Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Intel Foundry flop: la grande illusione della rinascita chip

Intel Foundry. Suona bene, vero? Sembra qualcosa di epico, industriale, solido. Ma come direbbe il barista sotto casa mia: “bella l’insegna, peccato che dentro vendono fumo”. Perché il gigante di Santa Clara, quello che dominava i microprocessori come un dio greco ubriaco di silicio, oggi arranca come un pachiderma con le ginocchia rotte nel tentativo disperato di diventare il TSMC d’Occidente. E no, la keyword principale non è “successo”, ma committed volume, o meglio, la sua totale irrilevanza.

David Zinsner, il CFO con lo sguardo fisso e il lessico da medico legale, l’ha detto chiaro a Boston durante la J.P. Morgan Global Technology Conference: i volumi confermati da clienti esterni per la futura tecnologia produttiva di Intel sono “non significativi”. Tradotto dal gergo da conferenza: non ci sta credendo nessuno. E sì, a livello semantico siamo immersi fino al collo nelle parole chiave: foundry model, chip AI, 18A node… Tutte belle etichette per un contenuto reale che al momento fa acqua da tutte le parti.

AlphaEvolve Google: l’IA che cambia le regole della matematica e della tecnologia

Google ha recentemente svelato AlphaEvolve, un agente AI destinato a rivoluzionare il mondo dell’informatica e della matematica, promettendo di ottimizzare algoritmi e scoprire soluzioni innovative. Alimentato dalla potente piattaforma Gemini, AlphaEvolve non si limita a essere un semplice strumento di calcolo, ma è progettato per identificare e migliorare le idee più promettenti nel campo della ricerca algoritmica. Non si tratta solo di un’altra IA “intelligente”, ma di un agente che potrebbe essere un vero e proprio spartiacque nelle tecnologie moderne, spaziando dalla progettazione di chip e data center all’ottimizzazione di processi complessi come l’addestramento delle intelligenze artificiali.

Da motore di ricerca a guru esistenziale: come le generazioni usano (male) ChatGPT

Se hai più di cinquant’anni, è probabile che tu stia usando ChatGPT come Google con la voce un po’ più gentile. Se invece sei un Gen Z con lo smartphone incollato alla faccia e lo zaino pieno di ansia esistenziale, potresti aver promosso l’IA al rango di terapeuta, project manager, mentore, life coach e, in alcuni casi patologici, fidanzato virtuale.

Sam Altman, CEO di OpenAI, ha recentemente sintetizzato così la spaccatura generazionale davanti all’intelligenza artificiale: i boomer lo trattano come un motore di ricerca potenziato, i millennial cercano conforto e consiglio, mentre Gen Z lo configura come un sistema operativo per la propria esistenza.

Quando ChatGPT ti dice dove tagliare il cervello

Sembra fantascienza, vero? Un’intelligenza artificiale, un chatbot, quel coso che di solito ti aiuta a scrivere email più educate o a capire cosa cucinare con due patate e mezzo limone, che invece si mette a indicare con sorprendente precisione dove aprire la scatola cranica per fermare un’epilessia farmaco-resistente. Non stiamo parlando di un gioco, ma di neurochirurgia: bisturi, cervello, e decisioni da cui dipende la qualità (o l’esistenza) della vita.

La parola chiave è epilessia. Un disturbo neurologico che non fa prigionieri: 70 milioni di persone nel mondo, 3,4 milioni solo negli USA. E circa un terzo di loro non risponde ai farmaci. Soluzione? Operare. Ma non si tratta certo di togliere una tonsilla: bisogna identificare con precisione la zona epilettogena (EZ), quel piccolo inferno cerebrale che scatena le crisi. Il problema? Trovarla è come giocare a Battleship al buio.

