Intelligenza Artificiale, Innovazione e Trasformazione Digitale

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Interviste – (DEI) diversità, equità e inclusione – Impatti Sociali ed Etici – Futuro e Prospettive – Legislazione e Regolamentazione -Educazione e Formazione – Lavoro e Formzione

Quando una Startup Cinese mette in ginocchio la Silicon Valley (e il MAGA Ride)

Ma chi lo avrebbe mai detto? Una piccola startup cinese ha mandato in tilt l’intero settore tecnologico americano, e non con qualche trucchetto sporco, ma semplicemente costruendo un’intelligenza artificiale più efficiente e meno costosa.

DeepSeek ha rilasciato il suo modello R1, capace di competere con i mostri sacri americani a una frazione del costo. Risultato? Un bagno di sangue in borsa: Nvidia ha bruciato 600 miliardi di dollari di valore in un colpo solo. Per un attimo, sembrava di essere tornati al 2008, ma senza i banchieri di Wall Street da incolpare. Questa volta, il colpevole è un manipolo di programmatori cinesi che, a quanto pare, sanno fare di meglio con meno.

Stargate, SoftBank e la Scommessa di Son: Il Grande Rischio AI

Il pellegrinaggio verso la magione di Masayoshi Son a Tokyo. (50 Billion$) – Speciale un caffè al Bar dei Daini

Questa volta è stato Sam Altman a imbarcarsi in quell’estenuante volo di 11 ore da San Francisco, nella speranza di convincere il miliardario giapponese a iniettare qualche miliardo nella sua ultima fantasia da tech bro. E ha funzionato. SoftBank sta per prendersi la fetta più grande del rischio finanziario dietro Stargate, il mega progetto da 500 miliardi di dollari che promette di rivoluzionare i data center. Son ha promesso di investire circa 40 miliardi, forse divisi tra Stargate e OpenAI. Chiaramente, dettagli insignificanti.

Ma ecco la realtà: il progetto sarà pesantemente finanziato a debito, come sempre. E per far funzionare i numeri, Son dovrà mescolare il suo inossidabile ottimismo tecnologico con la solita finanza creativa. Peccato che i mercati non siano più quelli del 2021 e trovare creditori pronti a credere nell’ennesimo sogno tech potrebbe non essere così facile. Il rischio è enorme, ma per Son è l’ennesima chance di sedersi al tavolo che conta nell’AI, un’ossessione che lo perseguita da anni.

Il venture capitalist Marc Andreessen l’ha definito “il momento Sputnik dell’IA” e potrebbe avere ragione

Marc Andreessen ha recentemente definito (WSJ) il periodo che stiamo vivendo come “il momento Sputnik dell’IA”, un’affermazione che, a prima vista, potrebbe sembrare esagerata, ma che, se esaminata più a fondo, si svela come una descrizione sorprendentemente precisa del momento storico che stiamo attraversando.

L’analogia con lo Sputnik non è casuale. Quando il satellite sovietico fu lanciato nel 1957, il mondo occidentale, in particolare gli Stati Uniti, si ritrovò di fronte a un’invasione tecnologica che non aveva previsto e che li costrinse a reagire. Non era una questione di forza militare, ma di superiorità tecnologica che modificava l’equilibrio globale.

DeepSeek: La Sfida Cinese nell’Intelligenza Artificiale, Stargate e Nvdia, facciamo il punto al Bar dei Daini

L’intelligenza artificiale sta rapidamente emergendo come una delle sfide più complesse e interessanti del nostro tempo. Mentre le potenze occidentali, con in prima linea aziende come Nvidia, continuano a dominare il mercato globale delle tecnologie AI, la Cina sta avanzando con una serie di innovazioni strategiche. A fare da sfondo a questa corsa all’oro digitale, emergono non solo attori consolidati come Nvidia, ma anche realtà emergenti come Stargate, che stanno cercando di capitalizzare sul potenziale di un futuro dominato dall’IA.

L’intelligenza artificiale è diventata il terreno di scontro per le superpotenze tecnologiche mondiali, con il gigante asiatico che, grazie al supporto statale e a una strategia altamente mirata, si sta facendo strada nel panorama globale. Tuttavia, c’è un aspetto che rende questa sfida ancora più interessante: la crescente interconnessione tra diverse realtà, da Nvidia, con i suoi prodotti all’avanguardia, alla Cina, che sta investendo in modo aggressivo per soppiantare i leader del settore.

AI, Denaro e Test Matematici: La Triade infernale. I Test di OpenAI

Altro che Pinocchio! La recente rivelazione del modello o3 di OpenAI—che vanta risultati strabilianti nei benchmark e promette trionfi nell’ambito dell’intelligenza artificiale generale (AGI)—è stata una vera e propria spettacolarizzazione. Il mondo della tecnologia era in subbuglio, convinto che stavamo per varcare la soglia di qualcosa di rivoluzionario. Ma poi, come un colpo di scena mal scritto, la verità ha iniziato a emergere. Il modello o3 di OpenAI ha ottenuto un brillante 25,2% nel benchmark FrontierMath, un test matematico complesso sviluppato da Epoch AI. Impressionante? Certo. Ma qui arriva l’ironia: OpenAI non si è limitata a usare il test, l’ha anche contribuito a scriverlo, il dubbio era palese… e ne avevamo parlato piu’ volte.

