi-shot control, movimenti di camera logici, e colpo di classe una sincronizzazione labiale che non sembra più un esperimento universitario, ma una vera produzione audiovisiva.

FS Research Center Prevedere o costruire il futuro? L’illusione del cigno nero e il risveglio del planner visionario

Nel panorama rarefatto della pianificazione infrastrutturale italiana, Mario Tartaglia Lead del Research Center lancia una provocazione tanto elegante quanto velenosa: “To Predict or to Build the Future?”. Una domanda che non è un semplice invito alla riflessione, ma un’accusa neanche troppo velata verso la cronica miopia decisionale di chi dovrebbe disegnare il nostro domani su rotaie, asfalto e reti digitali.

Tartaglia non gioca sul banale ottimismo futurista. Mette in fila quarant’anni di incoerenza istituzionale – dal primo Piano dei Trasporti del 1985 alla tragicomica sequela di liste della spesa strategiche della cosiddetta Legge Obiettivo del 2001 per farci capire che il vero cigno nero non è la pandemia, né il cambiamento climatico. Il vero Black Swan è l’incapacità sistemica di pianificare con visione. E, come suggerisce il buon Nassim Taleb, il COVID non era nemmeno un cigno nero: era un elefante nella stanza, annunciato da Gates, Quammen e mezzo mondo scientifico. Ma come al solito, nessuno ha ascoltato Cassandra.

Google vuole girare il tuo cinema interiore: arriva Veo 2, l’IA che fa video su prompt ma ti mette il guinzaglio

Google ha deciso che il cinema del futuro non lo faranno più i registi indie né gli studios di Hollywood: lo gireremo tutti noi, un prompt alla volta, con Veo 2, la nuova generazione del suo modello di intelligenza artificiale per la creazione di video realistici e ad alta risoluzione. Per ora, però, solo i Gemini Advanced subscribers possono giocare con questa nuova macchina dei sogni. Sì, sempre che abbiano tempo, fantasia e pazienza da vendere. E soprattutto: sempre che non sforino la quota mensile imposta da mamma Google. Perché l’intelligenza artificiale sarà anche generosa, ma mica gratis.

Visita il blog Google.

Da oggi, gli abbonati a Gemini possono scegliere Veo 2 dal menù a tendina nella versione web o mobile e generare clip da otto secondi in formato 720p. Più che cinema, un trailer di TikTok. A proposito: se stai usando l’app su mobile, puoi caricare il tuo capolavoro direttamente su TikTok o YouTube grazie al tasto share. Come dire: se non diventi virale, è colpa tua, non dell’algoritmo.

Claude diventa impiegato modello: Anthropic sfida Google e Microsoft con ricerca autonoma e Google Workspace integrato

Leggi l’annuncio ufficiale

Chiudete gli occhi e immaginate un assistente aziendale che non dorme mai, non prende ferie, non si lamenta della macchina del caffè rotta, e soprattutto: non perde mai una mail. È questo il sogno che Anthropic ha deciso di monetizzare. Oggi lancia due novità pesanti come mattoni nella vetrina già affollata dell’intelligenza artificiale aziendale: l’integrazione con Google Workspace e una nuova funzione di ricerca “agentica” che promette di cambiare le regole del gioco. O, per i più disillusi, di spostare l’asticella un po’ più in là nel far finta di sapere di cosa si parla.

Claude, il chatbot elegante e moralista di Anthropic, ora diventa più ficcanaso e più utile. Dopo aver chiesto il permesso, naturalmente. Si collega alla tua Gmail, ai documenti su Google Drive e al tuo Google Calendar. Risultato? Ti evita l’inferno quotidiano di cercare “quel PDF di tre mesi fa che conteneva forse il piano marketing”. Claude lo trova, te lo spiega, ti fa un riassunto e magari ti dice pure se sei in ritardo con le consegne. Questo lo trasforma da semplice chatbot a qualcosa di molto simile a un vice-assistente operativo, pronto a competere direttamente con Copilot di Microsoft e altri tentativi simili (spesso più promessi che mantenuti).