Nvidia, Trump e l’AI: il capitalismo del silicio fa il saluto romano

Nel far west dorato dell’intelligenza artificiale, la mossa più potente non la fa chi costruisce i chip, ma chi sa farsi amici i pistoleri giusti a Washington. E così, Nvidia che di questi tempi vale quanto l’intero PIL di uno Stato africano medio ha appena incassato il jackpot politico: gli Stati Uniti hanno ritirato in silenzio, senza nemmeno troppo clamore mediatico, quella fastidiosa “AI Diffusion Rule” che avrebbe limitato l’export dei chip AI più avanzati. Tradotto: semaforo verde a vendite ovunque, purché non si parli mandarino o russo.

Il cortocircuito della fiducia: perché l’Italia ha competenze, ma non ha mercato

Aspettiamo. Sempre. È una delle poche cose che in Italia sappiamo fare con una certa costanza. Aspettiamo che la tecnologia “si colleghi”, che la lettura “diventi meno ricercosa”, che qualcun altro abbia già comprato prima di noi. È un paese dove l’adozione è sempre in seconda battuta, mai per convinzione, sempre per imitazione. Così si uccide l’innovazione. Non con la censura, non con la repressione. Ma con l’attesa.

Il succo dell’intro di Antonio Baldassarra CEO SeeWeb e molto altro.. che mi ha aperto come sempre la mente al convegno: “I dati tra le nuvole” organizzato dal consorzio Italia Cloud all’evento sul Cloud Italiano promosso ovviamente dal Consorzio Italia Cloud , a Palazzo Ripetta oggi a Roma.

Il punto dolente non è la mancanza di competenze. È semmai il mancato assorbimento delle competenze. Le PMI italiane non sono ignoranti per mancanza di offerta, ma per assenza di domanda strutturale. Non cercano, non investono, non formano. Perché vivono in apnea, e tutto ciò che non è fatturabile entro il trimestre diventa automaticamente superfluo. La cultura del “fare” è stata sostituita dalla gestione del galleggiamento, dove ogni decisione è filtrata dalla paura.

Conferenza Nazionale sul Cloud Italiano “I DATI TRA LE NUVOLE

Nella suggestiva cornice di Palazzo Ripetta a Roma, oggi si è svolta la Conferenza Nazionale sul Cloud Italiano – I Dati tra le Nuvole. Un evento di grande rilevanza dedicato a Mercati, Competenze e Geopolitica, pensato per analizzare il ruolo strategico del Cloud nella trasformazione digitale dell’Italia.

Shenzhen punta sui semiconduttori: 5 miliardi per vincere la guerra tecnologica con gli Stati Uniti

Shenzhen, una delle metropoli tecnologiche più influenti della Cina, ha recentemente lanciato un fondo interamente dedicato al settore dei semiconduttori, con una dotazione iniziale di 5 miliardi di yuan (circa 692,5 milioni di dollari). Questo fondo, chiamato Saimi (pronunciato “semi”, come i semiconduttori stessi), è gestito dalla Shenzhen Capital Group, un’agenzia statale, ed è un chiaro segnale del tentativo della città di rafforzare l’autosufficienza tecnologica del paese, in un contesto geopolitico teso, soprattutto con gli Stati Uniti. Sembra che Shenzhen stia preparando una partita ad alto rischio, ma sicuramente non una battaglia impari.

DeepSeek e il rischio di affidarsi troppo alla “scienza” delle macchine

Il fascino dell’intelligenza artificiale (AI) nel settore medico è sempre stato forte. Non c’è da stupirsi, quindi, che una start-up come DeepSeek abbia rapidamente conquistato i riflettori, attirando l’attenzione di ospedali in tutta la Cina grazie alla sua proposta di modelli open-source economici e potenti. Entusiasti per l’opportunità di risparmiare costi e migliorare l’efficienza diagnostica, oltre 300 ospedali hanno già integrato i modelli di linguaggio avanzato di DeepSeek nelle loro pratiche quotidiane, alcuni dei quali sono già un punto di riferimento nell’uso di LLM (modelli di linguaggio di grandi dimensioni). Ma le cose sono davvero così semplici come sembrano? I ricercatori di Tsinghua Medicine sollevano dubbi inquietanti sulla sicurezza clinica e la privacy, suggerendo che la rapida adozione di DeepSeek potrebbe celare dei pericoli nascosti.