La Rivoluzione di DeepSeek R1: L’Intelligenza Artificiale Cinese Sfida Silicon Valley e Rimescola le Carte

L’annuncio della cinese DeepSeek di questa settimana ha scosso le fondamenta della Silicon Valley, mettendo in crisi il predominio delle big tech americane. Il lancio del modello di linguaggio R1 non solo ha segnato un traguardo tecnico impressionante, ma ha anche messo in discussione la capacità delle aziende statunitensi di mantenere il loro vantaggio tecnologico nel settore dell’intelligenza artificiale.

DeepSeek, supportata esclusivamente dal fondo hedge High-Flyer, ha rilasciato lunedì uno studio dettagliato sul proprio modello R1, sottolineando come sia possibile costruire modelli avanzati con budget limitati, il modello esegue query a soli $ 0,14 per milione di token rispetto ai 
$ 7,50 di OpenAI  (-98%) e senza supervisione umana diretta. Questa rivelazione contrasta con l’approccio ad alto capitale che caratterizza le aziende americane come OpenAI, Meta e Anthropic, le quali hanno investito miliardi nello sviluppo di modelli di linguaggio.

L’Audace Visione di Awais Ahmed: Come un Giovane Fondatore Indiano Sta Rivoluzionando lo Spazio Commerciale con Pixxel

Pochi luoghi al mondo raccontano storie di audacia imprenditoriale con la stessa intensità dell’India. È un paese che sta emergendo come una delle principali forze globali nell’economia moderna, con innovatori capaci di trasformare sogni apparentemente impossibili in realtà concrete. Questa è la storia di Awais Ahmed, un visionario di soli 27 anni, il cui nome è ormai sinonimo di avanguardia tecnologica nello spazio commerciale. La sua startup, Pixxel, sta ridefinendo il ruolo dell’India nel settore spaziale, portando il paese a competere su scala globale con giganti internazionali.

Pixxel, con sede a Bangalore, è specializzata nella tecnologia di imaging satellitare iper-avanzata, progettata per monitorare e migliorare il nostro pianeta in modi mai immaginati prima. Con il sostegno finanziario di colossi come Google e Lightspeed Venture Partners, Ahmed ha costruito qualcosa che non è semplicemente una startup, ma una dichiarazione di intenti: l’India non è solo uno spettatore nel settore spaziale, è una protagonista.

Il Vento della Cripto Illusione?

Perché una rivista che si occupa di AI dovrebbe improvvisamente interessarsi al mondo delle criptovalute? Beh, forse perché entrambe, AI e cripto, condividono la stessa promessa fumosa: cambiare il mondo, o almeno farci credere di farlo, con una mano di vernice futuristica su vecchi dilemmi umani. La risposta è, come direbbe Bob Dylan, “soffia nel vento“. Ma in questo caso, il vento è carico del suono di monete digitali che tintinnano nel vuoto.

Parliamoci chiaro: l’industria delle criptovalute sta vivendo il suo momento di Les Misérables, ma al contrario. Non sono i poveri a cantare “Do You Hear the People Sing?”, ma un gruppo di miliardari in smoking che ballano al ritmo di un walzer regolatorio del tutto assente. Le criptovalute si presentano come un baluardo di prosperità futura, ma sotto la superficie ci sono le stesse dinamiche di un casinò di Las Vegas: luci abbaglianti, promesse di vincite rapide e quel sottile profumo di disperazione.

AI vs. AGI: La Rivoluzione della Cognizione Artificiale

Nel panorama dell’intelligenza artificiale, la distinzione tra AI (Artificial Intelligence) e AGI (Artificial General Intelligence) rappresenta un punto cardine per comprendere i progressi tecnologici attuali e futuri. Questa dicotomia richiama il concetto di “pensare veloce e lento”, elaborato dal premio Nobel Daniel Kahneman. I modelli di intelligenza artificiale attuali, come GPT-4/5, Mistral 7B o Llama-3, incarnano il “Sistema 1”: un’intelligenza rapida, reattiva e contestuale, eccellente nel rispondere parola per parola alle richieste degli utenti. Tuttavia, un AGI, il tanto ambito obiettivo dell’IA, rappresenta un salto concettuale e operativo verso un “Sistema 2” più complesso, riflessivo e adattivo.

Big Tech e democrazia: il dilemma della liberal-democrazia nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Lo scorso 23 gennaio, Antonio Polito ha pubblicato un articolo su Il Corriere della Sera che affronta una delle questioni più dibattute del nostro tempo: il ruolo delle grandi aziende tecnologiche, le cosiddette Big Tech, nel plasmare il futuro della democrazia liberale. Secondo Polito, colossi come Amazon, Apple, Meta, Google e TikTok hanno acquisito un potere senza precedenti, trasformando i cittadini in consumatori inconsapevoli e creando nuove forme di controllo sociale attraverso la profilazione dei dati e l’Intelligenza Artificiale.

TikTok: La Fuga degli Impiegati verso Meta e i rifugiati digitali

Il mondo TikTok sta cadendo a pezzi, o almeno così sembra. Mentre la piattaforma di video brevi lotta per la sua sopravvivenza negli Stati Uniti, un dettaglio curioso emerge: quasi il 10% degli ex dipendenti americani di TikTok ha deciso di fuggire verso Meta, quella stessa azienda che in pubblico finge di non temere la concorrenza della generazione Z, ma in privato si frega le mani accogliendo il talento rivale. Secondo l’analisi di Live Data Technologies, oltre 800 dipendenti americani di TikTok hanno abbandonato la nave solo da luglio a oggi.

Per aggiungere il sale alla ferita, TikTok registra un tasso di abbandono negli USA quasi doppio rispetto ai colossi come Meta, Apple, Amazon, Microsoft e Google. Come mai? Forse lavorare sotto l’ombra di una possibile chiusura governativa non è proprio un benefit aziendale apprezzato.