AMD produrrà chip CPU presso l’impianto TSMC in Arizona

​AMD ha annunciato che inizierà a produrre i suoi processori di quinta generazione EPYC, destinati ai data center, presso il nuovo impianto di Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) in Arizona. Questa mossa segna la prima volta che i prodotti AMD saranno fabbricati negli Stati Uniti, riflettendo una tendenza più ampia di riportare la produzione di semiconduttori sul suolo americano, in risposta ai crescenti rischi legati al commercio e alle tariffe.

Il nuovo processore EPYC, nome in codice “Venice”, sarà il primo chip di calcolo ad alte prestazioni di AMD finalizzato per la produzione con la tecnologia avanzata a 2 nanometri di TSMC. Sebbene TSMC inizierà inizialmente la produzione di chip a 2 nm a Taiwan, gli sforzi di AMD indicano una pianificazione robusta per il futuro nella progettazione di chip avanzati.​

OpenAI e il suo social network, Il B2C, signori, non è solo il futuro è la macchina che vince sempre

OpenAI si sta buttando nell’arena più tossica, affollata e umanamente compromessa dell’intero universo tech: il social networking. Non stiamo parlando di un’estensione corporate da 4 slide su PowerPoint o di una funzionalità da developer preview, ma di un progetto vero, con tanto di feed visuale centrato sulla generazione di immagini di ChatGPT. La notizia è arrivata da The Verge, citando fonti interne che parlano di un prototipo già operativo.

Per ora siamo ancora in fase embrionale, ma il fatto stesso che OpenAI colosso dell’AI da 97 miliardi di valutazione e braccio operativo di Microsoft nella guerra per la dominance cognitiva dell’umanità stia anche solo valutando una piattaforma sociale, dice molto. Dice che il B2C, alla fine, vince sempre. Perché è lì che stanno gli occhi, i dati, le interazioni, le emozioni. È lì che si costruiscono le dipendenze. Ed è lì che l’AI vive e prospera.

Google photos e Gemini: l’intelligenza artificiale sa quando ti scade il passaporto e cosa hai mangiato in vacanza

La notizia è secca, quasi banale: Google sta integrando Photos con Gemini, il suo nuovo assistente AI. Ma attenzione: è solo per “un gruppo selezionato di utenti invitati”.

L’effetto è quello di una festa a cui non sei stato chiamato, ma dalla strada vedi tutto attraverso le finestre.La vera questione non è cosa fa, ma cosa promette di diventare.

L’integrazione, attualmente in rollout graduale su Android e iOS, permette a Gemini di accedere al tuo archivio fotografico e di rispondere a richieste del tipo “mostrami le foto con Mario al lago di Como” oppure “quando ho rinnovato il passaporto?” o ancora “che cavolo ho mangiato a Barcellona l’anno scorso?”.

Hugging Face mette le mani su Pollen Robotics: l’AI si fa carne e servo-meccanismi

La notizia, apparentemente innocua, ha il sapore di una mutazione darwiniana per il mondo dell’intelligenza artificiale. Hugging Face, la ben nota piattaforma da developer-nerd cool che distribuisce modelli AI open source come fossero caramelle alle fiere di settore, ha deciso di scendere dal cloud per toccare il metallo vivo.

Ha appena acquistato Pollen Robotics, startup francese con quartier generale a Bordeaux, produttrice del robot Reachy, una creatura da laboratorio dal prezzo di listino di 70.000 dollari, capace di prendere una mela o una tazza mica male per un golem 2.0 con ruote e braccia.La cifra dell’acquisizione?

Chatgpt 4.5 supera il test di Turing: benvenuti nel bluff perfetto dell’intelligenza artificiale

Se Alan Turing potesse vedere cosa è successo a San Diego, probabilmente alzerebbe un sopracciglio e accennerebbe un mezzo sorriso. Non perché le macchine abbiano finalmente conquistato l’umano, ma perché ci siamo lasciati fregare con una naturalezza che ha dell’artistico. L’Università della California ha recentemente condotto uno studio che ha mostrato come ChatGPT-4.5, il chiacchieratissimo modello di OpenAI rilasciato solo lo scorso febbraio, sia riuscito a superare una versione moderna del test di Turing nel 73% dei casi. Avete capito bene: in quasi tre conversazioni su quattro, la gente ha pensato che dietro allo schermo ci fosse un umano.

