Il suggerimento arriva dall’ex premier ed ex presidente della Bce Mario Draghi che, in un articolo pubblicato sul Financial Times “L’Europa impari la lezione fiscale del Regno Unito”, analizza gli ambiziosi obiettivi su investimenti e competitività che l’Unione Europea si è data su transizione ecologica, difesa, innovazione e digitalizzazione.

Secondo Draghi “il Budget adottato dal governo britannico offre alcune idee interessanti” su come trovare spazio per gli investimenti di cui l’Europa ha tanto bisogno, avendo fatto la scelta “di alzare significativamente gli investimenti pubblici per i prossimi cinque anni” unitamente all’adozione di “regole precise per far sì che il debito sia usato solo per finanziare questi investimenti”.

Inoltre, aggiunge Draghi, “per garantire la qualità della spesa, le transazioni saranno convalidate da autorità indipendenti. Ciò aumenta la probabilità che l’investimento pubblico abbia un valore attuale netto positivo e quindi supporti la sostenibilità fiscale”.

Nel suo intervento, l’ex Premier spiega come gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi che l’Ue si è dati siano enormi, stimati in 750-800 miliardi di euro all’anno, con la conseguenza che i governi dell’UE saranno chiamati a spendere più di 1.000 miliardi di euro nei prossimi sette anni per soddisfare queste esigenze.

Tuttavia, osserva Draghi, per soddisfare queste esigenze, gli investimenti dovrebbero salire al 27% del PIL dell’UE, rispetto all’attuale 22% con il problema però che molti governi partono da una posizione di elevato debito pregresso e deficit strutturale.

Da questo punto di vista, la strada da percorrere “per un’espansione significativa degli investimenti pubblici” risiede nel pieno sfuttamento da pate dei governi sfruttano delle nuove regole fiscali dell’UE  “che consentono ai Paesi di prolungare il consolidamento fiscale fino a sette anni per realizzare investimenti e riforme” e che potrebbero quindi in linea di principio sbloccare fino a 700 miliardi di euro.

Una volta terminata la fase di consolidamento” continua Draghi, “i Paesi potranno mantenere i disavanzi strutturali all’1,5% del PIL. Rispetto alle regole precedenti, questo margine potrebbe creare circa 1 punto percentuale in più di spazio fiscale per gli investimenti. Altri 400 miliardi di euro proverranno inoltre dalle risorse esistenti dell’UE”.

E come già detto, per garantire che questo spazio fiscale sia utilizzato occorrono delle regole precise per garantire che l’indebitamento sia utilizzato solo per finanziare questi investimenti unitamente ad un meccanismo di garanzia della qualità della spesa, che può passare attraverso la convalida della stessa da autorità indipendenti.

L’articolo conclude sottolineando poi che le ambizioni dell’UE in termini di competitività e sostenibilità non saranno raggiunte senza un programma coordinato di riforme e un uso più efficiente dei tassi di risparmio privato, il che richiede l’integrazione dei mercati dei capitali e il completamento del mercato unico perché “senza di esso, le imprese innovative in settori in rapida crescita come i servizi digitali non saranno in grado di scalare e attrarre capitali. Di conseguenza, gli investimenti resteranno bloccati nelle vecchie tecnologie”. Altrimenti, conclude Draghi “è difficile capire come l’Europa potrà realizzare le sue ambizioni”.