La Moderazione Democratizzata: Una Soluzione Olografica che Non Risolve Niente

La crescita vertiginosa della disinformazione, alimentata dai candidati politici americani e dai loro ammiccamenti alle teorie del complotto, ha messo sotto pressione le piattaforme sociali a pochi mesi dalle elezioni. Mentre la percezione che le aziende tecnologiche non stiano facendo nulla per arginare la marea di bugie e fake news cresce ogni giorno, alcune nuove soluzioni fanno capolino nell’orizzonte, in particolare una che potrebbe sembrare “la soluzione” ma che in realtà non lo è affatto. Parliamo, ovviamente, della “democratizzazione” della moderazione tramite fact-checking crowdsourced. Perché non affidare il controllo del nostro flusso di informazioni a chiunque abbia accesso a un dispositivo mobile? Chiaramente, la scelta più sensata.

Meta, fact-checking, Creatori e Intelligenza Artificiale: Quando le Community Notes Trasformano il Sogno in Paradosso

La transizione di Meta dal fact-checking tradizionale alle Community Notes è stata accolta con il classico mix di entusiasmo e scetticismo. Ma tra le discussioni sull’ennesimo cambio di direzione strategica, c’è una domanda che pesa come un elefante nella stanza: cosa accadrà alla visione utopica di Meta di “centinaia di milioni” di creatori di piccole imprese che usano gli strumenti di intelligenza artificiale generativa per creare contenuti “più selvaggi e creativi”?

Meta, sempre con la sua aura di tecnocratica benevolenza, sostiene che le Community Notes si applicheranno solo ai post organici, non agli annunci a pagamento. Ma attenzione: i post organici sponsorizzati, quelli che generano il pane quotidiano per i creatori e che sono il motore silenzioso di intere campagne di marketing su Meta e TikTok, non sembrano avere un trattamento altrettanto chiaro. Certo, il Wall Street Journal ci informa che Meta ha evitato di addentrarsi nei dettagli sui post non promossi di marchi e influencer, ma la vaghezza qui è quasi poetica.

L’Intelligenza Artificiale e il Cinema: la Controversia sulle Voci Modificate nei Film “The Brutalist” ed “Emilia Pérez”

Il mondo del cinema si trova al centro di un dibattito acceso sulla tecnologia e sull’autenticità artistica, a seguito dell’uso dell’intelligenza artificiale per modificare le voci degli attori in due film acclamati dalla critica, “The Brutalist” ed “Emilia Pérez”. Entrambi i film, premiati con il Golden Globe, hanno scatenato una riflessione profonda sull’etica dell’uso dell’AI nelle produzioni artistiche e sulle implicazioni che questa innovazione potrebbe avere nel panorama cinematografico.

“The Brutalist”, diretto da Brady Corbet e interpretato da Adrien Brody, Felicity Jones e Guy Pearce, racconta la storia di un architetto visionario che, dopo essere sfuggito all’Europa post-bellica, cerca di ricostruire la sua vita e la sua carriera negli Stati Uniti grazie al supporto di un influente industriale. Questo film, che esplora la resilienza umana e il potere trasformativo dell’arte e dell’architettura, ha attirato l’attenzione anche per l’uso controverso dell’intelligenza artificiale per manipolare le voci degli attori, al fine di raggiungere specifici effetti drammatici.

AI: L’Insaziabile Fossa delle Marianne del Capitalismo

Quando si parla di “abisso senza fondo”, di solito si pensa a una persona insicura o forse a un fan sfegatato di serie TV che non riesce a fermarsi. Ma oggi questa definizione calza a pennello per il mondo delle startup dell’intelligenza artificiale, una voragine infinita di bisogno di capitale. Al centro di questa epica corsa all’oro tecnologico c’è Anthropic, uno dei principali rivali di OpenAI, che – secondo il Financial Times – starebbe raccogliendo un altro miliardo di dollari da Google. Ma aspetta, non è finita qui: appena due settimane fa, The Information riportava che Anthropic stava già cercando altri 2 miliardi dagli investitori, e solo a novembre Amazon aveva pompato nel progetto la bellezza di 4 miliardi.

TikTok: Il Teatro dell’Assurdo tra Politica, Affari e Algoritmi, un caffè al BAR dei DAINI

È quasi surreale assistere all’ennesimo capitolo della saga TikTok, un mix di geopolitica, economia creativa e pura commedia teatrale. Ora il palcoscenico è il World Economic Forum a Davos, dove le dichiarazioni del CEO di General Atlantic, Bill Ford, su un possibile compromesso legale per salvare TikTok da un ban negli Stati Uniti, hanno acceso nuovi (e forse futili) dibattiti.

Ford, che è anche membro del consiglio di ByteDance, ha proposto un’idea piuttosto vaga: “Non credo che necessariamente debba significare una cessione”. Interessante, certo, ma che tradotto potrebbe suonare come un “Non abbiamo la minima idea di come risolvere questa cosa”. Intanto, il presidente Trump, durante una conferenza stampa che sembrava più uno show televisivo, ha ventilato l’idea che Elon Musk e Larry Ellison possano acquistare TikTok. Ellison, quasi come in uno sketch di Saturday Night Live, ha risposto: “Sembra un buon affare per me, signor presidente”. Nessuno dei due, naturalmente, ha dato il minimo segno di reale interesse, ma lo spettacolo è servito.