Il test, che richiede semplicemente a un giudice umano di distinguere tra una persona reale e una macchina basandosi esclusivamente sul dialogo, ha sancito che GPT-4.5 sa camuffarsi meglio di un PR in crisi reputazionale. Mentre altri modelli come LLama-3.1-405B o la storica e ormai patetica ELIZA annaspano, GPT-4.5 emerge come il nuovo Casanova digitale.

Apple reinventa la privacy: intelligenza artificiale migliore, dati personali intatti

Apple ci ha abituati a muoversi lentamente, a volte troppo lentamente, quando si tratta di intelligenza artificiale. Ma ora sembra che voglia recuperare terreno con una mossa che fa sembrare OpenAI e Google dei guardoni digitali. L’azienda di Cupertino ha annunciato, con il solito tono da “vi spieghiamo tutto ma non troppo”, un nuovo metodo per migliorare i propri modelli AI senza toccare, copiare o sbirciare i dati degli utenti. Sì, hai letto bene: nessun dato che varca il perimetro sacro del tuo iPhone o Mac.

In una mossa che sa tanto di “vedi mamma, niente mani”, Apple userà dei dataset sintetici, ovvero dati finti ma verosimili, per addestrare i suoi modelli. Come funzionerà? Il dispositivo confronterà questi dati sintetici con porzioni di email o messaggi reali, ma solo per chi ha deciso (volontariamente?) di aderire al programma Device Analytics. A quel punto, il sistema individua quale input finto somiglia di più al contenuto reale e invia ad Apple solo un segnale: niente testo, niente contenuti, solo l’informazione che dice “questo è il più simile”.

Xpeng scavalca Nvidia: la Cina mette il turbo ai chip per auto autonome

Il profumo di autonomia non è più solo una questione di chilometri: ora è una guerra di cervelli in silicio. E mentre Nvidia gioca ancora a fare il monopolista nel campionato occidentale dell’AI automobilistica, Xpeng – il costruttore di EV cinese che un tempo sembrava l’ennesimo clone con touchscreen – ha deciso di farsi il cervello in casa. E non un cervello qualsiasi, ma un chip chiamato Turing, che secondo il fondatore e CEO He Xiaopeng, batte l’onnipresente Drive Orin X di Nvidia di tre volte in potenza computazionale. Tre. Volte.

Il messaggio è chiaro: o si innova, o si muore. E in Cina, dove l’EV è religione di Stato e la guida autonoma è diventata il nuovo campo di battaglia per il predominio tecnologico, la sopravvivenza passa dalla verticalizzazione assoluta. La Turing chip non è solo una dimostrazione di forza, è un atto politico, un gesto di indipendenza strategica in un’epoca dove i semiconduttori sono le nuove armi nucleari del XXI secolo.

Antitrust in ritardo e disastri annunciati: quando il governo USA rincorre le Big Tech col fiatone

Se c’è un’immagine che descrive perfettamente il rapporto tra governo e Big Tech, è quella di un poliziotto che insegue un’auto sportiva… in triciclo. Non importa se ha ragione, arriverà comunque troppo tardi. È la fotografia sbiadita dei processi antitrust intentati dalla Federal Trade Commission contro colossi come Google e Meta. Processi che sembrano nati da fototessere di un’epoca passata, scolorite quanto inutili, e che pretendono di giudicare un mercato tecnologico con dinamiche mutate più velocemente di una story su Instagram.

Il caso contro Meta, sbarcato in tribunale a Washington, si basa sull’acquisizione di Instagram e WhatsApp, avvenute rispettivamente nel 2012 e nel 2014. Due ere geologiche fa, in scala digitale. All’epoca Instagram era poco più di una fotocamera con filtri carini, e WhatsApp un servizio di messaggistica senza modello di business. Oggi sono pilastri dell’impero Zuckerberg, ma accusarlo adesso per quelle mosse equivale a multare un’auto in sosta perché vent’anni fa ha superato il limite di velocità.