Il rischio di perdere la creatività: l’intelligenza artificiale tra potere e protezione dei diritti d’autore

We will lose an immense growth opportunity if we give our work away at the behest of a handful of powerful overseas tech companies, and with it our future income, the UK’s position as a creative powerhouse, and any hope that the technology of daily life will embody the values and laws of the United Kingdom.

Quando personalità di spicco come Paul McCartney, Elton John, Ian McKellen e Dua Lipa scendono in campo per una causa, non si tratta di una causa qualunque. Lo scorso mese, queste figure di spicco, insieme ad altri nomi di peso del settore creativo britannico, hanno sottoscritto una lettera aperta che non solo ha scosso il mondo della cultura e dell’intrattenimento, ma ha anche sollevato una questione delicatissima: quella dei diritti d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale. La questione è tanto semplice quanto esplosiva: le aziende che sviluppano IA dovrebbero essere obbligate a rivelare quali opere protette da copyright sono state utilizzate per addestrare i loro modelli?

Nvidia e il nuovo petrolio del Golfo: AI, geopolitica e l’arte di vendere chip a chi paga meglio

Nel 2025, l’oro nero ha cambiato forma: ora è fatto di silicio, transistor e interconnessioni neurali. E chi lo raffina non è più in Texas o in Siberia, ma a Santa Clara, California. Nvidia, il colosso dei chip AI, ha appena siglato un accordo da 18.000 unità GB300 Grace Blackwell con Humain, la startup saudita finanziata dal Public Investment Fund. Questi chip alimenteranno un data center da 500 megawatt, posizionando l’Arabia Saudita come nuovo hub dell’intelligenza artificiale nel Golfo.

Amazon investe 5 miliardi in Arabia Saudita per l’AI: tra geopolitica, cloud e illusioni di grandezza

Amazon Web Services (AWS) ha appena firmato un accordo con HUMAIN, la nuova creatura di Mohammed bin Salman, per investire oltre 5 miliardi di dollari nella creazione di una “AI Zone” in Arabia Saudita. Un progetto che promette infrastrutture di calcolo avanzate, reti UltraCluster, servizi come SageMaker, Bedrock e Amazon Q, e un marketplace unificato per agenti AI.

Copyrightpocalypse: come la guerra per l’AI sta cannibalizzando Washington

Elon Musk voleva mangiarsi la torta e farsela servire dal Congresso. Ma stavolta gli è rimasta di traverso. Il tentativo di prendere il controllo dell’Ufficio Copyright statunitense roba da nerd che scrivono documenti noiosi da 300 pagine che nessuno legge, ma che decidono il futuro dell’intelligenza artificiale si è trasformato in un boomerang politico, giuridico, e pure un po’ esistenziale. Una guerriglia tra oligarchi della Silicon Valley, populisti a caccia di vendette, e funzionari pubblici buttati giù dal treno in corsa senza biglietto di ritorno.

Manus ai spalanca le porte: l’elite degli agenti artificiali è ora alla portata di tutti

È finita l’epoca delle liste d’attesa e degli inviti esclusivi. Manus AI, la creatura semi-mitologica partorita da un gruppo di imprenditori cinesi in cerca di gloria e capitali americani, è finalmente accessibile a chiunque. Bastano una mail, una password e la voglia di giocare con qualcosa che promette di essere molto più di un chatbot con l’ego gonfiato. Un’agente AI generalista, capace di svolgere compiti complessi, con l’ambizione di diventare il nuovo standard nel settore emergente (ma già iperaffollato) degli agenti intelligenti.

Il potere nascosto dei piccoli modelli: Maestrale, l’LLM Italiano che scompiglia le carte

Ogni tanto, nel mondo iper-lubricato degli LLM, dove tutto sembra deciso da boardroom americane, arriva un vento diverso. Non parlo per caso di un “maestrale”, ma di Maestrale lo SLM (Small Language Model) fine-tuned italiano che sta mettendo in discussione molte certezze dell’AI globale.

