Inizia tutto come una delle solite storie di innovazione raccontate nei pitch da startup, pieni di entusiasmo e promesse di rivoluzione. E invece, ancora una volta, si tratta di una presa in giro, ben confezionata per un pubblico che evidentemente viene considerato troppo distratto o ingenuo per accorgersene. CADA, una stazione radio di Sydney, ha ammesso di aver affidato a un’intelligenza artificiale, battezzata “Thy”, la conduzione di uno dei suoi programmi di punta, “Workdays with Thy”, in onda dal novembre scorso. Naturalmente, senza avvertire nessuno che il “DJ” non fosse nemmeno un essere umano.
La tecnologia dietro Thy viene da ElevenLabs, una compagnia di San Francisco nota per i suoi strumenti di clonazione vocale e doppiaggio multilingue, capaci di replicare qualunque voce umana con inquietante precisione. Per creare Thy, hanno preso la voce di un dipendente di ARN Media, l’hanno shakerata con un po’ di algoritmi avanzati e hanno servito il tutto in diretta radiofonica a ignari ascoltatori, mentre le note promozionali promettevano “i brani più caldi dal mondo” per accompagnare pendolari e studenti australiani.
CADA si difende dicendo che la selezione musicale è comunque curata da “esperti umani”. Ma, parliamoci chiaro: il problema non è il gusto musicale, è il tradimento della fiducia. Nessuna nota, nessun disclaimer, nessun “powered by AI” da qualche parte. Solo una bella voce amichevole, pensata per sembrare reale, e una platea di 72.000 ascoltatori al mese che si sono sentiti, con tutta probabilità, traditi e presi per i fondelli.
La rivelazione, riportata dal Sydney Morning Herald, ha acceso una polemica sacrosanta. E non poteva andare diversamente: se paghi un biglietto per un concerto e scopri che sul palco c’è un ologramma di Elvis, almeno pretendi di essere avvisato prima. Con la radio, il principio è lo stesso.
Non si tratta di un caso isolato. Negli Stati Uniti, ad esempio, FBFF Live 95.5 di Portland aveva già introdotto nel 2023 la sua AI Ashley, copia digitale della conduttrice Ashley Elzinga, ma con una differenza fondamentale: lì il pubblico era stato informato sin dall’inizio. Onestà minima, quella che CADA evidentemente ha pensato di poter tranquillamente bypassare, forte del fascino “inevitabile” dell’intelligenza artificiale.
Nel frattempo, l’Australia sembra rapidamente trasformarsi in un laboratorio radiofonico per intelligenze artificiali. Anche Disrupt Radio di Melbourne ha già in palinsesto “Debbie Disrupt”, altra AI DJ. Il trend è chiaro: meno umani, più algoritmi. Più costi abbattuti, meno fastidi sindacali. Forse presto sentiremo pure un AI DJ lamentarsi delle condizioni lavorative. E sarà più credibile di tanti CEO veri.
Dietro le quinte di questa operazione c’è ElevenLabs, che dal 2023 sta riscrivendo il concetto stesso di “voce”. Non solo DJ artificiali, ma persino collaborazioni con gli eredi di icone come Jimmy Stewart, Burt Reynolds e Jerry Garcia per riportare in vita le loro voci e usarle per progetti digitali. Un’operazione nostalgica? Una truffa ai danni della memoria collettiva? Dipende, come sempre, da quanto sei disposto a chiudere un occhio in cambio di qualche brivido vintage.
E mentre l’intelligenza artificiale continua a invadere la musica, non si limita più a comporre canzoni o replicare voci di cantanti defunti. Adesso prende anche il microfono in mano, sorride, scherza, presenta, fa finta di essere uno di noi. E la linea che separava realtà e finzione si dissolve un po’ di più ogni giorno, con il pubblico relegato al ruolo di consumatore passivo di esperienze sempre meno autentiche.
Del resto, è il futuro, baby. Un futuro in cui anche la voce che ti augura “buona giornata” mentre sei bloccato nel traffico potrebbe essere un freddo, precisissimo algoritmo. E tu nemmeno lo saprai.
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