Grok sotto indagine in europa: il gioco pericoloso di Elon Musk con i dati degli utenti

L’Irlanda, terra di folletti, di San Patrizio e headquarters tech europei, ha deciso di non farsi incantare dalle magie di Elon Musk. Il suo nuovo giocattolo, Grok, l’intelligenza artificiale sviluppata da xAI, è ufficialmente sotto indagine da parte del Data Protection Commission (DPC) irlandese. E come sempre, non si parla di dettagli tecnici ma di privacy, la moneta più preziosa nell’economia dell’attenzione.

Il cuore della questione è la presunta violazione del GDPR, quel famigerato regolamento europeo che ogni CEO americano sembra conoscere solo per sentito dire, ma che puntualmente riesce a ignorare finché non arriva una sanzione milionaria. Secondo l’autorità irlandese, Grok sarebbe stato addestrato usando i post degli utenti europei su X, la piattaforma social ex-Twitter, di proprietà dello stesso Musk. Il problema? Quei dati potrebbero essere stati utilizzati senza un consenso esplicito e informato, come richiesto dalla normativa comunitaria. In altre parole: “Caro Elon, non puoi usare i nostri tweet per insegnare al tuo robottino a parlare, se prima non ci chiedi il permesso.”

Eric Schmidt serve più energia o più cervello?

A Washington si è celebrata l’ennesima seduta teatrale mascherata da audizione congressuale, dove il sipario si è alzato su un paradosso tutto americano: per dominare il futuro dell’intelligenza artificiale, bisogna consumare il passato dell’energia. Una corsa al primato tecnologico che brucia elettricità come se fosse carbone dell’Ottocento, mentre la questione climatica viene elegantemente ignorata come un cameriere troppo zelante a un gala di miliardari.

Eric Schmidt, ex CEO di Google e oggi nuovo profeta dell’IA sotto le vesti del suo think tank “Special Competitive Studies Project”, ha scodellato la nuova verità: “Abbiamo bisogno di energia in tutte le forme, rinnovabili o meno, subito e ovunque”. Una chiamata alle armi energetica che sa tanto di manifesto industriale più che di politica nazionale.

Durante l’audizione della Commissione Energia e Commercio della Camera, la parola d’ordine è stata una sola: “dominanza”. Dominanza sull’energia. Dominanza sull’IA. Dominanza sulla Cina. E se per raggiungerla bisogna mettere in pausa il pianeta, pazienza. Quattro ore di interventi bipartisan dove repubblicani e democratici si sono annusati e ignorati a turno, uniti da un’ansia esistenziale: perdere la corsa contro Pechino.

Nvidia porta l’intelligenza artificiale in USA: 500 miliardi per smarcarsi da Pechino e accarezzare Trump

L’amministrazione Trump ritratta sulla decisione di bloccare l’esportazione delle GPU Nvidia H20 HGX verso la Cina, a seguito di un incontro tra il CEO dell’azienda, Jensen Huang, e l’ex presidente americano. Durante una cena esclusiva presso il resort Mar-a-Lago, Huang avrebbe garantito ingenti investimenti nelle infrastrutture di intelligenza artificiale negli Stati Uniti, spingendo l’amministrazione a riconsiderare la propria posizione.

La Silicon Valley si trova ora alle porte di una rivoluzione senza precedenti, con Nvidia al centro della scena come leader indiscusso dei chip per l’AI. Con l’ombra di una potenziale guerra commerciale e le crescenti tensioni geopolitiche con la Cina, Nvidia ha scelto di puntare tutto sulla produzione domestica americana. Non si tratta di un semplice gesto simbolico, ma di un impegno concreto: Huang ha annunciato un investimento colossale di mezzo trilione di dollari per sviluppare infrastrutture Made in USA.

