Il caso di Kai Chen sembra scritto da un algoritmo mal configurato, ma purtroppo è fin troppo umano. Ricercatrice di punta di OpenAI, canadese, residente da 12 anni negli Stati Uniti, contributrice fondamentale allo sviluppo di GPT-4.5, è stata sbattuta fuori dal paese dopo il rifiuto della sua green card. Motivo? Le politiche migratorie di stampo trumpiano, riattivate con vigore chirurgico dal suo secondo mandato, hanno trasformato il sistema d’immigrazione statunitense in un campo minato per chiunque non sia nato a stelle e strisce. Neppure i cervelli più brillanti ne escono indenni.

Quello di Chen non è un caso isolato, ma un sintomo. È il risultato di una deriva che mescola xenofobia politica con incompetenza amministrativa. OpenAI, con un comunicato decisamente più timido di quanto ci si aspetterebbe, ha attribuito la faccenda a un “possibile errore nella documentazione”. La classica toppa peggiore del buco. Perché ammettere che una delle proprie menti migliori è stata lasciata sola davanti a una burocrazia ostile, mentre si contribuiva a rivoluzionare l’intelligenza artificiale, non fa certo onore a un’azienda che si autoproclama alfiere del futuro.

Gli Stati Uniti si riempiono la bocca di leadership tecnologica, ma si comportano come un’azienda in bancarotta che licenzia i suoi ingegneri migliori per motivi ideologici. Secondo i dati della National Foundation for American Policy, oltre il 66% delle startup AI più promettenti negli USA ha almeno un fondatore immigrato. Il 70% degli studenti graduate in AI è straniero. La matematica è semplice: senza immigrazione, l’America tecnologica implode.

Il pugno duro di Trump sull’immigrazione post-2025 non si è fermato alle green card. H-1B ridotte all’osso, obbligo di fornire indirizzi di residenza e dati biometrici, stop alle richieste per rifugiati e richiedenti asilo, blocco temporaneo della Student and Exchange Visitor Program in attesa di una “revisione strutturale”. Tutto questo ha già generato centinaia di cause legali e, secondo un sondaggio di Nature, il 75% degli scienziati stranieri sta considerando di lasciare il paese. L’Europa e il Canada stanno già aprendo le braccia.

Chen ha annunciato il suo trasferimento a Vancouver per “un periodo indeterminato”. Il che è un modo elegante per dire: “vado dove non mi trattano come un problema burocratico”. Perdere una ricercatrice così non è solo un danno reputazionale per OpenAI, è una sconfitta geopolitica. Ogni volta che un talento viene rifiutato, è un altro chiodo sulla bara della supremazia tecnologica americana.

Intanto la comunità AI osserva in silenzio, tra rabbia e rassegnazione. Perché la verità è che oggi puoi progettare il futuro dell’intelligenza artificiale, ma se non hai il visto giusto, per l’America sei solo un problema da espellere.

E Altman? Ancora nessun commento. Forse GPT-5 potrà spiegargli il significato di “coerenza”.