Comcast ha appena regalato agli investitori una doccia fredda: l’utile netto è sceso del 13% nel primo trimestre, un numero che puzza di vecchio, come i loro decoder. I ricavi sono stati “leggermente inferiori”, una di quelle espressioni corporate che suona come “abbiamo sbattuto contro il muro, ma con stile”. Il punto è che stanno perdendo clienti sia nel ramo TV via cavo che in quello della banda larga, confermando che la disaffezione per la vecchia guardia del telecom sta accelerando. Chi ha ancora voglia di pagare per una TV lineare quando ci sono streaming on demand e connessioni mobili sempre più performanti?

Intanto, Intel vive il suo ennesimo incubo post-silicio. Dopo anni a rincorrere Nvidia e AMD, le azioni hanno perso un altro 7% dopo le dichiarazioni poco entusiaste del nuovo CEO Lip-Bu Tan. L’azienda si aspetta cali di fatturato e margine lordo nel trimestre in corso, e Tan lo attribuisce a un “ambiente macroeconomico volatile e incerto”. Tradotto dal corporatese: non sappiamo come uscirne. Mentre l’AI esplode e le GPU diventano il nuovo petrolio, Intel sembra ancora convinta che il futuro passi per processori generalisti. Non funziona più così.

Chi invece cerca di infilarsi nel futuro, anche a costo di salire su un’auto senza conducente, è Volkswagen, che ha annunciato una partnership con Uber per offrire robotaxi in alcune città americane a partire dal 2026, cominciando da Los Angeles. Lo scenario è affascinante quanto distopico: da un lato la promessa di una mobilità più efficiente e autonoma, dall’altro il brivido di affidarsi a software e sensori per attraversare il traffico di LA. Uber ci prova da anni, ma stavolta potrebbe davvero metterci la freccia, con VW come alleato industriale.

Nel frattempo, arriva anche la benedizione del governo. La National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA) ha ampliato l’esenzione dagli standard federali di sicurezza anche ai produttori statunitensi di veicoli autonomi. Prima era un favore riservato ai player stranieri. Ora tutti i cowboys della guida autonoma possono cavalcare senza cinture.

Ma c’è di più: la Federal Reserve ha silenziosamente abbandonato le linee guida sulle criptovalute emanate sotto l’amministrazione Biden. Una mossa che sa tanto di “ci siamo stancati di far finta di regolare qualcosa che non capiamo”. È un segnale forte per il mondo cripto: le istituzioni stanno smettendo di combattere il cambiamento e stanno iniziando a preparare il terreno per la nuova finanza, o almeno per quella che sopravviverà alla prossima implosione.

Infine, tocca a Meta Platforms, che continua il suo strip aziendale a Reality Labs, la divisione AR/VR. Più di 100 dipendenti licenziati, un’altra conferma che il Metaverso è diventato un buco nero nel bilancio, più che una promessa rivoluzionaria. Zuckerberg ha scommesso su una visione troppo avanti per i tempi o troppo staccata dalla realtà. Il risultato è un Reality check, non Labs.

In tutto questo, il pattern è chiaro: le big tech non sono più entità divine. Perdono clienti, tagliano personale, si arrampicano su nuove scommesse per restare rilevanti. E nel frattempo, i loro CEO vendono sogni con la voce tremante.