Barack Obama, uno che sa ancora parlare come un Presidente e non come un algoritmo PR di Wall Street, ha sganciato la bomba durante un’intervista al Hamilton College. Nessuna diplomazia da manuale: “Un sacco di lavori spariranno”. Testuali parole. Ma non è solo un’espressione di preoccupazione post-presidenziale. È un monito reale, puntuale, persino disperato. L’Intelligenza Artificiale e non quella dei meme su ChatGPT che risponde educatamente ma quella che già sta fagocitando ruoli interi in aziende globali, è sul punto di mandare a casa milioni di persone. E non ci sarà cassa integrazione che tenga.
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Nel silenzio rotto solo dal suono dei tasti e dai grafici di produttività, un nuovo paradigma si consolida nel cuore pulsante della corporate economy globale: l’intelligenza artificiale non è più una tecnologia da laboratorio, è una manodopera da trincea. E soprattutto, è una manodopera che non sciopera, non chiede ferie, non si ammala e non organizza sindacati. Da PayPal a EY, passando per Meta, Pinterest e l’intera Silicon Valley, si assiste a una mutazione darwiniana dove il lavoratore umano è una specie in via d’estinzione, rimpiazzata da algoritmi affamati di dati e GPU a 5 cifre.

L’intelligenza artificiale rappresenta una delle più grandi opportunità – e sfide – per l’Europa nei prossimi decenni. A sottolinearlo è Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea (BCE), in un discorso pronunciato durante una conferenza sull’AI organizzata dalla BCE. Con un tono pragmatico ma determinato, Lagarde ha delineato un futuro in cui l’Europa non può permettersi di restare indietro, come accaduto con la rivoluzione digitale di Internet, evidenziando i profondi cambiamenti che l’intelligenza artificiale porterà in termini di produttività, lavoro e disuguaglianze sociali.

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Il Rapporto sul Futuro del Lavoro 2025, pubblicato dal World Economic Forum, offre una visione approfondita delle trasformazioni previste nel mercato del lavoro globale nei prossimi anni. Questo documento analizza come le tendenze macroeconomiche, tecnologiche e sociali influenzeranno l’occupazione e le competenze necessarie per affrontare le sfide future.

L’anno appena iniziato è il momento ideale per dare un primo sguardo alle sfide e alle opportunità che il mondo dell’HR sarà chiamato ad affrontare per gestire al meglio i collaboratori all’interno delle organizzazioni. Le previsioni per il 2025 delineano un panorama in cui le risorse umane e la formazione sarà sempre più influenzato dall’adozione di tecnologie avanzate e dalla crescente attenzione al benessere dei dipendenti. Secondo GoodHabitz, le aziende dovranno focalizzarsi su 6 tendenze chiave per rimanere competitive e promuovere un ambiente di lavoro positivo e produttivo, incoraggiando lo sviluppo personale e professionale dei dipendenti. Vediamole nel dettaglio.

Nel 2025, il mercato del lavoro nel settore IT e dell’Intelligenza Artificiale sarà caratterizzato da un’evoluzione rapida e continua. La crescente domanda di innovazione tecnologica e la necessità di rimanere competitivi spingeranno le aziende a cercare professionisti con competenze avanzate in vari linguaggi di programmazione. L’automazione, l’analisi dei dati, l’Internet of Things (IoT) e la cybersecurity saranno al centro delle strategie aziendali, richiedendo esperti in grado di sviluppare, implementare e mantenere soluzioni tecnologiche avanzate. In questo scenario, la capacità di adattarsi ai nuovi strumenti e tecnologie sarà essenziale per mantenere una carriera di successo.

L’Intelligenza Artificiale continuerà a dominare il panorama tecnologico anche nel 2025. L’espansione della sua adozione in settori come i servizi finanziari, la sanità, la produzione e la vendita al dettaglio sta alimentando una crescente domanda di professionisti in grado di combinare competenze tecniche specifiche con una profonda conoscenza dei vari settori industriali. Questo perché la capacità di integrare l’Intelligenza Artificiale nelle operazioni aziendali sarà un fattore determinante di successo nel prossimo anno.

A partire da oggi, 18 dicembre, la piattaforma SIISL, il Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa, inizialmente limitata ai beneficiari del Supporto per la formazione e il lavoro e dell’Assegno sociale e successivamente estesa da fine novembre ai percettori dell’indennità di disoccupazione, sarà aperta a tutti. Si tratta di un ufficio del lavoro virtuale, creato per far incontrare domanda e offerta di lavoro.

