Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Dubai AI Week 2025 impone il Chief AI Officer CAIO: quando l’intelligenza artificiale diventa il nuovo petrolio dell’economia digitale

Dubai non si accontenta di giocare in anticipo, lo fa dettando legge. L’ultima mossa? Un decreto che obbliga ogni autorità governativa a nominare un Chief AI Officer (CAIO). Non un suggerimento, non una raccomandazione, ma un diktat ben preciso: o ti digitalizzi o sei fuori. Non è solo una mossa audace, è un manifesto di intenti, una dichiarazione strategica che trasforma l’intelligenza artificiale nel cuore pulsante della sua politica economica.

Per chi non lo avesse ancora capito, il messaggio è chiaro: l’AI non è più un laboratorio per nerd col camice bianco, è diventata asset economico, vantaggio competitivo, e perché no soft power geopolitico. Mentre il resto del mondo discute ancora se regolamentare ChatGPT, Dubai istituzionalizza il CAIO, lo mette al tavolo dei grandi, lo arma di budget e gli affida la transizione digitale dell’intero sistema pubblico.

Anche le big tech cinesi scommettono sugli agenti AI connessi MCP: la nuova USB-C dell’intelligenza artificiale

Le grandi aziende tecnologiche cinesi stanno facendo a gara per colonizzare il nuovo Eldorado dell’intelligenza artificiale: il Model Context Protocol (MCP), lo standard aperto che promette di trasformare gli agenti AI da semplici chiacchieroni in sistemi autonomi connessi, operativi e capaci di interagire con il mondo reale, come se avessero finalmente trovato la loro porta USB-C per agganciarsi alla realtà. Il paragone non è casuale, visto che è proprio Ant Group a usare questa metafora per spiegare MCP.

In pratica, MCP consente agli agenti intelligenti – come il sempre più citato Manus sviluppato da Butterfly Effect – di collegarsi a servizi esterni, fonti dati e strumenti terzi. E non solo per recuperarne passivamente i contenuti, ma per agire in modo autonomo, creare flussi operativi, rispondere ai comandi naturali dell’utente, completare task e ricalibrarsi con feedback continui. Se fino a ieri l’AI generativa era un pappagallo di lusso, oggi comincia ad assomigliare a un assistente reale. Forse troppo.

Modelli Gemma 3 QAT: intelligenza artificiale all’avanguardia per le GPU consumer

Google ha recentemente annunciato l’introduzione dei modelli Gemma 3 ottimizzati con Quantization-Aware Training (QAT), una tecnologia che consente l’esecuzione di modelli AI avanzati su GPU consumer come la NVIDIA RTX 3090. Questa innovazione riduce significativamente i requisiti di memoria, mantenendo al contempo un’elevata qualità delle prestazioni.

Con l’ottimizzazione QAT, il modello Gemma 3 27B può ora essere eseguito localmente su una singola GPU desktop, come la NVIDIA RTX 3090 con 24 GB di VRAM. Allo stesso modo, il modello Gemma 3 12B è compatibile con GPU per laptop, come la NVIDIA RTX 4060 Laptop GPU con 8 GB di VRAM, portando capacità AI potenti anche su macchine portatili.

Questi modelli sono disponibili su piattaforme come Hugging Face, dove gli utenti possono accedere a diverse versioni ottimizzate di Gemma 3, tra cui il modello Gemma 3 27B IT QAT in formato int4.

La disponibilità di modelli AI avanzati su hardware consumer rappresenta un passo significativo verso la democratizzazione dell’accesso all’intelligenza artificiale, permettendo a sviluppatori e ricercatori di sperimentare e implementare soluzioni AI senza la necessità di infrastrutture costose.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare l’annuncio ufficiale di Google

Papa Gallery

Papa Francesco, il primo pontefice latinoamericano, è morto il 21 aprile 2025 all’età di 88 anni.

Nonostante i problemi di salute degli ultimi anni, la sua scomparsa ha colto il mondo di sorpresa. Solo il giorno prima, durante la Pasqua, Papa Francesco aveva percorso Piazza San Pietro a bordo della papamobile scoperta, salutando con affetto la folla in festa.

In 12 anni di pontificato, Jorge Mario Bergoglio ha conquistato i cuori di milioni di persone con il suo stile umile, la sua vicinanza ai poveri e il suo impegno per gli ultimi. Con gesti semplici e parole dirette, ha portato un vento di rinnovamento nella Chiesa, promuovendo un messaggio di misericordia, dialogo e giustizia sociale.

La sua morte lascia un vuoto profondo, non solo tra i cattolici, ma in tutto il mondo, che lo ricordava come un leader spirituale capace di unire e ispirare.

Requiescat in pace.