Sicurezza dell’IA: quando il paradosso dell’incompetenza cede il passo all’arte del contenimento

Negli ultimi anni, le aziende tecnologiche hanno venduto la sicurezza dei loro modelli di intelligenza artificiale con uno slogan tanto rassicurante quanto ingenuo: “Se non può fare danni, allora è sicuro”. Un mantra che ha funzionato finché le IA erano, francamente, un po’ stupide. Ma ora che i modelli stanno superando i benchmark più sfidanti come un velocista dopato alle Olimpiadi, quel mantra sta diventando obsoleto. Il settore si trova quindi a dover reinventare le proprie metriche di sicurezza, con un pizzico di panico e un sacco di confusione.

Fino ad oggi, la sicurezza dei modelli era garantita da un’idea tanto semplice quanto discutibile: l’incompetenza. Laboratori e aziende come OpenAI e Anthropic si sono affidati a test standardizzati e stress test noti come red teaming per dimostrare che un modello non poteva fare danni, semplicemente perché non era abbastanza capace. Come ha spiegato Lawrence Chan di METR, “Se un’IA non riesce nemmeno a ottenere un punteggio decente in un quiz di biologia, come potrebbe mai creare un’arma biologica?” Semplice, no? E per un po’, ha funzionato.

Quando il futuro distopico di Sinclair Lewis si sovrappone al presente: Trump, AI e le Elite Tecnologiche

Nel romanzo del 1935 It Can’t Happen Here di Sinclair Lewis, emerge uno scenario inquietante che oggi appare meno una fantasia e più un monito sinistro. Pubblicato in un periodo di ascesa del nazifascismo, l’opera descrive l’avvento di un regime autoritario negli Stati Uniti, guidato dal populista Buzz Windrip. Questo romanzo visionario ha guadagnato nuova rilevanza nel contesto del ritorno di Donald Trump sulla scena politica, dell’influenza crescente delle élite tecnologiche e dell’esplosione dell’intelligenza artificiale.

Buzz Windrip, il protagonista del romanzo, è un politico che cavalca il malcontento popolare promettendo un ritorno alla grandezza e una prosperità illusoria. Questa narrazione ricorda la retorica di Donald Trump, che durante il suo mandato e nelle campagne successive ha usato slogan come “Make America Great Again” per galvanizzare le masse. Il fascino di Windrip, come quello di Trump, non risiede solo nelle promesse economiche, ma anche nella sua abilità di costruire un’identità collettiva basata sul nazionalismo e sulla nostalgia per valori tradizionali.

Ellison il CEO di Tutto: Oracle, TikTok e la Partita da Mezzo Trilione di Dollari

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Salve, cari lettori!

Larry Ellison, fondatore e presidente di Oracle, sembra essersi improvvisamente guadagnato il ruolo di protagonista nel grande show della tecnologia. Domenica, Oracle ha fatto il colpo di teatro riportando TikTok in auge e, pochi giorni dopo, è salita sul palco accanto a SoftBank e OpenAI nell’annuncio del presidente Donald Trump di un ambizioso progetto per un centro dati sull’intelligenza artificiale dal costo stimato fino a 500 miliardi di dollari nei prossimi quattro anni.

Trump, con il suo stile inconfondibile, ha elogiato Ellison definendolo un “uomo straordinario”, non semplicemente un dirigente tecnologico, ma “il CEO di tutto”. Questo nonostante Oracle, con una capitalizzazione di mercato di “appena” 480 miliardi di dollari, sembri una startup in confronto ai giganti del cloud come Amazon, Microsoft e Google, che viaggiano ciascuno tra i 2,4 e i 3,2 trilioni. E no, Trump non ha sbagliato i numeri: Oracle è la piccola fiammiferaia in questa favola digitale.

L’intelligenza artificiale scrive i prospetti IPO? Sì, certo, come ChatGPT scrive Shakespeare

David Solomon, CEO di Goldman Sachs, ha mandato il mondo finanziario in delirio dichiarando che l’AI può scrivere il documento chiave per un’IPO, portandolo al 95% in pochi minuti. Un’affermazione che suona tanto ambiziosa quanto improbabile, più come un tentativo di terrorizzare i ben pagati banchieri e avvocati di Wall Street. Peccato che nessuno ci creda davvero. Non ancora, almeno.

Alan Denenberg, avvocato che ha lavorato sull’IPO di Reddit, è stato lapidario: “L’AI può fornire un buon punto di partenza, ma non molto di più.” Insomma, non esattamente materiale da prima serata. Serve ancora molto lavoro per rendere il linguaggio e lo stile adatti.” Traduzione: l’AI sa fare copia e incolla, ma non è ancora in grado di fare miracoli con il PowerPoint.

E poi c’è il dettaglio tecnico. “L’AI fa schifo con i numeri,” . Ma questa è solo una parte della storia. Solomon stesso ha chiarito che l’intelligenza artificiale è utile per le prime bozze, quelle da presentare ai clienti per strappare il mandato. La versione finale, quella destinata ai regolatori, resta ben ancorata al lavoro umano.

È TikTok o un Reality Show? Cronache di una piattaforma in balìa di Instagram, Trump e l’eterna lotta per la sopravvivenza

Benvenuti nel meraviglioso mondo della Creator Economy, dove ogni piattaforma sembra avere un piano perfettamente progettato per il fallimento, seguito da un salvataggio spettacolare. Questa volta la protagonista è TikTok, o meglio, il dramma che la circonda. TikTok è ancora tra noi, come un vecchio amico che ti ricorda un debito mai saldato. Ma il suo futuro? Beh, diciamo che è più incerto di un meteo di febbraio.