Mentre tutti inseguono la scia dei GPT-4o e dei Claude 3 Opus, e i ranking di LLM Arena sembrano riflettere una gara a chi ha più GPU o budget marketing, in sordina Maestrale si è guadagnato uno dei podi nella versione italiana di LLM Arena. Sì, proprio lui, un modello da 7B parametri (Mistral7B), rimaneggiato da due italiani Mattia Ferraretto ed Edoardo Federici con una cura quasi artigianale.

E qui casca il palco.

Gemini everywhere: l’invasione silenziosa dell’AI Google, tra braccioli dell’auto, smartwatch e il televisore della nonna

Eric Arthur Blair creò Winston Smith e Julia, che in quella distopia erano costantemente soggiogati da programmi televisivi attivi 24 ore su 24. Nel ribellarsi, proprio Winston fu sottoposto a elettroshock, fino a piegare il suo pensiero.

conversazioni con S.Scrivani

Se pensavi che l’assistente vocale fosse quel giocattolino impacciato che ti sbaglia l’ultima parola ogni volta che chiedi “spegni le luci in salotto”, preparati: Google sta liberando Gemini, la sua intelligenza artificiale conversazionale, su ogni dispositivo con uno schermo e una connessione. E no, non per giocare a fare l’assistente vocale 2.0. Qui si parla di un’infiltrazione strategica nel tuo ecosistema digitale personale, dal divano al cruscotto, fino al polso e al metaverso di Samsung.

Non lo chiamano più Assistant, perché ormai siamo ben oltre. Il branding “Gemini” non è casuale: evocativo, mitologico, quasi mistico, perfetto per farci dimenticare che sotto c’è sempre lo stesso vecchio Google che ti mostrava banner pubblicitari per tre settimane dopo che avevi cercato “cerotto per calli”.

HealthBench: l’intelligenza artificiale medica si misura con 49 lingue e nuove sfide globali

OpenAI ha appena alzato il livello della sfida, portando il mondo dell’intelligenza artificiale medica verso un nuovo orizzonte con il lancio di HealthBench, un benchmark open source progettato per testare le capacità degli LLM (modelli linguistici di grandi dimensioni) nel rispondere a domande mediche. Ma non stiamo parlando di un generico set di dati o di un sistema che si limita a rispondere in modo aleatorio: HealthBench si distingue per un approccio sofisticato e mirato, con criteri medici rigorosi e la capacità di analizzare risposte in ben 49 lingue diverse. Questo non è solo un passo in avanti nel campo dell’AI, è una vera e propria rivoluzione nella valutazione della competenza medica delle AI, che rischia di cambiare per sempre il modo in cui interagiamo con le tecnologie sanitarie.

Ma chi sta davvero vincendo in questa partita? Gli LLM? O siamo solo spettatori di un gioco dove l’umanità si trova a fare da semplice comparsa? La risposta, ovviamente, non è semplice.

Europa che figura barbina

Un’altra volta ci siamo trovati nel mezzo dello scontro tra giganti, e no, non come protagonisti. Come comparsa malvestita sul set sbagliato. Mentre Stati Uniti e Cina giocano a Risiko commerciale lanciandosi tariffe come freccette ubriache al bar di fine serata, l’Europa resta ferma sullo sgabello a fissare il bicchiere vuoto, chiedendosi quando è successo che ha smesso di contare qualcosa.

Il punto non è che ci siano stati colloqui tra Washington e Pechino – quelli sono inevitabili, come i cerotti dopo le scazzottate. Il punto è come si sono chiusi. Gli USA, guidati dal solito Trump in modalità “Reality Show Diplomacy”, annunciano trionfi storici, tariffe dimezzate, vittorie strategiche. La Cina, dall’altra parte, non solo esce con un’economia più tutelata, ma soprattutto con un’immagine geopolitica rafforzata. E noi? Abbiamo commentato. Forse.

