L’atteso decreto in materia di cybersicurezza slitta, improvvisamente, alla seconda metà di novembre. Il provvedimento, così come previsto, affiderebbe la competenza investigativa sulla criminalità informatica alla Procura nazionale antimafia – che dipende dal Ministero della Giustizia – limitando, di fatto, le competenze dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale – che dipende invece dalla Presidenza del Consiglio. Formalmente il rinvio sarebbe dovuto alla necessità di “aggiustamenti” e di coinvolgere il Quirinale sul tema, anche se i più maliziosi voluto leggere, dietro alla vicenda, un possibile segnale di conflitto tra Carlo Nordio e Alfredo Mantovano sui poteri e le competenze dei rispettivi Ministeri, tant’è che, contrario all’attuale formulazione del decreto, sarebbe anche Bruno Frattasi, attuale direttore dell’ACN, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale.
Rispondendo al question time della Camera sull’accesso illegale alle banche dati, il Ministro Nordio ha espresso “profonda preoccupazione per ciò che è accaduto e sta accadendo, che ritengo inaccettabile e inquietante, che costituisce un serio e concreto pericolo per la nostra democrazia”, precisando anche che “per il potenziamento dei servizi e dei sistemi cyber della pubblica amministrazione” sono stati disposti, dall’Agenzia per la cybersecurity nazionale, finanziamenti complessivi per oltre 715 milioni di euro.
Si tratta, ha proseguito il Guardasigilli, di investimenti importanti destinati a “realizzare la sicurezza contro gli attacchi hacker, nella consapevolezza che tutto il mondo è stato trovato impreparato di fronte all’aggressione dell’hackeraggio, proprio perché i malintenzionati un po’ in tutti i settori, agiscono e intervengono sempre prima che lo Stato si munisca della normazione necessaria e sufficiente per controllarli”.
Nelle ultime ore si poi riunito il nucleo per la cybersicurezza, composto anche dal Procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e dal governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, allo scopo di “approfondire il tema degli accessi abusivi alle banche dati digitali e affrontare efficacemente il fenomeno“, anche alla luce degli sviluppi dell’inchiesta milanese sui dossieraggi.
Sul tema è intervenuta anche la Farnesina che ha deciso di avviare una task force focalizzata alla protezione dei dati delle ambasciate. “Credo lo faranno anche tutti gli altri ministeri per le altre banche dati” il commento del ministro degli Esteri Antonio Tajani, perchè, ha sepiegato, “le banche dati sono dei pozzi di petrolio che valgono tantissimo anche sotto il profilo economico“.
Secondo in Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non c’è un rischio di sicurezza in Italia e anche se ci sono “degli alert da migliorare” e un’indagine in corso “non è il caso di lanciare messaggi fuorvianti“.
“Sono testimone del fatto che” continua Piantedosi “le banche dati del ministero dell’Interno si stanno rivelando sicure, non ci risultano hackeraggi dall’esterno” anche se poi, concorda “ci deve essere una gestione più attenta e meno incline a prestarsi ad utilizzi distorti“.
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