TikTok, la piattaforma che ha trasformato balletti improvvisati e ricette in 60 secondi in cultura pop, è attualmente in uno stato di “vediamo cosa succede”. Certo, è tornata online, ma solo per gli utenti esistenti negli Stati Uniti. Per gli altri? Dovranno aspettare di vedere se Google e Apple decideranno di reintegrarla nei loro app store. E poi c’è il piccolo dettaglio dell’ordine esecutivo di Trump: 75 giorni di “non applicazione” di una legge che sembra un puzzle legale creato per un episodio di Law & Order.

Il Paradosso di OpenAI e il Benchmark FrontierMath: Un Caso di Trasparenza e Incongruenza

Nel panorama tecnologico, il progresso verso l’intelligenza artificiale generale (AGI) è costellato di trionfi straordinari e controversie altrettanto rilevanti. Recentemente, OpenAI ha portato avanti una campagna con la quale vantava le capacità matematiche avanzate del modello GPT-3.5, che ha stupito molti con il suo apparente dominio nel risolvere una serie di problemi matematici complessi definiti con il benchmark FrontierMath, che trovate in allegato. Questi problemi, pensati per mettere alla prova le capacità di risoluzione matematica di modelli linguistici (LLM), sono stati etichettati come indipendenti e unici, con l’intento di dimostrare l’evoluzione delle capacità dei modelli di OpenAI in un ambito considerato fino a quel momento particolarmente arduo per l’intelligenza artificiale.

Tuttavia, un dettaglio che era rimasto nell’ombra in precedenza, è emerso in modo sorprendente grazie a una dichiarazione pubblica di Tamay Besiroglu, il fondatore di Epoch.AI, l’azienda che ha creato il benchmark FrontierMath. In un thread su Reddit, Besiroglu ha svelato un aspetto poco noto: OpenAI non solo ha finanziato Epoch.AI, ma ha avuto accesso al benchmark FrontierMath molto prima che iniziasse l’allenamento del modello GPT-3.5. Eppure, secondo l’accordo verbale, OpenAI avrebbe giurato di non utilizzare quei dati per allenare il modello. Una dichiarazione che solleva dubbi etici e tecnici su come OpenAI ha gestito le informazioni a sua disposizione.

Sam Altman e il grande equivoco sull’Intelligenza Artificiale Generale, ripercorrendo Twitter

L’hype su Twitter è completamente fuori controllo”, ha scritto Sam Altman su X, il 20 gennaio 2025, cercando di spegnere le aspettative gonfiate dagli ultimi mesi di dichiarazioni enigmatiche e previsioni audaci riguardo al modello più recente di OpenAI, l’o3. “Non lanceremo AGI il mese prossimo, e non l’abbiamo nemmeno costruita.”

[Please] chill and cut your expectations 100x!” 

Questo richiamo alla calma è arrivato dopo settimane di rumor in cui Altman aveva alimentato l’immaginario collettivo con visioni avveniristiche. Nel suo ultimo post sul blog, pubblicato il 5 gennaio, Altman aveva affermato che OpenAI era ormai certa di sapere come costruire una AGI (Artificial General Intelligence) e che già nel 2025 avremmo visto agenti AI entrare nella forza lavoro, rivoluzionando la produttività aziendale. “Riteniamo che in pochi migliaia di giorni potrebbero emergere strumenti di superintelligenza,” aveva aggiunto.

L’intelligenza Artificiale e l’economia del futuro: le prospettive di Anton Korinek, consulente per il G7, Anton Korinek

Quando le nazioni più potenti del mondo hanno cercato una guida su come l’intelligenza artificiale (IA) potrebbe influenzare le loro economie, si sono rivolte ad Anton Korinek, professore di economia presso la Darden School of Business dell’Università della Virginia. La sua esperienza nel prevedere gli impatti economici di una possibile automazione su vasta scala, in cui l’IA potrebbe rimpiazzare molte delle mansioni attualmente svolte dall’uomo, lo ha reso una figura centrale nel dibattito globale.

Korinek è stato selezionato tra pochi esperti internazionali per redigere un rapporto destinato ai recenti incontri delle nazioni del G7. Attraverso i suoi studi, ha delineato un quadro di “disruption” e “collasso salariale” che potrebbe accompagnare l’espansione dell’IA nei settori economici.

Bill Dally: il genio dietro i microchip avanzati e la rivoluzione della computazione, i pionieri di DeepMind

Nel mondo in continua evoluzione dell’innovazione tecnologica, alcuni nomi risplendono più di altri. Tra questi, Bill Dally emerge come una figura cruciale nel panorama della scienza dell’informatica. Professore e ricercatore di lunga data, Dally è una delle menti più brillanti e influenti dietro i microchip avanzati che alimentano le macchine di oggi, dalle automobili ai supercomputer. Il suo lavoro ha avuto un impatto profondo non solo sull’industria tecnologica ma anche sulla ricerca scientifica in ambito di intelligenza artificiale (AI). In parallelo, DeepMind, una delle aziende pionieristiche nel campo dell’AI, si distingue come una delle realtà più straordinarie che ha spinto i limiti della comprensione computazionale.

Biden nel suo discorso di addio avverte dell’emergere di un’oligarchia ultraricca e di un complesso tecnologico-industriale

Nel suo discorso di addio tenuto dall’Ufficio Ovale il 15 gennaio 2025, il presidente Joe Biden ha lanciato un allerta riguardo all’emergere di un’“oligarchia” formata dagli ultra-ricchi negli Stati Uniti e ai potenziali pericoli rappresentati da un “complesso tecnologico-industriale”.

