Quando Microsoft e la Singapore Academy of Law si mettono insieme per scrivere un manuale di Prompt Engineering per avvocati, non lo fanno per sport. Lo fanno perché hanno capito che l’unico modo per convincere una professione ostinatamente conservatrice a dialogare con l’intelligenza artificiale, è quello di mostrarle che non c’è nulla da temere… e tutto da guadagnare. Il documento in questione non è un trattato teorico né una marketta da vendor: è un compendio tecnico, pratico, e maledettamente necessario su come usare l’IA generativa nel diritto senza fare disastri etici o figuracce professionali. Ecco perché è interessante: perché non parla dell’IA, ma con l’IA. E lo fa con uno stile educato ma pragmatico, come dovrebbe fare ogni buon avvocato.

Nel primo capitolo, gli autori smantellano con eleganza la narrativa ansiogena: l’IA non ruba lavoro, ma tempo sprecato. Il messaggio è chiaro: l’avvocato che usa l’IA non è un fannullone, è un professionista che si libera dalle catene della burocrazia testuale. Revisioni contrattuali, due diligence, ricerche giurisprudenziali… tutte attività dove l’IA non solo non nuoce, ma esalta la qualità umana, perché consente di dedicarsi a ciò che davvero conta: pensare, decidere, consigliare. Non automatizzare l’intelligenza, ma liberarla.

Poi si passa ai casi d’uso. E qui il documento diventa un manifesto operativo. L’IA che scrive una prima bozza di contratto. L’IA che prepara la traccia per un atto di citazione. L’IA che riassume un faldone di 800 pagine in 3 bullet point (eh sì, lì magari i bullet servono). È il laboratorio del giurista aumentato, in cui il prompt diventa lo scalpello per scolpire una risposta utile, centrata e, con un po’ di fortuna, persino brillante.

Ma la vera rivoluzione sta nei capitoli centrali, quelli dove si insegna come parlare con l’IA. No, non è un assistente vocale da trattare con educazione. È una macchina linguistica che restituisce ciò che chiedi, nel modo in cui lo chiedi. E quindi il prompt è tutto. Forma, tono, ruolo, contesto. L’avvocato deve re-imparare a scrivere, ma non per persuadere un giudice: per farsi capire da un modello linguistico. È il nuovo linguaggio tecnico della professione, e chi lo padroneggia ha un vantaggio competitivo clamoroso.

Il manuale non si ferma alla teoria. Porta esempi, modelli, casi concreti. C’è persino una sezione dedicata al potenziale creativo dell’IA nel legal design: riformulare clausole ingarbugliate, tradurre un testo giuridico senza distruggere il senso normativo, generare spiegazioni accessibili al cliente. L’IA come alleata nella chiarezza, non come nemica dell’accuratezza.

Poi arriva il capitolo più importante e pericoloso: l’etica. Qui gli autori lo ribadiscono senza mezze misure: la responsabilità è tua. Sempre. Non puoi dire “l’ha scritto ChatGPT”, come non puoi dire “l’ha scritto la tua segretaria”. Se lo firmi, lo possiedi. L’IA è un copilota, non un sostituto. È il tuo assistente, non il tuo parafulmine. Una presa di posizione necessaria in un momento in cui troppi professionisti stanno barattando competenza per convenienza.

Il documento chiude con un glossario e, soprattutto, con una chicca pratica: esempi di prompt pronti all’uso per scenari legali comuni. Un avvocato può copiarli, personalizzarli e iniziare a usare l’IA generativa in Word, Outlook, Teams e PowerPoint. Grazie a Microsoft 365 Copilot, l’IA è letteralmente nella suite: non serve reinventare la ruota, basta imparare a girarla meglio.

Questo è un documento da leggere, salvare, condividere nello studio legale e magari anche stampare (su carta intestata, per non perdere l’abitudine). Perché non stiamo parlando di futuro, ma di presente operativo. E chi non sa scrivere un prompt oggi, domani farà fatica anche a scrivere una parcella.

Link utile: Prompt Engineering for Lawyers – Singapore Academy of Law
Se vuoi approfondire l’area learning ufficiale di Microsoft, eccola: Prompt Engineering Microsoft Learning