La Rivoluzione etica e tecnologica di Papa Francesco Bergoglio: un Pontefice tra tradizione e futuro

L’elezione di Jorge Mario Bergoglio al pontificato il 13 marzo 2013 ha rappresentato l’epilogo di un conclave intenso, carico di aspettative e sorprese. Secondo i resoconti degli scrutini, il cardinale argentino si affermò come figura di mediazione tra le opposte correnti: da un lato i sostenitori del riformista Angelo Scola, dall’altro i tradizionalisti vicini alla Curia. Al quarto scrutinio, Bergoglio raccolse 67 voti, sfiorando la soglia dei 77 richiesti, per poi raggiungere 85 preferenze al quinto scrutinio, superando il quorum dei due terzi. Questa elezione rifletteva l’esigenza di una guida in grado di combinare fermezza dottrinale e apertura verso le sfide del mondo contemporaneo, un tratto distintivo del suo intero pontificato.

La scomparsa di Papa Francesco Bergoglio segna la fine di un pontificato che ha ridefinito il rapporto tra fede ed etica. Primo Pontefice gesuita e proveniente dalle periferie del mondo, Bergoglio ha incarnato una figura di rottura, unendo umiltà francescana a una visione audace sull’innovazione.

È morto Papa Francesco

E’ morto Papa Francesco. Lo ha annunciato Sua Eminenza, il Card Farrell: “Carissimi fratelli e sorelle” le sue parole, “con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino”.

L’ascesa dei Bot Grigi: l’AI sta rallentando Internet

L’uso di programmi automatizzati per addestrare i modelli di intelligenza artificiale sta mettendo a dura prova la stabilità di internet. In un nuovo report della società di sicurezza informatica Barracuda Networks, gli esperti evidenziano l’ascesa dei ‘bot grigi’, software che circolano sul web per estrarre informazioni da siti e applicazioni anche per addestrare l’intelligenza artificiale generativa.

Cybercrime Inc.: l’AI al servizio delle gang digitali. Meno attori, più attacchi e tecniche più evolute

Nel secondo semestre del 2024, i cyberattacchi crescono del +28,3%, nonostante il calo delle gang attive. AI, phishing realistici e Malware-as-a-Service ridisegnano il panorama delle minacce globali. L’Italia resta un obiettivo strategico.

Black Mirror 7: Doom e l’intelligenza artificiale che non sa sparare

Sembra un episodio apocrifo di Black Mirror, ma è semplicemente la realtà: le AI più avanzate del mondo, quelle che promettono di rivoluzionare tutto, dalla medicina all’economia, non riescono a giocare a Doom. Non scherzo. GPT-4o, Claude Sonnet 3.7, Gemini 2.5 Pro… tutti col cervello da Nobel, ma con riflessi da bradipo ubriaco quando si trovano davanti ai demoni digitali dell’iconico sparatutto in prima persona.

Giovedì scorso, Alex Zhang, ricercatore in AI, ha presentato VideoGameBench, un benchmark pensato per mettere alla prova i modelli visivo-linguistici (VLM) su un terreno che li umilia: venti videogiochi storici, tra cui Warcraft II, Prince of Persia e Age of Empires. L’obiettivo? Capire se questi modelli riescono non solo a “vedere” e “descrivere” il gioco, ma anche a giocarlo con una parvenza di intelligenza.

OmiGPT, l’anti-Humane che sfida gli wearable AI da 89 dollari

Nel cimitero degli wearable AI, tra i resti del Humane AI Pin e il semi-congelato Rabbit R1, spunta un oggetto dalle dimensioni di un dollaro d’argento che non ha la minima intenzione di farsi notare per lo scintillio del marketing, ma per la sostanza. Si chiama OmiGPT, e la sua promessa è tanto modesta quanto potenzialmente devastante: un assistente ChatGPT al polso (o al collo) per meno di un centinaio di dollari.

Sì, hai letto bene. Mentre le Big Tech giocano alla “fantascienza per ricchi” con gadget da 699 dollari in su, una startup di San Francisco ha scelto la via spartana, realista e brutalmente ingegneristica. Dietro a questa creatura hi-tech c’è Nik Shevchenko, che non vuole venderti un sogno, ma qualcosa che userebbe lui stesso, se non altro per non doversi più portare appresso uno smartphone anche solo per salvare una conversazione.

Framepack e la vendetta dell’AI da salotto

Chi avrebbe mai detto che il futuro dei video generati dall’intelligenza artificiale avrebbe preso forma su un desktop da gaming? E invece eccoci qui: FramePack, la nuova architettura neurale firmata Lvmin Zhang (con la benedizione di Maneesh Agrawala da Stanford), è il perfetto esempio di quando la potenza di calcolo incontra l’intelligenza progettuale. Il risultato? Video AI da un minuto intero, di qualità notevole, sfornati su una GPU casalinga con appena 6GB di VRAM. Hai presente quelle workstation che sembravano necessarie per l’IA generativa? Dimenticale.

