Se pensavi che la frontiera dell’IA fosse costruire assistenti per ottimizzare il lavoro, scrivere codice o aiutarti a prenotare un volo, è perché non avevi ancora sentito parlare di Cluely. La startup più cinica e arrogante dell’anno è finalmente qui, e non sta nemmeno tentando di nascondere le proprie intenzioni: aiutarti a barare. Sempre. Ovunque. Anche sotto sorveglianza.

Roy Lee, il fondatore cacciato da Columbia per aver costruito un tool chiamato Interview Coder (che, guarda caso, serviva a truccare i colloqui tecnici), ha raccolto 5,3 milioni di dollari per creare un software ancora più audace. L’ha chiamato Cluely. Funziona come una sorta di ChatGPT invisibile, pronto a suggerire risposte in tempo reale durante colloqui, esami, meeting aziendali, persino appuntamenti galanti. Il tutto senza che nessuno si accorga di nulla. Magia nera? No, overlay traslucido alimentato da OpenAI.

Questa AI si piazza sul tuo desktop, ascolta la conversazione, vede cosa succede sullo schermo e agisce come un player due silenzioso e onnipresente. L’effetto? Una voce nella tua testa che ti suggerisce le risposte giuste, in tempo reale, mentre sembri interagire come se fosse tutto farina del tuo sacco.

Il team dietro Cluely non ha mezzi termini: “Aiutiamo le persone a barare”, si legge nel sito ufficiale, un misto tra dichiarazione di guerra e manifesto da cypherpunk educato male. L’obiettivo? Semplice: rendere il concetto stesso di cheating un’arte accettata. “Anche la calcolatrice era considerata barare. Anche il correttore ortografico. Anche Google”, dicono. “All’inizio fa paura. Poi lo accetti. Poi te ne dimentichi. E improvvisamente è la norma.”

Cluely, come dichiarato su LinkedIn dallo stesso Roy Lee, nasce come risposta estrema a un mondo in cui l’intelligenza artificiale deve chiedere permesso per esistere. Ma non solo: è una provocazione travestita da startup. Una bomba virale progettata per attirare attenzione a ogni costo. E per ora, ci riesce benissimo.

Il video diventato virale domenica scorsa mostra un uomo in un appuntamento romantico che usa Cluely per pescare in tempo reale informazioni dal profilo social della ragazza e risponderle come un perfetto conoscitore delle sue passioni. Un piccolo Black Mirror da bar. Roy Lee ha poi chiarito che non era quello l’uso previsto. Ma l’attenzione del pubblico, ovviamente, è esplosa. E se distribuzione è davvero l’ultimo moat—come sostiene lo stesso Lee—Cluely ha già vinto.

Dietro la facciata cinica e ironica, però, c’è una verità tecnologicamente inquietante. Cluely non è solo uno strumento per chi vuole fregare Amazon in un technical interview. È una preview di come l’intelligenza artificiale si stia insinuando in ogni interazione umana, ridefinendo i confini di ciò che consideriamo abilità, competenza, preparazione. L’overlay trasparente che suggerisce risposte in tempo reale è solo la punta dell’iceberg: in realtà, è l’embrione di un’interfaccia cervello-macchina per pigri digitali.

Il tempismo è perfetto. OpenAI ha appena aggiornato ChatGPT con una funzione di memory permanente, in grado di ricordare tutto quello che dici nelle conversazioni passate. E GPT-4.5 ha ufficialmente battuto il test di Turing nel 73% dei casi, convincendo gli umani di essere umano. In questo scenario, Cluely non è più uno strumento illegale. È solo il prossimo passo logico per chi non accetta di arrivare secondo.

Le scuole e le aziende, ovviamente, non stanno a guardare. Il mercato dei software di proctoring è in espansione costante, con telecamere che analizzano i movimenti oculari, browser chiusi, tracciamento AI del comportamento. Ma Cluely è stato pensato per eludere proprio questi meccanismi. Invisibile, silenzioso, integrato. L’anti-proctor per eccellenza.

In sintesi? Il mondo intero si preoccupa della responsabilità etica dell’IA, e nel frattempo Roy Lee ti consegna un cheat code universale per la vita. E lo fa con un sorriso.

Cluely non è un progetto. È una dichiarazione di guerra alla meritocrazia come la conosciamo. E la parte più inquietante è che, in fondo, funziona.