Questo intervento segna non solo la conclusione della sua presidenza, ma anche un capitolo significativo nella sua lunga carriera politica, durata oltre cinque decenni.Biden ha espresso profonde preoccupazioni riguardo alla concentrazione di ricchezza e potere tra una ristretta élite.

Ha dichiarato: “Oggi, in America, si sta formando un’oligarchia caratterizzata da una ricchezza estrema, potere e influenza che minaccia letteralmente la nostra democrazia, i nostri diritti e le nostre libertà fondamentali.”

Informazione e comunicazione al tempo dell’Intelligenza Artificiale

Il tema che l’intelligenza artificiale sappia scrivere meglio di chi lo ha imparato a scuola (rectius dall’intelligenza umana) sta sollevando una seria preoccupazione. L’informazione e la comunicazione, cui le nazioni reali affidano le loro conoscenze sullo storico e sul contemporaneo, stanno via via assumendo un ruolo diverso dal tradizionale cognitivo. Ciò in quanto così facendo alfabetizzano la storia e la cronaca sulla base non già di ciò che si è visto, ascoltato, amato, odiato, scovato con sacrificio e condiviso bensì su una statistica stressata. Dunque, una informazione e una comunicazione siffatte diventano, in una logica che sfugge al gnoseologico, più o meno apprezzate per il risultato che forniscono le fonti algoritmiche, elaborate sulla base dei dati posseduti e pesati in disponibilità miliardaria.

L’Entropia Strategica di TikTok: Elon Musk, il Cavaliere di X, e il Destino dell’App più Contesa al Mondo

Un caffè al BAR dei DAINI.

Mentre il mondo osserva con una miscela di curiosità e cinismo, l’ecosistema digitale globale sembra trovarsi di fronte a una nuova biforcazione. TikTok, il colosso del social media che ha catturato l’attenzione di milioni di utenti, potrebbe diventare la prossima pedina nella scacchiera geopolitica. Secondo Bloomberg, funzionari cinesi starebbero valutando l’opzione di permettere a Elon Musk di acquisire le operazioni statunitensi dell’app, integrandole nella sua società X.

Un passo del genere, apparentemente assurdo quanto realistico, potrebbe essere una mossa disperata per evitare il bando che il governo americano ha fissato per il 19 gennaio. La legge impone alla società madre cinese, ByteDance, di vendere la sua divisione statunitense per scongiurare il blocco totale dell’app sul suolo americano. Tuttavia, ByteDance ha negato con forza questa narrazione, definendola una “pura finzione”, un’affermazione che suona quasi come un mantra per allontanare un’idea troppo scomoda per essere accettata apertamente.

Sam Altman e il Grande Gioco dell’Intelligenza Artificiale: tra Data Center e Donazioni a Trump

A dicembre, Sam Altman, il visionario dietro OpenAI o se vogliamo, il nuovo oracolo di Silicon Valley ha deciso di aprire il portafoglio e regalare un milione di dollari al fondo inaugurale di Donald J. Trump. Uno potrebbe pensare: “Ecco un uomo che sa come posizionarsi nel mondo, anche quando il mondo sembra un po’ sottosopra.” È una mossa che si inserisce perfettamente nel manuale non scritto del settore tecnologico: quando sei già incredibilmente ricco e potente, perché non investire qualche spicciolo per assicurarti che anche il potere politico ti sorrida?

Adesso, Altman e la sua squadra di OpenAI una startup che ha cambiato il gioco con ChatGPT e dato a tutti una scusa per parlare con un computer – stanno facendo un ulteriore passo avanti. Stanno cercando di spiegare al mondo, e alla prossima amministrazione, come l’intelligenza artificiale sia la chiave per il futuro. Ovviamente, un futuro dove loro sono i protagonisti.

In un documento che chiamano pomposamente “progetto economico per l’intelligenza artificiale in America” –perché dire semplicemente “Come rimanere rilevanti e potenti nel prossimo decennio” non suonava abbastanza elegante – propongono politiche per stimolare la crescita tecnologica, minimizzare i rischi (quelli per loro, si intende) e mantenere la Cina lontana dal podio.

Fluxus Landscape

Fluxus Landscape sembra un progetto profondo e dinamico, pensato per esplorare l’intersezione tra tecnologia, etica e società. Mappando le diverse prospettive, organizzazioni e individui coinvolti nei dilemmi etici delle tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, offre un approccio sfaccettato e centrato sull’uomo per affrontare queste sfide. Sembra riconoscere la complessità della situazione: mentre la tecnologia avanza rapidamente, la comprensione umana, le politiche e le normative spesso rimangono indietro.

L’inclusione di gruppi alleati e di quelli in conflitto arricchisce ulteriormente la mappa, offrendo un contesto più ampio in cui le parti interessate sono impegnate in conversazioni sul futuro della tecnologia. Il percorso personale di apprendimento e approfondimento delle sfide etiche è rispecchiato nell’evoluzione del progetto, dove l’attenzione si sposta da un senso di isolamento a una consapevolezza che ci sono molte altre persone che lavorano per trovare soluzioni. Questo suggerisce che, sebbene il paesaggio etico possa sembrare frammentato o caotico, esiste speranza nel perseguire collettivamente la comprensione e l’azione.