Il trucco non sta nella forza bruta, ma nell’ingegno algoritmico. FramePack reinterpreta la struttura della memoria nei modelli di diffusione video. Invece di accumulare informazioni temporali come un collezionista compulsivo di fotogrammi, li impacchetta in un contesto temporale a lunghezza fissa, ottimizzando il processo come un camionista zen che fa incastrare perfettamente i bagagli nel portabagagli. Questo riduce drasticamente il carico sulla GPU, permettendo di lavorare con modelli da 13 miliardi di parametri senza mandare in fumo la scheda video. Secondo gli autori, il costo computazionale è simile a quello della generazione di immagini statiche. E qui si sente già il tonfo delle vecchie soluzioni cloud, cadute rovinosamente dal loro piedistallo.

La maratona dei robot umanoidi in Cina: un’opportunità per guardare ai limiti della tecnologia

La maratona dei robot umanoidi, tenutasi a Pechino il 19 aprile 2025, ha messo in evidenza tanto l’innovazione quanto le sfide ancora da superare nella robotica cinese. Questo evento ha rappresentato il primo tentativo di un “mezzomarathon” con robot in competizione al fianco degli esseri umani, ma, come spesso accade con le tecnologie emergenti, non è stato privo di difficoltà. Dei 21 partecipanti robotici, solo sei sono riusciti a completare la corsa, e solo uno ha concluso sotto il tempo minimo di qualificazione stabilito dalla Chinese Athletic Association.

La maratona, lunga 21 km e tenutasi nel distretto di Yizhuang, ha visto una scena che ha evocato il primissimo Gran Premio automobilistico del 1894 a Parigi, quando le automobili erano ancora un sogno rispetto ai carri trainati dai cavalli. Il parallelo con le prime gare automobilistiche è inevitabile, poiché anche in questo caso il futuro della mobilità era ancora in fase di definizione, nonostante la visione ambiziosa di chi, come la Cina, vuole essere all’avanguardia nel campo della robotica umanoide. La partecipazione di robot alla gara è stata vista come una vetrina della crescente potenza della Cina in questo settore, che compete direttamente con colossi come Boston Dynamics e Tesla, che sta sviluppando il robot umanoide Optimus.

Ricerca e innovazione: l’Italia rafforza i legami con l’India per le sfide globali

La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, e il ministro della Scienza e della Tecnologia della Repubblica dell’India, Jitendra Singh, hanno firmato un Memorandum of Understanding per rafforzare la cooperazione bilaterale nel campo della ricerca scientifica e tecnologica tra i due Paesi.

AI low cost e licenziamenti high speed: il capitalismo si rifà il trucco col volto della macchina

Nel silenzio rotto solo dal suono dei tasti e dai grafici di produttività, un nuovo paradigma si consolida nel cuore pulsante della corporate economy globale: l’intelligenza artificiale non è più una tecnologia da laboratorio, è una manodopera da trincea. E soprattutto, è una manodopera che non sciopera, non chiede ferie, non si ammala e non organizza sindacati. Da PayPal a EY, passando per Meta, Pinterest e l’intera Silicon Valley, si assiste a una mutazione darwiniana dove il lavoratore umano è una specie in via d’estinzione, rimpiazzata da algoritmi affamati di dati e GPU a 5 cifre.

Trump e l’economia del disincanto: la luna di miele è finita, il conto arriva ora

La narrativa trionfale che ha accompagnato la rielezione di Donald Trump si sta sbriciolando sotto il peso delle aspettative mancate. L’ultimo sondaggio economico nazionale CNBC All-America fotografa un Paese più cupo, deluso e (cosa ancora più letale in politica) impaziente. Il consenso economico nei confronti del presidente ha toccato i livelli più bassi del suo secondo mandato, segnando un’inversione di rotta drammatica rispetto all’impennata di ottimismo che aveva accompagnato la sua riconferma. Con un approvazione economica al 43% e un netto 55% di disapprovazione, Trump entra ufficialmente nella zona rossa della fiducia pubblica, per la prima volta anche sul tema economico, da sempre il suo cavallo di battaglia.

Il dato più preoccupante per la Casa Bianca non è tanto la resistenza della base repubblicana, che regge, quanto la frattura profonda con gli indipendenti e l’ostilità feroce dei democratici. Tra questi ultimi, la disapprovazione netta sulle politiche economiche di Trump ha raggiunto il -90, un abisso politico mai visto nemmeno durante il primo mandato. E anche tra i lavoratori blue collar, una delle colonne portanti del trionfo trumpiano del 2024, il supporto mostra crepe evidenti: sì, ancora positivi nel complesso, ma con una crescita di 14 punti nei tassi di disapprovazione rispetto alla media del primo mandato. Il tempo della gratitudine è finito, ora si pretende il dividendo.

La Cina insegna l’AI ai bambini di sei anni: rivoluzione educativa o distopia travestita da progresso?