Il potenziale che le aziende possono raggiungere grazie a GenAI è praticamente illimitato, limitato solo dalla propria ambizione. Con il giusto impegno, l’Intelligenza Artificiale (AI) ha il potenziale di cambiare non solo il modo in cui le aziende creano nuovi prodotti, ma anche di trasformare modelli di business, mercati e persino la società stessa. Le lezioni apprese durante questo processo sono preziose per ogni CEO che desideri navigare con successo la nuova era dell’innovazione radicale.

Promuovere il benessere finanziario dei dipendenti e garantire la trasparenza retributiva sono due delle maggiori sfide che le aziende italiane devono affrontare oggi. Secondo un’indagine condotta da SD Worx, il 39% delle imprese italiane considera prioritario evitare lo stress finanziario dei dipendenti, mentre il 34% ritiene cruciale migliorare la trasparenza retributiva. In questo contesto, l’Intelligenza Artificiale può giocare un ruolo fondamentale nell’aiutare le aziende a raggiungere questi obiettivi, migliorando la trasparenza e favorendo la retention dei talenti, senza trascurare le problematiche legate alla privacy.

L’introduzione degli avatar AI nel mondo delle risorse umane sta rapidamente trasformando la modalità con cui le aziende selezionano e valutano i candidati. Secondo un recente studio condotto da Tidio, un’azienda specializzata in software per il servizio clienti, l’85% dei recruiter considera l’intelligenza artificiale come uno strumento utile per sostituire alcune fasi del processo di assunzione. Tuttavia, con il crescente utilizzo di questi avatar digitali, emergono anche nuovi interrogativi sulla reale efficacia dell’AI nel prevedere il potenziale dei candidati e sull’integrità del processo di assunzione.

Il tema della scelta tra intelligenza artificiale aperta e chiusa è di particolare rilevanza per le aziende che desiderano integrare l’IA nelle proprie operazioni, e tuttavia la risposta alla domanda su quale approccio sia “migliore” è tutto tranne che universale. Come molte scelte tecnologiche, la preferenza tra un sistema di IA open-source o uno proprietario dipende in modo determinante dal contesto aziendale, dagli obiettivi strategici e dalle risorse a disposizione.

Si è tenuta nei giorni scorsi a Roma la tavola rotonda – organizzata dalla Prof.ssa Tiziana Catarci e coordinata dalla Dott.ssa Daniela Carla’, con il supporto di SIpEIA e Noi Rete Donne – in occasione della quale si è discusso di come l’Intelligenza Artificiale influisca sul lavoro delle donne. In occasione dell’evento, che si è svolto nell’Aula Magna del Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale Antonio Ruberti, si sono poi analizzati i rischi e le opportunità dell’AI nel mercato del lavoro.

Entro il 2030 l’Intelligenza Artificiale trasformerà l’80% delle professioni e il combinato disposto della transizione green porterà, in parallelo, 30 milioni di posti di lavoro in più. Lo scenario che si delinea è quello di un futuro prossimo caratterizzato da un gap di competenze in un contesto in cui cinque generazioni lavoreranno insieme con esigenze e obiettivi diversi.
Su queste tematiche e sulle sfide correlate nel mondo del lavoro si confronteranno il prossimo 30 maggio a Milano i protagonisti della prima Annual Conference di ManpowerGroup Italia dal titolo ‘The Exchange – Disegniamo insieme il futuro del lavoro‘.

Dalla conoscenza dei trend di mercato tramite analisi predittive, al decision making e all’automazione di attività e di processi di routine, fino ai servizi alle persone e all’ottimizzazione delle risorse: sono solo alcuni degli ambiti in cui
Ormai è noto come l’Intelligenza Artificiale possa trasformare i modelli di business delle imprese, dall’automazione delle attività e dei processi all’analisi predittiva, dai servizi alle persone all’ottimizzazione nella gestione delle risorse e molto altro ancora.

È ferma al 16% da dieci anni la presenza femminile nelle aziende del settore Ict in Italia, appena al di sotto della peraltro non invidiabile media europea del 17-18%. In un’epoca di transizione digitale e in un settore sempre più dinamico e attrattivo anche dal punto di vista delle retribuzioni le donne non riescono a sfondare la porta nelle aziende informatiche.