E non stiamo parlando di cavilli contabili o buyback travestiti da innovazione. Si tratta di un piano di industrializzazione da far tremare le vene ai polsi: un milione di metri quadrati tra Phoenix, Dallas e Houston dedicati a produrre chip Blackwell e supercomputer per alimentare la corsa globale all’AI. Questo non è reshoring, è un atto di guerra commerciale camuffato da patriotismo tecnologico. Il messaggio è chiaro: il futuro dell’AI si costruisce negli States. Il resto è rumore.

Alibaba svela il suo piano per dominare l’intelligenza artificiale nell’industria automobilistica, Nio, BMW e potenzialmente Tesla

Alibaba Group sta intensificando il suo impegno nel settore automobilistico con un piano che prevede l’integrazione di tecnologie di intelligenza artificiale (AI) nelle automobili, raggiungendo accordi significativi con alcuni dei principali attori globali, tra cui Nio, BMW e potenzialmente Tesla. La mossa arriva in un momento cruciale per la tecnologia cinese, che punta ad affermarsi come il fulcro dell’innovazione nel settore dell’auto intelligente. Ma ciò che potrebbe sembrare un semplice passo verso il futuro, nasconde sotto la superficie una strategia ben più profonda e ambiziosa. Vediamo come Alibaba sta pianificando di conquistare il mercato dell’auto intelligente, e perché potrebbe avere tutte le carte in regola per farlo.

Il futuro incerto di OpenAI: ex dipendenti si oppongono alla trasformazione in società a scopo di lucro

La lotta legale in corso tra Elon Musk e OpenAI sta assumendo contorni sempre più drammatici, con una nuova e rilevante memoria legale depositata da un gruppo di ex dipendenti dell’organizzazione. Questo gruppo di ex collaboratori, tra cui figure di spicco come Daniel Kokotajlo e William Saunders, ha espresso in modo chiaro e fermo il proprio disappunto riguardo ai cambiamenti strutturali proposti, che potrebbero trasformare radicalmente l’organizzazione da no-profit a un’entità a scopo di lucro.

Il cuore della questione ruota attorno alla missione originaria di OpenAI, creata con lo scopo di garantire che l’intelligenza artificiale avanzata fosse sviluppata a beneficio dell’umanità. Gli ex dipendenti, che hanno firmato una memoria a sostegno della causa intentata dal CEO di Tesla, sostengono che qualsiasi modifica radicale che vada a ridurre il controllo dell’entità no-profit comprometterebbe non solo la missione iniziale, ma anche la fiducia riposta da donatori, dipendenti e altre parti interessate. La critica che si leva contro la trasformazione in società a scopo di lucro si fonda sull’idea che tale scelta contraddirebbe i principi fondanti dell’organizzazione, violando l’impegno verso il bene comune e mettendo a rischio la credibilità stessa dell’azienda.

Meta assume ex consigliere di Trump e CEO di Stripe: perché no, il consiglio di amministrazione mancava proprio di “diversità”

Venerdì, in un audace tentativo di dimostrare che il concetto di “coerenza” è ormai obsoleto, Meta ha annunciato l’ingresso nel suo board di due personaggi dal curriculum perfettamente in linea con la sua missione di “connettere le persone”: Dina Powell McCormick, ex consigliera di Donald Trump e bancaria di alto livello, e Patrick Collison, CEO di Stripe, perché, si sa, quando pensi a “etica e responsabilità sociale”, Stripe è la prima cosa che ti viene in mente.

Mark Zuckerberg, con la solita faccia da poker, ha dichiarato: “Patrick e Dina portano un’esperienza unica nel supportare aziende e imprenditori” – sottintendendo: “Soprattutto quelli che pagano bene o hanno amici potenti”. McCormick, che oltre ad aver servito nell’amministrazione Trump ora gestisce i servizi clienti globali di BDT & MSD Partners, porterà sicuramente quella delicatezza diplomatica che mancava a Meta dopo le varie accuse di manipolazione politica.

Pagina 3 di 64

CC BY-NC-SA 4.0 DEED | Disclaimer Contenuti | Informativa Privacy | Informativa sui Cookie