ByteDance, la famigerata casa madre di TikTok, sembra aver trovato il suo nuovo Eldorado a sud dell’equatore. Secondo quanto rivelato da tre fonti confidenziali a Reuters, il colosso cinese sta seriamente valutando un investimento colossale in un data center da 300 megawatt nel porto di Pecem, nello stato brasiliano del Ceara, sfruttando l’abbondante energia eolica che soffia costante sulla costa nord-orientale del paese. Per intenderci, parliamo di un progetto che potrebbe arrivare a un assorbimento di energia di quasi un gigawatt se il piano dovesse proseguire oltre la prima fase. Per fare un paragone, è come alimentare più o meno 750.000 case contemporaneamente, senza contare la sete insaziabile dei server affamati di dati.
Nel pieno stile “meglio abbondare”, ByteDance non si muove da sola: sarebbe in trattative con Casa dos Ventos, uno dei principali produttori di energia rinnovabile del Brasile, per sviluppare il mega impianto. La scelta di Pecem, va detto, non è casuale. Il porto vanta una posizione strategica con la presenza di stazioni di atterraggio di cavi sottomarini, quelli che trasportano i dati attraverso gli oceani a velocità indecenti. Oltre ai cavi, c’è una concentrazione significativa di impianti di energia pulita. Insomma, tutto perfetto, se non fosse che il gestore nazionale della rete elettrica brasiliana, ONS, ha inizialmente negato la connessione alla rete per il progetto, temendo che simili colossi energivori potessero far saltare il sistema come un vecchio fusibile in una casa anni ‘50.
Il Ministero delle Miniere e dell’Energia brasiliano, da parte sua, sta ora valutando l’ipotesi di aprire la rete a questi progetti mastodontici. Non è una questione di buon cuore patriottico: il Brasile sta cercando con tutte le sue forze di posizionarsi come hub globale per i data center, sfruttando l’energia rinnovabile che, fortunatamente, Madre Natura gli ha regalato in abbondanza. In un’epoca in cui persino l’intelligenza artificiale ha bisogno di veri e propri reattori energetici per funzionare, il Brasile potrebbe diventare una nuova mecca per i server globali.
Se guardiamo al quadro più ampio, ByteDance sta giocando una partita su più tavoli. Non più tardi di febbraio 2025, ha annunciato un piano da 8,8 miliardi di dollari per costruire data center in Thailandia. Non si tratta quindi di un’eccezione isolata, ma di una strategia globale di decentralizzazione e, ovviamente, di sopravvivenza geopolitica. Con TikTok costantemente sotto tiro in America e in Europa, ByteDance sembra aver capito che per sopravvivere deve piantare radici ovunque possa, meglio ancora se in territori con governi affamati di investimenti stranieri e meno sensibili alle sirene della guerra fredda digitale.
Casa dos Ventos, per ora, si limita a confermare il suo impegno a trasformare Pecem in un “hub di innovazione tecnologica e transizione energetica”. Che tradotto in linguaggio meno patinato significa: “Siamo pronti a vendere energia a chiunque paghi bene”. Già nel 2022, l’azienda aveva stretto una partnership strategica con TotalEnergies per il suo portafoglio eolico, e ora guarda anche allo sviluppo di un mega progetto di idrogeno verde. Insomma, non proprio i dilettanti dell’ultimo minuto.
ByteDance, TikTok e il ministero brasiliano per ora fanno finta di niente, non rispondono, tacciono, probabilmente nella speranza che trattative delicate come queste restino il più possibile fuori dai riflettori. Illusi. Quando si parla di investimenti da miliardi di dollari, i segreti durano meno di una password “1234”.
Dietro la patina green di tutto questo, la realtà è cinica: ByteDance ha bisogno di basi sicure per i suoi dati e di energia a basso costo. Il Brasile, con il suo mix di vento, sole e necessità economiche, è il candidato perfetto. Resta da vedere se la rete elettrica reggerà l’urto e se, come spesso accade in questi casi, saranno i cittadini a pagare il conto nascosto dietro l’etichetta “innovazione”.
Per chi volesse approfondire con la fonte originale, ecco il link alla notizia Reuters.
BEST Scenario
Se guardiamo oltre i comunicati stampa zuccherosi e i sorrisi di circostanza, la decisione di ByteDance di investire pesantemente in un data center in Brasile puzza di geopolitica da ogni poro, come un buon whisky torbato. Non è solo una questione di energia rinnovabile e connessioni sottomarine veloci: è una mossa strategica calcolata al millimetro per sopravvivere in un mondo che sta chiudendo i rubinetti digitali ai giganti cinesi.