Col termine “Zhuazhou” (抓周)si indica una cerimonia tradizionale cinese che si tiene il giorno del primo compleanno per celebrare la crescita dei bimbi e augurargli tanta prosperità. Da quest’autunno al compimento del 6 anno, i bambini di Pechino inizieranno il loro percorso scolastico con qualcosa di più del solito abbecedario: l’intelligenza artificiale. E no, non si tratta di semplici giochini educativi per stimolare la mente, ma di un curriculum vero e proprio che comprende l’uso di chatbot, le basi dell’etica dell’AI, e l’impatto sociale delle tecnologie emergenti. In pratica, mentre in Europa ci si scanna ancora sul divieto dei cellulari in classe, la Cina sta insegnando a bambini delle elementari come interagire consapevolmente con ChatGPT.

Black Mirror 7: le tecnologie dietro gli incubi, già in fase di sviluppo nei vostri laboratori preferiti

Mentre gli spettatori meno attrezzati emotivamente si struggono per le sorti dei protagonisti, tra abbracci digitali e intelligenze artificiali con più empatia di uno psicoterapeuta abilitato, i veri appassionati — quelli col badge da sviluppatore e il cronogramma di release di OpenAI stampato sopra la scrivania sanno benissimo che il cuore della settima stagione di Black Mirror non è la distopia. È la roadmap.

Charlie Brooker non inventa il futuro. Lo interpreta sei mesi prima che qualcuno lo carichi su GitHub. Ogni episodio di questa nuova stagione è una riflessione, neanche troppo velata, su tecnologie già esistenti, alcune delle quali in fase di testing in laboratori pubblici e privati. Di seguito, un’analisi giornalistica dettagliata, senza fronzoli narrativi e con lo sguardo cinico di chi sa che la distopia è un business scalabile.

AI Continent Action Plan, Capitolo II Europa continente dell’intelligenza artificiale o continente delle burocrazie?

L’ultima trovata della Commissione Europea si chiama AI Continent Action Plan e, se la retorica dovesse corrispondere alla realtà, ci troveremmo già nel pieno della seconda rivoluzione industriale digitale, made in Europe. Henna Virkkunen, eurodeputata finlandese e voce tra le più entusiaste, ha dichiarato che “L’intelligenza artificiale è il cuore della competitività, della sicurezza e della sovranità tecnologica dell’Europa.” Fa effetto, certo. Ma l’entusiasmo istituzionale è spesso inversamente proporzionale all’esecuzione pratica delle politiche UE.

Il piano, presentato il 9 aprile 2025, mira a cavalcare l’ondata AI per trasformare un’Unione lenta, divisa e normativamente labirintica in un “leader globale” nel settore. L’ambizione è tanta, ma la realtà è, come sempre, più intricata. La Commissione tenta di poggiare il suo piano su cinque pilastri: infrastrutture computazionali, accesso a dati di qualità, sviluppo di algoritmi e adozione strategica, formazione di talenti e guarda un po’ semplificazione normativa.

L’Europa si prepara a combattere il cyberattacco con la sua armatura legale: strategia EU, NIS2 e Cyber Resilience Act in azione

Se c’è un settore dove l’Europa ha storicamente arrancato — tra proclami vaghi e mille “strategia comuni” mai implementate — è proprio la cybersicurezza. Troppa frammentazione, troppe gelosie nazionali, troppi piani che si fermavano alla slide. Ma nel 2023 qualcosa è cambiato. E stavolta non si tratta solo di un fondo da annunciare a Davos.

Parliamo di 27 Centri Nazionali di Coordinamento per la Cybersicurezza, uno per ogni Stato Membro UE. Non centri “di facciata” piazzati in qualche capoluogo per dare una carezza alla politica locale, ma strutture operative, tecniche, integrate in una rete continentale che punta a un obiettivo tanto ambizioso quanto necessario: la difesa digitale coordinata e distribuita.

Digital Europe Programme L’Europa digitale che non esiste ancora ma su cui stiamo mettendo miliardi

Il Digital Europe Programme, come lo chiama Bruxelles in uno slancio di creatività anglofona, è l’ennesima colata di miliardi che l’Unione Europea decide di investire per scrollarsi di dosso l’etichetta di vecchia zia lenta della trasformazione digitale. È stato pensato per rendere l’Europa meno dipendente dai cugini americani (Big Tech) e meno vulnerabile alle grinfie digitali di chi, come la Russia, ha capito prima e meglio come si combattono le guerre anche nei cavi di rete.

Parliamo di un pacchetto da oltre 8,1 miliardi di euro, già stanziati all’interno del bilancio pluriennale 2021-2027. Roba seria, in teoria. In pratica, stiamo cercando di correre dietro a un treno che è già passato. Il programma si concentra su cinque aree strategiche: supercalcolo, intelligenza artificiale, cybersicurezza, competenze digitali avanzate e diffusione massiva delle tecnologie digitali, anche e soprattutto tra le PMI e le pubbliche amministrazioni. Esattamente quei settori dove l’Europa ha sempre balbettato tra mille progetti pilota e piani strategici con acronimi inquietanti.

