L’intelligenza artificiale (AI) ha invaso ogni angolo della nostra vita quotidiana, promettendo di semplificare compiti complessi e migliorare l’efficienza in vari settori, dalla salute alla gestione aziendale. Tuttavia, mentre l’AI continua a riscrivere il nostro modo di lavorare e interagire con il mondo, emergono preoccupazioni riguardo ai suoi effetti sul nostro cervello e sulle nostre capacità cognitive. Alcuni studi recenti hanno iniziato a tracciare la linea sottile tra i benefici tangibili dell’AI e i costi invisibili che essa impone al nostro benessere mentale.
Uno degli aspetti più rilevanti riguarda l’effetto dell’AI sul pensiero critico. Uno studio condotto dalla Swiss Business School ha messo in evidenza come un uso eccessivo di AI possa indebolire le capacità di pensiero critico. I giovani, che tendono a fare più affidamento sull’AI, sono risultati avere punteggi più bassi nelle valutazioni di pensiero critico, mentre gli adulti più anziani, che si affidano meno alla tecnologia, hanno ottenuto risultati migliori. Questo fenomeno è stato confermato anche da una ricerca congiunta di Microsoft e Carnegie Mellon, che ha sottolineato come l’uso intensivo di AI aumenti l’efficienza ma diminuisca la capacità di analisi critica. Se ci abituiamo a delegare il nostro processo di pensiero a un algoritmo, rischiamo di diventare meno abili nel risolvere problemi da soli.
Il tema della memoria è altrettanto preoccupante. Come l’affidamento continuo a GPS può indebolire il nostro senso innato dell’orientamento, anche l’uso di sistemi AI per compiti legati alla memoria sembra ridurre la nostra capacità di richiamare informazioni. La crescente dipendenza da assistenti virtuali e motori di ricerca per ricordare fatti o eseguire calcoli ha il potenziale di “smorzare” la nostra memoria a lungo termine. In effetti, si potrebbe parlare di una sorta di “memoria esterna” che potrebbe sostituire quella biologica, ma con costi cognitivi che stiamo ancora esplorando.
Anche la creatività sembra essere un campo suscettibile alle forze dell’AI. Sebbene gli algoritmi possano generare nuove idee in modo sorprendentemente rapido, gli studi hanno dimostrato che le soluzioni proposte dall’AI tendono ad essere meno diversificate e innovative rispetto a quelle create dall’uomo. Il rischio è che, pur aumentando la quantità di idee, l’AI riduca la qualità e la varietà delle stesse, portando a una carenza di quei momenti di “Eureka!” che sono spesso il risultato di un pensiero libero e disordinato. Così, mentre l’AI ci permette di produrre rapidamente contenuti, potrebbe anche limitare il nostro potenziale creativo nel lungo periodo.
Un altro tema caldo riguarda il sistema di ricompensa neurale del cervello. Quando risolviamo un problema autonomamente, il nostro cervello rilascia una quantità significativa di dopamina, creando una sensazione di gratificazione che stimola ulteriori attività cognitive e motivazionali. Tuttavia, la risposta del cervello a una soluzione generata da un algoritmo è molto più debole. La mancanza di questo stimolo positivo potrebbe ridurre la nostra propensione a sperimentare, a correre rischi e a imparare, creando un circolo vizioso di dipendenza tecnologica. Questo meccanismo ha implicazioni significative sullo sviluppo del cervello e sulle capacità cognitive a lungo termine, un aspetto che merita ulteriore esplorazione scientifica.
Infine, la salute cerebrale potrebbe subire effetti indiretti ma profondi. Prendere decisioni autonome, imparare una nuova lingua o impegnarsi in attività cognitive impegnative sono tutte pratiche che rinforzano le connessioni neurali e proteggono il cervello dall’invecchiamento precoce. Tuttavia, la crescente disponibilità di traduttori automatici e applicazioni di apprendimento linguistico ha ridotto l’urgenza di imparare nuove lingue in modo diretto. In questo contesto, l’uso eccessivo di tecnologie che forniscono risposte rapide potrebbe compromettere la nostra capacità di mantenere il cervello agile e protetto contro malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer.
L’intelligenza artificiale è, senza dubbio, una tecnologia potente con un potenziale enorme, specialmente in ambiti come la sanità, dove può salvare vite e ottimizzare il trattamento delle malattie. Tuttavia, è cruciale cominciare a considerare seriamente le sue conseguenze non intenzionali sul pensiero umano. Oltre ai suoi effetti sul mercato del lavoro, sulla società, sulla democrazia e su questioni di etica e bias, l’AI potrebbe rappresentare una minaccia per la nostra stessa capacità cognitiva. Non dobbiamo chiederci solo cosa l’AI possa fare per noi, ma anche cosa sta facendo a noi.
Per approfondire questa tematica e scoprire i dettagli degli studi menzionati, puoi leggere l’articolo completo su The Guardian ‘Don’t ask what AI can do for us, ask what it is doing to us’: are ChatGPT and co harming human intelligence?.