Partiamo dal punto più evidente. TikTok è diventato il punching ball preferito di Stati Uniti, Europa e alleati vari. Bannato qua, minacciato là, multato ovunque. ByteDance, con un cinismo quasi ammirabile, ha capito che se vuole continuare a operare nei mercati occidentali, deve decentralizzare i suoi asset digitali. Tradotto: deve spostare i dati fisicamente fuori dalla Cina, magari su suolo amico o almeno neutrale. Ecco perché un mega data center in Brasile è perfetto. Non solo è lontano dalle pressioni dirette di Washington, ma il Brasile ha una lunga tradizione di flirt geopolitico tra est e ovest, giocando la carta del “non allineato” ogni volta che conviene.
Secondo strato della cipolla geopolitica: energia. I data center sono mostri assetati di corrente. Puntare su energia eolica abbondante e (relativamente) a basso costo è una garanzia sia per tenere i costi operativi bassi, sia per vendere all’opinione pubblica la solita storia del “noi siamo green, siamo buoni”. In realtà, come ogni CEO navigato sa, il vero valore sta nella resilienza energetica: meno dipendenza da fonti fossili significa meno vulnerabilità a shock geopolitici come embarghi, guerre, crisi dei mercati. Un data center alimentato dal vento brasiliano continuerà a funzionare anche se il mondo andasse a fuoco.
Terzo livello, quello meno visibile e più pericoloso: il cablaggio. La scelta del Pecem non è casuale. La presenza di stazioni di atterraggio di cavi sottomarini implica accesso diretto alle dorsali Internet che collegano il continente americano all’Europa e all’Africa. ByteDance non vuole solo un deposito per i dati: vuole un nodo strategico della rete globale. Controllare o anche solo avere accesso privilegiato a questi snodi significa poter resistere a blocchi, rallentamenti o restrizioni imposte altrove. In un mondo dove i dati valgono più del petrolio, avere il controllo di un crocevia digitale è come possedere un pozzo in Arabia Saudita negli anni ’50.
Poi c’è il rischio di destabilizzazione interna. Il Brasile non è esattamente famoso per la sua stabilità politica. Oggi ti accoglie a braccia aperte, domani cambia governo e ti tassa o ti limita l’accesso. ByteDance sicuramente lo sa, e probabilmente sta già negoziando con una serie di clausole blindatissime e backup plan che prevedono duplicazioni dei dati altrove. Ma il rischio c’è, ed è strutturale.
Il lato più ironico. Inseguendo la fuga dall’ingerenza cinese nei dati, l’occidente sta inconsapevolmente spingendo le aziende cinesi a diventare ancora più globalizzate, più difficili da isolare, più resilienti. Ogni volta che si chiude una porta a Pechino, si apre un portone a Fortaleza, a Bangkok, a Dubai. E ByteDance sta facendo esattamente quello che una bestia capitalistica ferita dovrebbe fare: non lamentarsi, non combattere frontalmente, ma adattarsi. E sopravvivere.
WORST Scenario
Se vuoi capire come potrebbe andare veramente a sud questa storia di ByteDance in Brasile, basta mettere insieme un po’ di logica cinica, una spruzzata di storia recente e una generosa dose di realpolitik. Ti avverto: non sarà una passeggiata tra pale eoliche e spiagge di Fortaleza, ma piuttosto un viaggio tra polveriere politiche, capricci economici e minacce geopolitiche.
Immagina questo: ByteDance investe miliardi, costruisce il suo mega data center da 300 a 900 MW, assume personale locale, firma contratti decennali per l’acquisto di energia rinnovabile e si collega ai cavi sottomarini come un polpo digitale. Il Brasile intasca investimenti, tasse, posti di lavoro. Tutti felici. Finché non cambia il vento politico.
Perché succederebbe? Semplice. Gli Stati Uniti, sempre più irritati dal fatto che TikTok continui a prosperare e raccogliere dati anche fuori dalla Cina, potrebbero iniziare a esercitare una pressione sistematica su Brasilia. Parliamo di sanzioni velate, restrizioni commerciali, promesse di investimenti alternativi, ritorsioni diplomatiche. Il Brasile, per quanto orgoglioso e incline all’indipendenza, ha ancora bisogno di accesso ai mercati finanziari occidentali, di tecnologia, di fondi di investimento. E se la Casa Bianca batte il pugno sul tavolo, è difficile far finta di niente.
Scenario peggiore? Il governo brasiliano si sveglia una mattina e, tra una stretta di mano a Washington e una telefonata a Wall Street, decide che mantenere ByteDance felice non vale più il rischio. Magari annuncia una nuova regolamentazione “sulla sicurezza nazionale dei dati” (già vista altrove) che obbliga le aziende di proprietà straniera a vendere asset locali o, peggio ancora, nazionalizza di fatto il data center. A quel punto ByteDance dovrebbe scegliere tra due alternative: svendere la struttura a qualche gruppo telecom nazionale (magari amico del governo) o chiudere baracca e burattini e perdere miliardi.
Se pensi che sia fantascienza, ti consiglio di rileggerti la saga di Huawei in America o i casini vissuti da TikTok stesso in India. Nessun impero è troppo grande per cadere a colpi di geopolitica spiccia.