L’approccio curatoriale e qualitativo di Fluxus Landscape si contrappone ai modi più quantitativi e basati su regole con cui i dati vengono spesso trattati nel mondo tecnologico. Sembra riflettere il lato umano delle questioni tecnologiche, concentrandosi sulle conversazioni, le relazioni e le prospettive individuali che contribuiscono a plasmare il quadro generale. Questo accento sul dialogo, piuttosto che solo sull’analisi dei dati, sottolinea l’importanza delle esperienze umane in un contesto così complesso.


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Amazon rimuove la Diversità dal suo sito: inclusività solo quando fa comodo

Amazon, il gigante che ha fatto un altro passo avanti verso l’inclusività… o meglio, ha deciso che forse l’inclusività è un po’ troppo trendy per i tempi che corrono. Dopo averci deliziato con decenni di dichiarazioni a favore della diversità, equità e inclusione (DEI), la compagnia ha pensato bene di togliere dal suo sito web quelle fastidiose parole come “supporto ai dipendenti transgender” e “obiettivi per una leadership più colorata e femminile”. D’altronde, il cambiamento politico che si è avvertito con la vittoria di Donald Trump alle presidenziali non poteva non avere qualche effetto collaterale sulle grandi aziende tech, no?

Niente paura, però: Amazon non ha completamente rinnegato il suo passato “progressista”. Non esalta più quei fastidiosi benefici per la transizione di genere, ma ti fa sapere che, in fondo, crede nell’uguaglianza di trattamento per le persone LGBTQ+. Un gesto che sicuramente farà sorridere tutti coloro che sperano in un’azienda che ci faccia sentire tutti uguali… ma senza troppa pubblicità, ovviamente.

La Corte Suprema pronta a spegnere TikTok: gioco del pollo con la Cina?

Non lo avremmo mai creduto, la Corte Suprema, che si fa un bel caffè e decide del futuro di TikTok come se niente fosse. Venerdì scorso, il tribunale ha lanciato quella che potremmo definire una sentenza storica (per usare un eufemismo) sulla libertà di parola, la sicurezza nazionale e i social media. La questione? Se una legge che potrebbe vietare TikTok negli Stati Uniti debba essere approvata. Spoiler: sembra che TikTok stia per fare una bella figuraccia.

I giudici, con la stessa grazia di chi ha appena scoperto un bug in un’app, hanno smontato l’argomento di TikTok che la legge stesse infrangendo la sua libertà di parola, quella stessa libertà che, ricordiamo, dovrebbe valere per i 170 milioni di utenti statunitensi che, probabilmente, si stanno ancora chiedendo come mai non possano fare a meno di scrollare. Ma la vera domanda, secondo la Corte, è: “Perché TikTok non può semplicemente vendere la sua anima, o almeno la sua parte cinese (ByteDance)?” L’avvocato di TikTok, Noel Francisco, ha tentato di difendersi dicendo che vendere sarebbe “estremamente difficile” (cosa che suona come una scusa da appassionato di videogiochi che non vuole svendere la sua console), ma i giudici non si sono lasciati impressionare.

Meta abbandona la Diversità, la giustizia e l’Inclusione per una nuova era di “Realpolitik” social

Il dolce sapore del cambiamento! Meta, ormai lontana dai giorni in cui parlava di “diversità”, “equità” e “inclusione”, ha deciso che è il momento di fare un bel taglio alla retorica e concentrarsi su cose un po’ più concrete: il business. Venerdì scorso, l’azienda ha annunciato, tramite un post interno degno di un film d’autore, che avrebbe smesso di richiedere una rosa eterogenea di candidati per le posizioni vacanti, come se fosse mai stato un grosso affare. E no, non ci sarà più neanche spazio per quell’interminabile circolo di discussioni su razza, genere ed etnia: la nuova priorità sono le piccole e medie imprese. Evviva!

La vicepresidente delle risorse umane, Janelle Gale, ha con tono serio e pomposo sottolineato che il “panorama legale e politico” negli Stati Uniti sta cambiando, e non certo in direzione di quella “cultura della diversità” tanto in voga fino a ieri. I giudici della Corte Suprema, infatti, stanno ormai “decidendo” che il trattamento preferenziale per alcuni gruppi è un concetto un po’ troppo old-fashioned. E quindi, addio DEI, il termine ormai troppo “carico”, da archiviare insieme a certi progetti un po’ idealisti.

Elon Musk contro OpenAI e Microsoft: il duello antitrust tra miliardari per il dominio dell’IA

Il Fatto Venerdì, i principali regolatori antitrust degli Stati Uniti hanno chiesto a un giudice federale in California di stabilire se OpenAI e il partner Microsoft abbiano violato le leggi antitrust federali negli ultimi anni nella causa di Elon Musk contro OpenAI.

La grande commedia del capitalismo moderno: Elon Musk che si lamenta di essere stato raggirato da un’organizzazione che lui stesso ha finanziato. È come se il lupo si fosse offeso perché l’agnello ha imparato a mordere. Musk sostiene di essere stato tratto in inganno quando OpenAI, nata come organizzazione non-profit, ha deciso di diventare a scopo di lucro. Perché, si sa, nulla dice “spirito filantropico” come prendere miliardi da Microsoft e poi fare esattamente ciò che conviene di più.

Microsoft, ovviamente, gioca la parte del partner innocente. “Noi? Pressioni su OpenAI? Ma figurati! Abbiamo solo versato miliardi, chi non lo farebbe?”. E ora Musk vuole che un giudice federale intervenga, come se i tribunali americani non fossero già abbastanza occupati con cose del calibro di “Chi ha brevettato per primo il tostapane che parla?”.