Jamie Lee Curtis contro l’AI di Meta: quando la verità si smonta a colpi di deepfake

Benvenuti nell’era dove l’intelligenza artificiale non solo crea, ma mente meglio degli umani. E non per arte, per soldi. Jamie Lee Curtis, attrice premio Oscar, si è trovata suo malgrado trasformata in testimonial fasulla di un prodotto sconosciuto, grazie a un deepfake costruito a partire da una sua vecchia intervista. Le hanno messo parole mai pronunciate in bocca, truccato l’espressione, e incollato un messaggio che non aveva mai approvato.

Un giorno sei l’icona del cinema horror, il giorno dopo l’avatar IA di una campagna pubblicitaria tarocca. E sì, stavolta Meta ci è cascata.

Sam Altman’s Kitchen Shaming

Sam Altman, il CEO di OpenAI, ha invitato i giornalisti del Financial Times a pranzo, probabilmente per discutere della sua visione per il futuro dell’intelligenza artificiale. Quello che non si aspettava, però, è che l’intervista si trasformasse in una sessione di kitchen-shaming senza precedenti. Sì, avete letto bene: la sua cucina, quella che avrebbe dovuto essere il rifugio culinario di un uomo che ha tutto, ma proprio tutto, dalla tecnologia al denaro, è finita sotto la lente di ingrandimento. E il risultato è tutt’altro che lodevole.

Alibaba accelera l’adozione globale dei modelli AI Qwen3 attraverso le piattaforme di sviluppo online

Alibaba ha deciso di aprire i suoi modelli AI Qwen3 a una serie di nuove piattaforme di linguaggio, un passo strategico che punta non solo a rafforzare la sua posizione sul mercato, ma a spingere anche l’adozione globale dei suoi modelli open-source. L’iniziativa è tanto interessante quanto provocatoria, poiché non si tratta solo di una semplice mossa commerciale, ma di un vero e proprio tentativo di fare il salto di qualità nella comunità open-source internazionale, dove Alibaba sta velocemente costruendo una leadership che non può essere ignorata.

Il ritorno del sottile: Galaxy S25 Edge e l’illusione della leggerezza intelligente

Samsung lo fa sottile. Di nuovo. Ma questa volta ci prova con la faccia seria, tirando fuori il Galaxy S25 Edge, una lama di silicio da 5,8 mm e 163 grammi, che vuole sembrare premium, elegante e – ovviamente – “AI-powered”. Il messaggio è chiaro: meno peso, più status. E una nuova generazione di consumatori (o meglio: utenti-appendice) da convincere che più sottile significhi più avanzato. E magari anche più intelligente.

La keyword qui è Galaxy S25 Edge, naturalmente. Ma i veri protagonisti sono due concetti usati e abusati: leggerezza e intelligenza artificiale. Due concetti che, nel mercato smartphone 2025, sembrano diventati sinonimi di innovazione, ma che rischiano di essere solo un modo più elegante per dire “abbiamo finito le idee”.

La tua faccia ti sta tradendo: FaceAge l’AI può dire quanto vivrai, meglio del tuo oncologo

Mettiti comodo, apri la fotocamera, sorridi… e preparati a sapere se morirai prima del previsto. No, non è un nuovo filtro di TikTok, è FaceAge, l’ultima creatura partorita dai cervelli (e server) del Mass General Brigham. Un algoritmo che guarda una tua semplice selfie e ti sussurra all’orecchio non solo quanti anni sembri, ma quanti te ne restano. Spoiler: spesso meno di quanto pensi.

Non è fantascienza, è biologia computazionale servita con un bel contorno di machine learning. L’idea è elegante quanto brutale: il tuo volto non racconta solo l’età anagrafica, ma quella biologica. Cioè: quanto stai invecchiando davvero, dentro le tue cellule, i tuoi mitocondri, i tuoi telomeri stanchi. E già che ci siamo, dice anche se risponderai bene a un trattamento oncologico, o se faresti meglio a iniziare a sistemare le questioni in sospeso.

