Quando la NATO smette di finanziare droni, missili e tecnologia a base di metallo e punta milioni su un materiale ultrasottile come il grafene, forse vale la pena alzare le antenne. Non quelle classiche, magari proprio quelle nuove, basate su ricetrasmettitori privi di silicio, sviluppati da una piccola ma ambiziosissima startup italiana: CamGraPhIC .

In un’epoca in cui il silicio comincia a mostrare i segni del tempo e dei limiti fisici, la scommessa dell’Alleanza Atlantica su questa tecnologia tutta europea suona quasi come un atto di fede nella fisica quantistica applicata al business.
CamGraPhIC, fondata nel 2018 a Lecce, è una creatura visionaria. Non vuole semplicemente migliorare ciò che già esiste. Vuole cancellarlo. E riscrivere le regole dell’elettronica optoelettronica. Al posto dei classici chip al silicio, i suoi dispositivi utilizzano il grafene, materiale bidimensionale fatto di un singolo strato di atomi di carbonio disposti a nido d’ape. Leggerissimo, flessibile, ma soprattutto con proprietà elettroniche e fotoniche che sembrano fatte su misura per le comunicazioni del futuro.
Per l’intelligenza artificiale, che si nutre di velocità e larghezza di banda come una startup affamata di finanziamenti.La NATO, attraverso il DIANA (Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic), ha visto lungo.
Questo fondo è il nuovo giocattolo geopolitico pensato per intercettare e finanziare innovazioni dual-use, cioè civili e militari, prima che finiscano nelle mani sbagliate, tipo Pechino o Silicon Valley.
CamGraPhIC si è portata a casa una fetta di questi fondi per sviluppare ricetrasmettitori in grafene, capaci di operare su frequenze superiori ai 100 GHz.
Tradotto: comunicazioni ultraveloce, latenza ridotta, potenza ridicola, e hardware che non si surriscalda come i chip in silicio quando gli fai fare deep learning.E qui entra in gioco l’AI.
Perché una delle sfide più idiote ma strutturali dell’intelligenza artificiale è che più diventa intelligente, più ha bisogno di energia, spazio, calcolo, raffreddamento.
I data center stanno diventando centrali termiche che emettono più CO₂ di un aeroporto. Se CamGraPhIC riesce davvero a miniaturizzare e rendere scalabili i suoi ricetrasmettitori ottici in grafene, la promessa è semplice: far girare modelli di intelligenza artificiale avanzati in tempo reale e in edge computing, direttamente nel device, senza bisogno di mandare tutto nel cloud.
Un colpo mortale a Nvidia, ai chip proprietari, e forse anche al modello cloud-centrico di Amazon e Google.Il paradosso è che questa rivoluzione non nasce nella Silicon Valley, né a Shenzhen.
Ma in Puglia, e più precisamente grazie al know-how portato avanti dal CNR e da gruppi universitari europei che lavorano sul grafene da oltre un decennio, spesso ignorati dal mercato, finché la geopolitica non si è svegliata.
La NATO non finanzia mai per caso. Ogni investimento è anche un messaggio. E qui il messaggio è chiaro: il silicio è una tecnologia del Novecento, e il Novecento è finito da un pezzo.
Il grafene, se funzionerà davvero su larga scala, è il nuovo cavallo di Troia dell’Occidente per recuperare il vantaggio tecnologico perduto. Altro che startup: CamGraPhIC è un laboratorio di guerra fredda 2.0, con un’interfaccia da deep tech e un backend militare.
Se vi sembra futuristico, fate una prova: pensate alla vostra connessione 5G, ai vostri smart device, ai sensori che regolano tutto, dalla macchina elettrica al frigorifero intelligente.
Ora immaginate che tutto questo possa scambiare dati non in millisecondi, ma in picosecondi. Con hardware più leggero, meno energivoro e persino biodegradabile.
Senza silicio.Benvenuti nella guerra del carbonio.