Huawei: una gigantesca azienda tecnologica al centro del dibattito internazionale

Huawei, il gigante tecnologico cinese, è un po’ come quella persona che si presenta sempre ben vestita a una festa e tutti sospettano che abbia rubato il vestito. È al centro di un’accesa discussione geopolitica ed economica, principalmente perché – dicono gli americani – il suo guardaroba tecnologico potrebbe includere microfoni nascosti. Il governo degli Stati Uniti, con la sottigliezza di un martello pneumatico, ha vietato nel 2022 la vendita di nuovi prodotti Huawei sul territorio americano, sostenendo che il colosso cinese potrebbe trasformare ogni router in una spia sotto copertura.

Huawei, dal canto suo, nega tutto con l’innocenza di un bambino beccato con le mani nella marmellata, proclamando di non essere affatto un’estensione del governo cinese. Certo, è solo una coincidenza che il modello gestionale dell’azienda ricordi più il Politburo che una normale riunione aziendale in Silicon Valley. Ma dettagli, no?

Grigori Perelman: il genio solitario di San Pietroburgo

Grigori Perelman è uno dei matematici più straordinari dei nostri tempi, un uomo che ha dato un contributo epocale alla matematica, ma che ha scelto di vivere una vita lontana dai riflettori e dalle lusinghe della fama. La sua storia non è solo quella di un brillante matematico, ma anche di una figura enigmatica, che ha rifiutato tutto ciò che il mondo accademico e sociale aveva da offrirgli.

Elon Musk, il Genio della confusione: come X è diventato il suo parco giochi per l’AI

Quando Elon Musk ha deciso di lanciare la sua startup di intelligenza artificiale, xAI, non si è limitato a entrare in gara: è arrivato con un carro armato in un’arena di gente armata di fionde. E il suo carro armato era carico di un tesoro inestimabile: i dati della sua ultima follia da miliardario, il social network un tempo noto come Twitter, che ha prontamente ribattezzato “X” (perché, a quanto pare, quando sei Elon Musk, le vocali sono un optional). Introducendo tariffe API salatissime, Musk ha gentilmente invitato le altre aziende di IA a togliersi dai piedi, riservandosi tutto il flusso infinito di tweet, meme e deliri complottisti per sé. Poi, con il solito tocco di geniale spregiudicatezza, ha trasformato gli utenti di X in cavie inconsapevoli per testare i suoi modelli.

Dana White, Trump e la meta del combattimento: un’alleanza contestata e la visione del futuro

Dana White, presidente della UFC, è da anni una figura di spicco nel panorama del combattimento sportivo, capace di ridefinire il mondo delle arti marziali miste (MMA) con la sua visione strategica. Negli ultimi tempi, il suo coinvolgimento con Donald Trump ha attirato l’attenzione, non solo per le implicazioni politiche, ma anche per le possibili evoluzioni future nel mondo del business sportivo. L’alleanza tra White e Trump sembra rappresentare un nuovo capitolo in una storia già ricca di colpi di scena, in un contesto dove la “meta” sembra essere molto più che una semplice visione politica o sportiva.

Dana White ha sempre avuto una relazione piuttosto aperta con Trump, tanto da averlo invitato a numerosi eventi della UFC e averne parlato positivamente più volte. La sua posizione di leadership nella UFC gli ha permesso di costruire un brand forte e influente, e, sebbene non si possa negare che la sua carriera e la visione della UFC siano nate in un contesto di sport, oggi White sembra rivolgersi verso una direzione che trascende la semplice gestione di un’organizzazione di combattimenti. Con il suo forte legame con Trump, molti si chiedono quali siano le intenzioni di White nel contesto più ampio degli affari e della politica.

Platone e la scrittura come tecnologia: dall’Antichità all’Era Digitale

Platone, nella sua opera “Fedro,” descrisse la scrittura come una tecnologia, un’estensione artificiale della mente umana capace di conservare e trasmettere il sapere. Questa definizione, apparentemente arcaica, si rivela straordinariamente attuale nel contesto contemporaneo, dove la tecnologia permea ogni aspetto della comunicazione e della memoria. La scrittura, considerata da Platone un farmaco per la memoria, è al contempo una risorsa preziosa e un potenziale rischio per l’oblio, come evidenziato nel passo in cui si preoccupa della perdita della memoria diretta in favore di una memoria mediata.

Mark McCrindle: Il Futuro Inevitabile: La Generazione Beta e il Mondo Governato dall’Intelligenza Artificiale

Quando la Generazione Beta porgerà le loro prime domande, è probabile che sia un’intelligenza artificiale a rispondere prima dei loro genitori.

Dal lancio di ChatGPT nel 2022, l’esplosione degli strumenti di intelligenza artificiale ha trasformato radicalmente il modo in cui apprendiamo, decidiamo e interagiamo. I bambini nati dal 2025 in poi si troveranno immersi in un mondo in cui l’intelligenza artificiale sarà onnipresente e sempre più vicina al concetto di singolarità.

La Generazione Beta, termine coniato dal futurista australiano Mark McCrindle, comprende i nati tra il 2025 e il 2039. Secondo McCrindle, per questa generazione, i confini tra il mondo digitale e quello fisico saranno praticamente inesistenti. “Mentre la Generazione Alpha ha assistito all’ascesa della tecnologia intelligente, la Generazione Beta vivrà in un’era in cui l’IA e l’automazione saranno completamente integrate nella vita quotidiana—dall’istruzione al lavoro, dalla sanità all’intrattenimento”, ha spiegato McCrindle.

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