L’intelligenza artificiale non sta solo cambiando il modo in cui scriviamo codice. Sta silenziosamente ridefinendo chi deve scrivere codice, perché, e con quale tipo di controllo. Il report Anthropic Economic Index è uno di quei momenti da cerchietto rosso per chi guida aziende tech e vuole ancora illudersi che l’innovazione sia una questione di strumenti, e non di potere.

Claude Code, il “cugino agente” di Claude.ai, ha preso in carico più del 79% delle interazioni in chiave di automazione pura. Traduzione? L’essere umano è sempre più un revisore postumo. Non disegna, non modella, non orchestra. Spiega cosa vuole a grandi linee e l’IA fa. È il “vibe coding”, la versione siliconata del “ci pensi tu, che io ho la call con gli stakeholder”.

Questo trend ha una gravità molto sottovalutata. Non stiamo parlando di una migliore autocomplete. Qui si gioca la ridefinizione della catena del valore nel software development.

La maggior parte degli sviluppatori oggi si sta illudendo che queste AI siano “assistenti”. Ma chi ha guidato aziende per decenni sa leggere tra le righe: ogni volta che un processo passa da “potenziamento” ad “automazione”, il capitale umano perde potere contrattuale. È una sostituzione silenziosa, mascherata da empowerment.

Le startup sembrano abbracciare Claude Code a braccia aperte: 33% di utilizzo contro un magro 13% delle aziende consolidate. Ma non è entusiasmo. È sopravvivenza darwiniana. Hanno meno legacy, meno processi e più fame di efficienza istantanea. In quel contesto, il codice non è arte né scienza: è commodity.

Il punto non è se l’IA sostituirà gli sviluppatori. È molto peggio: l’IA potrebbe ridefinire il significato stesso di “sviluppatore”. Se descrivere un’app è sufficiente, allora il valore non risiede più nella scrittura del codice ma nella capacità di “briefare bene”. Chi sarà davvero il nuovo ingegnere? Il product manager con buone soft skill? Il CEO con visione e ChatGPT aperto? O un algoritmo che ottimizza i prompt per massimizzare output e ridurre il dev time?

Mentre Claude sperimenta loop di feedback sofisticati (più +18,3% rispetto ad altri ambiti), con supervisione umana e iterazioni continue, l’automazione prende le forme più sottili: non elimina subito, ma rende marginale. I dev oggi rivedono il lavoro dell’IA prima del deploy, ma domani? Saranno i supervisori dei supervisori, finché un audit automatico li sostituirà anche lì.

La differenza tra automazione e potenziamento si sfuma proprio quando gli strumenti si fanno “agentici”, ossia capaci di agire in autonomia simulando intenzionalità. Un agente che programma, che decide se l’output è valido, che si auto-corregge… è un altro sviluppatore, ma senza stipendio, sindacato o burn-out.

Il report non lo dice, ma il sottotesto è chiaro: le posizioni di livello medio nello sviluppo software sono a rischio mortale. Il junior developer? Presto inutile. Il mid-level? Ridondante. Rimarranno gli strategist, i system thinker, i product-oriented. Ma non saranno più dev nel senso classico. Saranno prompt engineer travestiti da architetti.

Se sei un CXO, non puoi permetterti di ignorare questo shift. Non per inseguire l’ennesima buzzword, ma perché non rispondere oggi significa lasciare che il mercato lo faccia per te. E quando lo farà, sarà troppo tardi per decidere se vuoi Claude come collega… o come competitor.