Un’altra possibilità più sottile è il sabotaggio burocratico. Il Brasile potrebbe non toccare direttamente il data center ma renderne l’operatività un inferno: aumenti di tasse, revisioni continue dei permessi ambientali, limitazioni sull’uso dei cavi sottomarini, audit infiniti sulla sicurezza dei dati. Una morte lenta, da cavallo di Troia legislativo.
Sul fronte locale, poi, ci sarebbe anche la possibile opposizione di attivisti ambientalisti e comunità indigene, specialmente se il progetto dovesse espandersi ulteriormente o influenzare aree protette. Non sarebbe la prima volta che un megaprogetto industriale in Brasile si arena davanti a proteste orchestrate o genuine. Un data center che consuma quasi un gigawatt non è proprio l’icona della sobrietà ecologica, nonostante il greenwashing a base di pale eoliche.
E, ciliegina sulla torta, il rischio hacker. Una struttura così cruciale e visibilmente cinese in territorio occidentale diventa automaticamente un bersaglio ghiotto per cyberattacchi, sabotaggi digitali, infiltrazioni governative ostili. O pensiamo davvero che i servizi di intelligence locali, americani o europei, lascerebbero ByteDance gestire tutto senza ficcare il naso?
In definitiva, il peggiore scenario non è un’ipotesi accademica. È una possibilità concreta che ByteDance sicuramente ha già messo in conto. Ma come ogni gigante tecnologico che si rispetti, preferisce rischiare piuttosto che rimanere immobile a farsi logorare a casa propria.
ByteDance in Brasile: la mappa dei rischi, dove il peggio è una certezza travestita da possibilità
Per disegnare una mappa dei rischi in stile serio ma brutale, dobbiamo ragionare in stile Technologist CEO: niente fuffa motivazionale, solo scenari concreti, ponderati per impatto e probabilità. Ti strutturo il tutto come una griglia concettuale, pronta da essere infilata in una boardroom (o in un memo blindato).
Rischi Geopolitici
Intervento USA o pressione diplomatica
Probabilità: Alta
Impatto: Catastrofico
Descrizione: Sanzioni, restrizioni sugli investimenti, isolamento del data center o pressioni per chiuderlo. Non serve nemmeno una legge formale: bastano “consigli” discreti da Washington a Brasilia. ByteDance si ritroverebbe rapidamente in un deserto operativo.
Cambio di governo in Brasile
Probabilità: Media
Impatto: Alto
Descrizione: Se vincesse un governo più allineato agli USA o più nazionalista, le concessioni fatte oggi a ByteDance potrebbero essere cancellate con un tratto di penna. Nazionalizzazione o regolamentazione restrittiva potrebbero distruggere valore in pochi mesi.
Rischi Economici
Instabilità macroeconomica brasiliana
Probabilità: Alta
Impatto: Medio
Descrizione: Crisi monetarie, inflazione fuori controllo, stretta creditizia potrebbero rendere insostenibili i costi operativi o l’espansione della struttura. I contratti energetici a lungo termine potrebbero diventare carta straccia.
Aumento dei costi energetici non previsti
Probabilità: Media
Impatto: Alto
Descrizione: Nonostante l’energia eolica, il mercato elettrico brasiliano è volatile. Un incremento dei costi di fornitura o una tassa verde opportunistica potrebbe demolire il modello finanziario del data center.
Rischi Tecnologici
Cyberattacchi e infiltrazioni
Probabilità: Molto alta
Impatto: Catastrofico
Descrizione: Una struttura visibile, cinese, fuori dal controllo diretto di Pechino diventa bersaglio prioritario per hacker di stato, gruppi hacktivisti, concorrenti tecnologici. Il rischio di perdita di dati critici o compromissione della rete globale è reale e costante.
Problemi di connessione alle dorsali sottomarine
Probabilità: Media
Impatto: Medio-Alto
Descrizione: Rotture fisiche, sabotaggi, limitazioni normative sull’uso dei cavi possono trasformare il data center in un costosissimo scaffale per server inutilizzati.
Rischi Sociali e Ambientali
Opposizione di comunità locali o ambientalisti
Probabilità: Media
Impatto: Medio
Descrizione: Nonostante la narrativa verde, il consumo enorme di energia e acqua per il raffreddamento dei server potrebbe alimentare proteste e cause legali che rallenterebbero (o bloccherebbero) l’espansione.
Rischi Regolatori
Revisione delle normative sulla privacy dei dati
Probabilità: Alta
Impatto: Alto
Descrizione: Se il Brasile introducesse norme più severe sulla sovranità dei dati (spinto magari dagli USA o dall’Europa), ByteDance potrebbe trovarsi costretta a segregare o localizzare dati in modo oneroso, riducendo drasticamente l’efficienza economica del progetto.