Nel cimitero degli wearable AI, tra i resti del Humane AI Pin e il semi-congelato Rabbit R1, spunta un oggetto dalle dimensioni di un dollaro d’argento che non ha la minima intenzione di farsi notare per lo scintillio del marketing, ma per la sostanza. Si chiama OmiGPT, e la sua promessa è tanto modesta quanto potenzialmente devastante: un assistente ChatGPT al polso (o al collo) per meno di un centinaio di dollari.
Sì, hai letto bene. Mentre le Big Tech giocano alla “fantascienza per ricchi” con gadget da 699 dollari in su, una startup di San Francisco ha scelto la via spartana, realista e brutalmente ingegneristica. Dietro a questa creatura hi-tech c’è Nik Shevchenko, che non vuole venderti un sogno, ma qualcosa che userebbe lui stesso, se non altro per non doversi più portare appresso uno smartphone anche solo per salvare una conversazione.

L’approccio è quello che ci si aspetterebbe da un hacker visionario con l’etica di un artigiano: niente lanci in pompa magna, solo developer kit. Prima la validazione del mondo reale, poi (forse) i consumatori. È una presa di posizione forte in un mercato che brucia milioni a ogni lancio e considera il feedback dell’utente un fastidio post-vendita.
OmiGPT è un dispositivo open-source, costruito intorno a una scheda PCB custom, con 64GB di memoria interna, alimentazione ricaricabile e connessione diretta all’API di ChatGPT. Nessun speaker, quindi niente risposte imbarazzanti in pubblico, ma un microfono sempre acceso e pronto a catturare contesto, voce, intenzione. L’interfaccia non è touch né display-based, ma interamente vocale o via app, con risposte testuali ritardate quando offline, elaborate al momento del prossimo sync.
La genialità grezza di OmiGPT non sta solo nel prezzo, ma nella franchezza tecnica. Non finge di essere un sostituto dello smartphone. Non promette visioni in realtà aumentata. Non millanta empatia digitale. Registra, analizza, risponde. Fine. E quando sei offline, fa il minimo sindacale: cattura i dati. Quando torni online, li lavora con tutta la potenza di GPT.
In un mercato dove il Rabbit R1 arranca con aggiornamenti software e il Humane Pin è stato già liquidato da HP come un asset fallito, OmiGPT gioca un’altra partita: non venderti il futuro, ma offrirti un tool usabile oggi. A 89 dollari. Quasi un atto politico nel mondo dell’hi-tech contemporaneo.
Chiariamoci: il prodotto non è finito, ma è funzionale. Non è raffinato, ma è pensato. Non è bello, ma è vivo. E il team lo sa: prima di diventare oggetto di massa, dev’essere oggetto di uso. “Se poi la gente lo compra, fantastico. Ma non è il nostro obiettivo primario”, dice Shevchenko con una calma da monaco zen in mezzo al rumore dei pitch da venture capitalist.
Il futuro? Occhiali AI e persino interfacce cervello-macchina. Ambizione pura, ma senza il tono da spot pubblicitario. “Li stiamo costruendo perché li vogliamo noi”, ribadisce Shevchenko. E in un’epoca in cui ogni device sembra creato per essere venduto a qualcuno che non ne ha bisogno, l’idea che un fondatore voglia realmente usare ciò che crea suona quasi rivoluzionaria.
Per ora, se vuoi mettere le mani su un OmiGPT, puoi prenotare un developer kit. Le spedizioni inizieranno nel secondo trimestre del 2025. Intanto puoi seguire il progetto o contattare Shevchenko direttamente qui su X.
Nel mondo delle AI wearable, forse il “momento iPhone” non è ancora arrivato. Ma questo piccolo disco d’alluminio connesso a GPT potrebbe benissimo essere il momento Arduino dell’intelligenza artificiale. E in certi ambienti, vale molto di più.