Quando la corsia si fa digitale: il primo ospedale al mondo gestito da agenti AI sfida la medicina tradizionale

Mentre l’Occidente ancora discute di etica, bias e approvazioni regolatorie, la Cina decide di saltare a piè pari la fase del dibattito e spalanca le porte alla medicina del futuro: è ufficiale, è operativo, ed è qualcosa che farà tremare più di un camice bianco. Stiamo parlando del primo ospedale al mondo completamente gestito da agenti intelligenti. Non un assistente virtuale, non un chatbot da centralino, ma un sistema chiuso, strutturato, interamente popolato da 42 medici AI capaci di diagnosticare, interagire, proporre piani di trattamento e presto anche conversare con i pazienti.

Addio Dr. House, benvenuto Dr. Bot.

Quando l’intelligenza si fa collettiva: la rivoluzione dei Sistemi Multi-Agente (MAS)

Il concetto di Sistemi Multi-Agente (MAS) è un tema che sta emergendo in maniera sempre più prominente nel panorama dell’intelligenza artificiale, spostando l’attenzione da un modello centralizzato a uno distribuito. Non si tratta più di un singolo modello AI che governa ogni aspetto, ma di una rete di agenti autonomi, ognuno con i propri obiettivi, capacità e modi di interazione, che insieme risolvono problemi complessi. Un po’ come quando, in un’azienda, diversi dipartimenti specializzati devono collaborare per raggiungere un risultato che nessuno potrebbe ottenere da solo. È il principio del lavoro di squadra applicato all’intelligenza artificiale.

Google punta su un’AI da Pinterest, ma con una marcia in più

Quando si parla di Google, non c’è mai da stupirsi: l’azienda ha la capacità di rivoluzionare tutto, sempre. L’ultimo rumor che circola riguarda la possibilità che Google stia sviluppando un agente software basato sull’intelligenza artificiale che potrebbe sembrare un incrocio tra la magia dell’AI e l’intuizione di Pinterest. Ma perché dovrebbe interessarci? Perché, come spesso accade con Google, non si tratta di un semplice tentativo di imitazione, ma di una mossa strategica che potrebbe riposizionare il gigante tecnologico nel futuro dei motori di ricerca e nell’ecosistema digitale.

Google I/O 2025: il circo dell’IA arriva allo Shoreline e non è più uno spettacolo, ma un assalto al futuro

Comincia il 20 maggio, sotto il sole accecante della California, l’evento annuale in cui Google smette di fingere di essere un motore di ricerca e si mostra per quello che è davvero: un’azienda che vuole colonizzare la tua giornata con intelligenze artificiali, API seduttive e sistemi operativi che ti leggono nel pensiero. Benvenuti al Google I/O 2025.

Gemma, l’AI da 150 milioni di download: il cavallo di Troia di Google per conquistare l’open-source

Google ha appena piazzato un colpo da maestro (o da illusionista, dipende da quanto sei cinico): i modelli Gemma, la loro linea di AI open-source “lightweight”, hanno superato i 150 milioni di download. Un numero che fa scena, attira le luci dei riflettori e fa impazzire le dashboard degli sviluppatori su Hugging Face, Kaggle, Colab e compagnia cantante. Ma prima di far partire la ola, respiriamo un attimo. Perché dietro il marketing ben oleato, c’è ben altro da dire.

Quando il segnale è rumore: l’illusione del progresso nei Large Language Models

In un mondo dove l’intelligenza artificiale si vende come miracolo al grammo, il paper “Limitations of GPT-4 for formal mathematics” pubblicato da OpenAI e ambientato nei laboratori aridi della matematica formale, arriva come un’aspra doccia scozzese su chi crede che stiamo per sostituire i matematici con dei transformer addestrati a suon di GPU e caffeina. L’oggetto? L’analisi chirurgica delle performance di GPT-4 nel regno della matematica formale, usando Lean, il sistema di proof assistant sviluppato per togliere il sonno a filosofi e informatici da tastiera.