Key Figures. / The DIGITAL Dashboard / Programme in a Nutshell

Hero Esports rilancia l’intelligenza artificiale: il vero gioco ora è scalare il mondo

Se pensavate che l’eSport fosse solo un passatempo per adolescenti nerd con troppo tempo libero, preparatevi a rivedere i vostri pregiudizi. Hero Esports, colosso cinese del gaming competitivo sostenuto dalla colossale ombra finanziaria di Tencent Holdings e dal muscoloso capitale saudita del fondo Savvy Games Group, ha appena deciso che l’unico modo per vincere davvero è giocare d’anticipo. E lo fa con l’arma più potente del momento: l’intelligenza artificiale.

Lo ha detto chiaramente Danny Tang, co-fondatrice e CEO di Hero Esports, in un’intervista che più che una dichiarazione strategica sembra un manifesto per la conquista dell’intera industria: “Stiamo testando diversi modelli di AI, incluso DeepSeek, in ogni area del business”. Tradotto: dal controllo qualità alla produzione dei contenuti, dall’analisi legale fino al modo in cui si muove la camera durante un torneo di PUBG (PlayerUnknown’s Battlegrounds Videogioco), tutto viene analizzato, ottimizzato, reinventato dalla macchina.

Alibaba Damo Panda vuole diagnosticarti il cancro prima ancora che tu stia male

La notizia ha un suono familiare, ma stavolta c’è una sfumatura inedita: la Food and Drug Administration americana ha appena concesso la designazione di “breakthrough device” al modello AI per la diagnosi del cancro sviluppato da Alibaba, noto come Damo Panda. E no, non è uno scherzo: un colosso tecnologico cinese, spesso sotto tiro per questioni geopolitiche e cybersicurezza, ottiene un timbro di eccellenza da parte dell’ente regolatore sanitario più influente al mondo. Questo, più che un’apertura, sa tanto di resa strategica: l’intelligenza artificiale, ormai, parla mandarino anche nel cuore del biomedicale USA.

Damo Panda è un modello deep learning pensato per scovare il cancro al pancreas nelle sue fasi iniziali, quelle che i radiologi umani spesso si perdono, soprattutto se il paziente non ha ancora sintomi. Lo fa elaborando immagini da TAC addominali non contrastografiche, una sfida clinica e computazionale niente male. Allenato su una base dati di oltre tremila pazienti oncologici, Panda ha dimostrato di battere i radiologi in sensibilità diagnostica del 34,1%. E non stiamo parlando di un benchmark simulato: in Cina ha già operato su 40.000 casi reali presso l’ospedale di Ningbo, individuando sei tumori pancreatici in fase precoce, di cui due erano sfuggiti completamente alle analisi umane. Un colpo basso alla medicina difensiva e ai cultori della seconda opinione.

Robot da maratona e sovranità tech: la Cina accelera verso un’era Android per umanoidi

Se mai avevate bisogno di una prova che il futuro non arriverà su ruote, ma su due gambe artificiali, la mezza maratona di Pechino dedicata ai robot umanoidi dovrebbe bastare. Il Tien Kung Ultra, un androide alto 180 cm e pesante 55 kg, ha completato i 21 km in circa 2 ore e 40 minuti, conquistando non solo il primo posto nella corsa, ma anche l’attenzione del mondo. Dietro questa impresa si muove un’ambizione più grande di una semplice vittoria sportiva: diventare l’Android degli umanoidi, l’ossatura software open source sulla quale far camminare e correre la futura intelligenza artificiale incarnata.

La fame energetica dell’Intelligenza Artificiale tra boom dei Data Center e rinascita del nucleare

L’intelligenza artificiale non solo macina dati, ma anche chilowattora. A confermarlo è l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), che nel suo primo rapporto dedicato al rapporto tra AI ed energia, lancia l’allarme: entro il 2030 i data center consumeranno più elettricità dell’intero Giappone, toccando i 945 TWh. Una cifra che evidenzia come l’espansione dell’AI, oltre a rivoluzionare business e processi, stia mettendo a dura prova le infrastrutture energetiche globali.

OpenAI vuole la tua carta d’identità: benvenuti nell’era del LLM KYC

 AMLKYC e KYB compliance

OpenAI ha annunciato che d’ora in poi le organizzazioni che vogliono accedere ai suoi modelli più avanzati dovranno passare per un processo di verifica d’identità. Non si parla di una banale registrazione con email aziendale: si entra nel regno del riconoscimento facciale e del documento ufficiale rilasciato dal governo. Sì, quello con la foto brutta.

Perché? Perché OpenAI, come ogni buon colosso tecnologico che ha finalmente capito che i giocattoli che ha messo al mondo possono essere usati non solo per creare poesie d’amore per gatti, ma anche per scenari meno Disney, ha deciso di mettere le mani avanti. O, meglio, di mettere un bel tornello all’ingresso.

Meno scraping, più sharing: la nuova mossa di Wikipedia per l’AI

Con un colpo di scena in stile open-source, la Wikimedia Foundation ha deciso di affrontare di petto uno dei problemi più spinosi dell’era AI: il sovrasfruttamento dei contenuti da parte degli scraper automatizzati. Lo fa non chiudendo, ma aprendo meglio: nasce così un dataset pensato appositamente per l’addestramento dei modelli di intelligenza artificiale.