Il nuovo linguaggio del denaro non è umano Transactional Structure Models: Stripe ha appena riscritto le regole con un transformer per le transazioni

Ne avevamo parlato appena 3gg fà. (in fondo all’articolo) ora dimentica GPT per un attimo. Qui non si parla di frasi o poesie, ma di milioni di transazioni finanziarie che scorrono ogni secondo nel sistema nervoso del capitalismo digitale. E invece di “parlare”, questa nuova bestia di AI pensa in numeri, modelli di comportamento, e sospetti algoritmici. Stripe ha appena svelato un modello foundation per i pagamenti, un transformer addestrato non su libri, ma su miliardi di movimenti di carte di credito. Sembra banale. Non lo è. È l’inizio di una rivoluzione silenziosa che farà sembrare la “AI generativa” una demo per bambini.

iPhone diventa vegano: apple usa l’intelligenza artificiale per “allungare” la batteria

In un mondo dove i telefoni hanno fotocamere da cinematografia, chip più potenti di quelli usati per andare sulla Luna e display così brillanti da illuminare un rave party, la batteria resta ancora la vecchia e noiosa palla al piede. Apple, con la solita teatralità da keynote californiano, ha deciso di affidare l’anima dell’iPhone a qualcosa di ancora più potente dei suoi chip M: l’intelligenza artificiale. Ma attenzione, non quella generativa da prompt da nerd, bensì una AI “di sistema”, silenziosa, predittiva, e maledettamente utile. In teoria.

Gemini AI gratis a 10.000 metri: il trucco (legale) per gabbare le compagnie aeree

C’è una nuova forma di pirateria digitale, e stavolta non c’entra nulla con torrent o streaming illegale. Si fa tutto in alta quota, dentro una cabina pressurizzata a 10.000 metri, armati solo di uno smartphone Android e un’idea tanto geniale quanto beffarda: accedere a Gemini AI gratis, senza Wi-Fi, sfruttando il protocollo RCS (Rich Communication Services) di Google Messages. Un colpo da maestro, condito da una punta di anarchia digitale.

La sostenibilità digitale non è un optional: è una strategia di potere

In un mondo dove la CO₂ vale più del petrolio, parlare di green computing non è più una favoletta per bambini cresciuti a TED Talk e Netflix. È geopolitica pura, è vantaggio competitivo, è sopravvivenza economica. E Seeweb lo ha capito — molto prima di tanti altri.

Dal 2005 questa azienda ha iniziato a monitorare le emissioni prodotte dai propri Data Center, ben prima che le multinazionali si facessero il lifting verde con paroloni vuoti e piani “net zero” spalmati su trent’anni. Loro, invece, hanno messo mano agli impianti, fatto scelte ingegneristiche solide, implementato tecnologie efficienti e stretto alleanze con fornitori capaci di pensare oltre il margine di profitto trimestrale. Il risultato? 233.502 chilogrammi di CO₂ eliminati dall’atmosfera in un solo anno. Non offsettati con piantine esotiche in Africa. Eliminati.

Huawei UBTech Robotics e i robot umanoidi: l’ultima arma per colonizzare la fabbrica e il salotto

Se ti stavi ancora chiedendo se i robot umanoidi avessero un futuro fuori dai laboratori e dai video virali su Weibo, Huawei ha appena risposto con un sorriso sornione e un assegno. L’alleanza tra Huawei Technologies e UBTech Robotics, annunciata in quel laboratorio geopolitico chiamato Shenzhen, non è solo un comunicato con foto in posa davanti a un banner in PowerPoint. È la dichiarazione di un’egemonia industriale programmata, dove le macchine non solo eseguono, ma pensano con le gambe.