Il declino dell’ingegneria del prompt e l’ascesa dell’intelligenza agentica

Nel 2023 ci siamo ubriacati con il concetto di prompt engineering, quella pratica un po’ feticista di incartare un modello LLM come se fosse una caramella magica, sperando che un prompt ben costruito potesse trasformare un pappagallo probabilistico in una creatura senziente e autonoma. Il 2024 ha visto i primi sobbalzi di coscienza. Ma è nel 2025 che si consuma il passaggio di fase: da artigiani della parola a veri AI system architects.

L’intelligenza agentica non è un’estensione del prompt, ma un cambio di paradigma. Un salto da una UI testuale a un runtime cognitivo. Chi continua a insistere sul wrapping dei prompt dimostra di non aver capito il punto. Un agente non è una sequenza di istruzioni ma un organismo computazionale capace di percepire, pianificare, agire e apprendere.

La fragile strategia di OpenAI: il nuovo Preparedness Framework è più marketing che rigore

Nel mondo dell’intelligenza artificiale, dove la corsa all’hype è più serrata di quella alle misure di sicurezza, OpenAI ha recentemente aggiornato il suo Preparedness Framework. Un’iniziativa che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire che i rischi legati allo sviluppo e alla distribuzione dei loro modelli rimangano sotto un livello accettabile. Ma come ogni comunicato ben confezionato, anche questo odora più di mossa PR che di reale strategia di contenimento.

OpenAI ora utilizza cinque criteri per decidere quando una capacità dell’AI debba essere trattata con anticipo. Un sistema di valutazione che pare uscito da un manuale di risk management aziendale: se una capacità può causare danni seri, se questi sono misurabili, peggiori rispetto al passato, rapidi e irreversibili, allora finisce sotto la lente. In teoria sembra sensato. Nella pratica, è una formula che lascia tutto all’interpretazione: chi decide cosa è “plausibile”? Chi misura il “significativamente peggiore”? Un framework che si presta troppo facilmente alla flessibilità narrativa del momento.

Regolo.ai, l’intelligenza artificiale che vuole liberarti a emissioni zero

Seeweb,Nel circo globale dell’intelligenza artificiale, dove le major tech americane si combattono a colpi di modelli chiusi, GPU affamate e NDA degne della CIA, ogni tanto spunta qualcuno che osa dire: “Ehi, e se facessimo le cose in modo aperto, sostenibile e soprattutto, europeo?”. Ecco, quel qualcuno si chiama Seeweb, e la risposta si chiama Regolo.ai.

Il 14 aprile 2025, senza troppa fanfara da palcoscenico ma con parecchia sostanza, Seeweb ha lanciato ufficialmente Regolo.ai: una piattaforma di inference AI pensata per sviluppatori veri, non per guru da keynote. Niente slogan vuoti, ma un’infrastruttura AI full-stack, pronta all’uso, basata su API leggere e modelli performanti. Il tutto cucinato in casa da un team che non ha bisogno di comprare hype a Wall Street, perché gioca in casa nel gruppo DHH, già quotato e ben radicato nell’ecosistema digitale europeo.

Qui non si parla di un altro “tool per la productivity” o di un “assistente AI personale” con nomi da astronave. Regolo.ai è una ferramenta digitale per sviluppatori: ti dà accesso a tutto il ciclo di vita del modello, dall’addestramento all’inferenza, senza dover perdere mesi a configurare GPU o a capire se il tuo provider americano ti sta leggendo i log.

McKinsey What is an AI agent? AI agents come chiave di sopravvivenza aziendale: non è più una scelta, è darwinismo digitale

McKinsey, lancia una provocazione che dovrebbe far saltare dalla sedia chiunque occupi una stanza con più di tre monitor: la domanda fondamentale non è se usare l’intelligenza artificiale, ma quanto velocemente sei capace di riscrivere la tua azienda per sopravvivere nel nuovo ordine algoritmico. Sì, perché l’ondata degli AI agents non è solo un’ulteriore moda tecnologica, ma un terremoto operativo e strategico che sta riscrivendo le regole del gioco. E non c’è tempo per i nostalgici.

Qui non si parla di chatbot simpatici o assistenti digitali che rispondono alle email. Stiamo entrando in un’era dove gli agenti AI diventano dirigenti silenziosi, capaci di prendere decisioni, ottimizzare processi, negoziare contratti e, soprattutto, agire in autonomia. La trasformazione non è incrementale. È strutturale. Quindi la vera domanda è: la tua azienda ha il fegato, il codice e la cultura per tenere il passo?

Microsoft ridisegna l’intelligenza artificiale con il primo LLM nativo a 1 bit: BitNet b1.58 2B4T, l’efficienza si mangia la potenza

Nel gioco di potere dei Large Language Model, dove fino a ieri vinceva chi aveva la rete neurale più gonfia e il datacenter più affamato, Microsoft cala un jolly cinico e sorprendentemente umile: BitNet b1.58 2B4T, il primo LLM nativo a 1 bit, che anziché urlare “più grande è meglio”, sussurra qualcosa di molto più inquietante per i rivali: “più piccolo può batterti comunque”. Con 2 miliardi di parametri — roba che una volta avremmo definito mid-size — questo modello è un capolavoro di ottimizzazione brutale. E sì, “nativo a 1 bit” significa esattamente quello che sembra: la rete usa solo -1, 0 e 1 per rappresentare i pesi.

Dietro c’è un’idea tanto banale quanto rivoluzionaria: se riesci a riscrivere le fondamenta stesse della matematica neurale senza distruggere le performance, puoi infilare l’intelligenza artificiale ovunque. Non più solo in GPU da 10.000 dollari, ma anche nel laptop aziendale del 2018, o nel frigorifero smart di domani mattina.

Google sotto assedio: la fine del monopolio pubblicitario è iniziata

La narrazione dell’onnipotente Google che domina il web inizia a sgretolarsi a colpi di sentenze. Un tribunale federale della Virginia ha inferto un colpo chirurgico al cuore dell’impero pubblicitario di Mountain View, stabilendo che la compagnia ha violato la legge antitrust “acquisendo e mantenendo volontariamente un potere monopolistico” nel settore delle tecnologie pubblicitarie. Non si tratta di una semplice multa o di una reprimenda retorica: è l’inizio di una potenziale disgregazione strutturale del modello di business che ha reso Google il gigante che conosciamo oggi.

OpenAI aggiorna i suoi modelli ma qualcosa non quadra: o3 e o4-mini più intelligenti, ma anche più bugiardi

Mentre OpenAI sgancia silenziosamente due nuovi modelli, o3 e o4-mini, accompagnati da un system card ufficiale degno di un audit militare, su Reddit e altri forum tecnici americani si sta scatenando un confronto acceso. Sotto il tappeto patinato dell’annuncio ufficiale si nasconde un contrasto quasi schizofrenico tra performance ingegneristiche eccellenti e una tendenza pericolosa alla hallucination, ovvero a inventare balle con una sicurezza inquietante.

Secondo quanto si legge nel documento ufficiale, i nuovi modelli della serie o di OpenAI rappresentano un balzo avanti nel ragionamento logico e nella capacità di interagire con strumenti esterni come il web browser, Python, e l’analisi di immagini. Ma proprio questo upgrade, che li rende apparentemente più sofisticati, è accompagnato da un peggioramento delle prestazioni in task real-world, meno strutturati e meno “accademici”. In altre parole, se gli chiedi di costruire un sistema distribuito, brillano. Ma se provi a fargli descrivere la dinamica di una protesta in Myanmar o a spiegare perché una policy aziendale sia fallita, si perdono come un junior developer al suo primo on-call.

Semiconduttori da record: Nvidia in vetta, ma la guerra commerciale incombe

Fatturato record per l’industria dei semiconduttori nel 2024: secondo gli ultimi dati diffusi da Gartner, il settore ha raggiunto i 655,9 miliardi di dollari a livello globale, segnando una crescita del 21% rispetto ai 542,1 miliardi del 2023. Un balzo trainato principalmente dall’esplosione della domanda legata alle infrastrutture per l’intelligenza artificiale, che sta ridisegnando le gerarchie di mercato tra i grandi colossi tecnologici.

AGENTIC Framework – il 2025 sarà l’anno in cui gli agenti autonomi prenderanno decisioni (al posto tuo)

Il 2024 è stato un luna park. Tutti a giocare con i LLMs come fossero l’ultima app mobile in beta: prompt su prompt, playgrounds pieni, demo fighette e zero responsabilità. Ma ora che il giocattolo ha mostrato i denti, il 2025 si candida a essere il momento della verità. Niente più sandbox, si parla di production-grade deployments. L’era degli agenti AI autonomi, che prendono decisioni e agiscono davvero. Senza babysitter. Senza rete.

Il problema? Ce ne sono troppi. E ognuno promette la luna.
LangGraph, CrewAI, AutoGen, Semantic Kernel, SmolAgents, AutoGPT, Google ADK, per citarne alcuni.
Sembra una lotteria. Ma non lo è. È una guerra silenziosa per dominare lo stack esecutivo dell’IA.

Panopticon AI: Google regala l’intelligenza artificiale agli studenti USA: carità strategica o cavallo di Troia accademico?

Quando un colosso come Google inizia a regalare qualcosa, è il momento di preoccuparsi. A partire da oggi, gli studenti universitari negli Stati Uniti possono accedere gratuitamente al piano Google One AI Premium, un servizio normalmente venduto a 20 dollari al mese, fino al 30 giugno 2026. Una mossa che suona tanto come beneficenza digitale, ma che odora pesantemente di colonizzazione dell’ambiente accademico.