Marketing predittivo, storytelling algoritmico e notizie progettate: l’era Idji Simo inizia con la dissolvenza del concetto di notizia

Idji Simo, la manager col pedigree da big tech (Facebook, Instacart, ora OpenAI), prende le redini delle “applicazioni” di OpenAI, in un passaggio tanto ordinato quanto sospetto. Lascia il consiglio di amministrazione dell’azienda nello stesso istante in cui ne assume un ruolo operativo cruciale. La notizia – se così possiamo ancora chiamarla – è stata confermata da un portavoce, che è come dire “niente da vedere, tutto sotto controllo”, mentre nel frattempo cambia il volto della governance di una delle entità più potenti e opache del tech moderno.

Klarna si pente dell’IA: dal licenziare 700 persone al riscoprire l’umano

Sapevamo che prima o poi sarebbe arrivato il contraccolpo. L’ubriacatura collettiva da intelligenza artificiale, quella che ha fatto brillare gli occhi a ogni CFO in cerca del Santo Graal del risparmio sui costi, sta mostrando le prime crepe. La notizia è di quelle che fanno rumore: Klarna, la fintech svedese campionessa del buy now, pay later, ha messo il freno. L’intelligenza artificiale, quella che avrebbe dovuto rivoluzionare il servizio clienti e rimpiazzare 700 persone con un chatbot, improvvisamente non basta più. Serve il vecchio, caro, caro nel senso di “stipendiato”, operatore umano.

Google paga 1,375 miliardi per la privacy: un bel risarcimento per una causa già persa

Quando si parla di privacy, Google non è certo estraneo a sollevare polveroni, ma stavolta il gigante della Silicon Valley ha dovuto fare i conti con la giustizia texana. Il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, ha annunciato che Google ha accettato di sborsare ben 1,375 miliardi di dollari per risolvere una causa che l’accusava di violare la privacy dei dati dei propri utenti. Una somma che fa sembrare “piccolo” l’importo che ha dovuto pagare Meta lo scorso luglio, in un caso simile riguardante il riconoscimento facciale.

Scacco al Re, ma con gli occhi a mandorla

Ogni volta che faccio una presentazione parto dalla AI timeline e ovviamente arrivo all 11 Maggio quando IBM’s Deep Blue ha sconfitto Garry Kasparov. quel giorno non fu solo una partita di scacchi. Fu il funerale ufficiale dell’arroganza umana nel regno dell’intelligenza strategica. Uno di quei momenti in cui anche il più incallito tecnofobo si rese conto che i circuiti, se ben nutriti di energia e calcoli, potevano battere un genio in carne, ossa e narcisismo. Ma mentre l’Occidente si autocelebrava per aver creato una macchina più intelligente dell’uomo, a Oriente, in silenzio, prendevano appunti.

Chrome ti legge le notifiche, ma per il tuo bene (forse)

Il mondo digitale, come ogni bar malfamato di Caracas, ha i suoi borseggiatori. Solo che qui non usano le mani, ma le notifiche. Quelle stesse notifiche che ti compaiono sullo smartphone alle tre di notte con promesse oscene di guadagni facili, antivirus miracolosi e principi nigeriani in cerca d’amore. Google ha deciso di affrontare questa fiera del click truffaldino con una mossa che sa di rivoluzione (ma con il solito retrogusto di controllo totale): Chrome su Android ora usa intelligenza artificiale on-device per analizzare le notifiche e sputtanare in tempo reale quelle truffaldine. Tutto questo, ovviamente, senza mandare nulla ai server centrali. Giurano.

iPhone di vetro curvo: la resurrezione di Apple o la sua ennesima distopia di lusso?

Apple 2027: vent’anni di iPhone, due decenni di rincorsa verso un’utopia hi-tech che sa sempre di déjà vu. L’ultima? Un “iPhone quasi interamente in vetro”, curvo, senza fori, senza bordi, senza più niente, se non l’ego di Cupertino riflesso su una superficie lucida. No, non è il concept di un designer sballato su Behance. È ciò che Bloomberg, tramite il solito Mark Gurman, ci spaccia come “vision futurista”, ma puzza già di vetro appannato.

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