Per aderire, basta iscriversi entro il 30 giugno 2025 usando un’email .edu, cioè l’equivalente tecnologico del lascia passare imperiale nel mondo universitario americano. Google, bontà sua, promette anche di avvisare via email prima della scadenza, così gli studenti potranno “cancellare in tempo”. L’intenzione dichiarata? Aiutare gli studenti a “studiare in modo più intelligente”. L’intenzione reale? Intrappolarli nel proprio ecosistema prima che imparino a leggere la concorrenza.

Intel: il gigante con i piedi d’argilla si affida a Lip-Bu Tan per smontarsi e provare a rinascere

Quando un colosso come Intel comincia a smettere di respirare innovazione e inizia a respirare burocrazia, è solo questione di tempo prima che qualcuno decida di tagliare via la carne morta. Ed ecco che Lip-Bu Tan, fresco di nomina a CEO, non perde tempo: prende in mano la scure e comincia a “piattire” l’organigramma come un vecchio ingegnere stanco delle chiacchiere in sala riunioni.

Nel giro di poche settimane dalla sua nomina, Tan ha mandato segnali forti. E non stiamo parlando di generici “intenti strategici” alla Harvard Business Review, ma di movimenti concreti. Via le strutture a cipolla, dentro un nuovo assetto in cui i pesi massimi del silicio gruppi storici come quello dei chip per data center, AI e personal computing risponderanno direttamente a lui. Un ritorno all’essenza: meno PowerPoint, più ingegneria.

Giorgia Meloni respinge la scelta “infantile” tra Trump e l’Europa, la strategia di Trump per un accordo commerciale con l’Europa

Nel cuore della politica commerciale internazionale, Donald Trump ha rilasciato dichiarazioni che hanno suscitato l’attenzione di analisti e diplomatici. Durante un incontro con la Premier italiana Giorgia Meloni alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che ci sarebbe stato un “accordo commerciale al 100%” con l’Unione Europea. Questa dichiarazione, inaspettata rispetto alla retorica che Trump ha usato in passato contro l’Europa, ha sollevato interrogativi sulla sua strategia e sulle reali intenzioni dietro la minaccia di tariffe su acciaio, alluminio e auto. Un’affermazione che sembra essere il preludio a negoziati che potrebbero segnare una svolta nelle relazioni transatlantiche.

L’incontro tra Trump e Meloni non è solo un semplice scambio di battute politiche. Meloni, che ha costruito un rapporto di fiducia con il presidente americano, si trova nella difficile posizione di mediare tra gli interessi degli Stati Uniti e quelli dell’Unione Europea. La sua presenza a Washington aveva l’obiettivo di evitare l’escalation della guerra commerciale con l’Europa, in particolare cercando di evitare l’aumento delle tariffe imposte da Trump. Nonostante la retorica aggressiva, Trump ha parlato con un certo ottimismo: “Ci sarà un accordo commerciale, al 100%”, ha detto, indicando una volontà di raggiungere un’intesa con l’Europa, ma a condizioni che siano favorevoli agli Stati Uniti.

Trump valuta da mesi la rimozione di Powell: una mossa che potrebbe far crollare i mercati, secondo Warren

Donald Trump, nell’ombra e senza fanfare, starebbe da mesi vagliando l’idea di far fuori Jerome Powell, l’attuale presidente della Federal Reserve. Nessuna dichiarazione ufficiale, solo il classico gioco di sussurri e voci filtrate da ambienti “vicini ai fatti” la liturgia consolidata del potere quando vuole testare la temperatura dell’acqua senza sporcarsi le mani. Ma la temperatura, stavolta, rischia di bollire tutto.

L’ex presidente, che già in passato ha più volte criticato Powell per la sua gestione dei tassi d’interesse, ora sembra pronto ad affondare il colpo qualora tornasse alla Casa Bianca nel 2025. La sua antipatia nei confronti del numero uno della Fed non è una novità. Trump voleva tassi a zero, o meglio negativi, in pieno stile giapponese-decadente. Powell, invece, ha resistito – almeno quanto ha potuto –alla tentazione di trasformare la politica monetaria americana in un casino di Las Vegas. E questo, a Trump, non è mai andato giù.

Grok entra nella guerra della memoria: la rincorsa inutile all’illusione dell’IA che ti “conosce”fonte ufficiale

L’ultimo giocattolo annunciato da xAI – il progetto di Elon Musk, ovvero la sua personale crociata contro OpenAI, Google e tutto ciò che odora di AI mainstream – è l’introduzione della “memoria” su Grok, il suo chatbot integrato nell’ecosistema X (ex Twitter). Niente di nuovo sotto il sole, direbbe chiunque mastichi almeno superficialmente il mondo dei modelli linguistici. La memoria nei chatbot non è una novità, è una feature ormai standard: ChatGPT l’ha integrata già da tempo, Gemini lo stesso. Quello che cambia è il contesto: il solito Musk-style, dove ogni beta diventa evento, ogni update una rivoluzione annunciata, e ogni “coming soon” una campagna marketing camuffata da nota di rilascio.

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