Nel contesto di una società che celebra la tecnologia come nuovo oracolo, la figura della donna nelle discipline STEM continua a essere sottorappresentata, troppo spesso relegata a ruolo decorativo nei panel aziendali o strumentalizzata nelle campagne pubblicitarie dall’inconfondibile retrogusto di marketing rosa. Il problema non è solo quantitativo, ma profondamente culturale: la matematica, l’ingegneria, la scienza e la tecnologia sono ancora percepite come territori maschili per eccellenza, dove la presenza femminile viene vista come un’eccezione statisticamente tollerabile ma raramente valorizzata.

Eppure, in spazi di innovazione come l’Hong Kong Science and Technology Park, esiste una generazione di professioniste che non chiede inclusione, la impone. Figure come Florence Chan, Angela Wu, Wendy Lam, Gina Jiang e Megan Lam, Inhwa Yeom incarnano un nuovo paradigma: quello della competenza femminile che non solo compete, ma supera. Il loro lavoro è sintesi tra eccellenza accademica e applicazione pratica, tra rigore scientifico e intuito strategico, in una costante tensione verso la risoluzione di problemi complessi che spaziano dalla biomedicina alla neurotecnologia.

Angela Wu, ad esempio, ha rivoluzionato la diagnostica genetica in Asia integrando sistemi di intelligenza artificiale per accelerare i processi di analisi dei dati clinici. Un lavoro che richiede non solo competenze tecniche avanzate, ma anche una visione trasversale su privacy, bioetica e accessibilità sanitaria. Florence Chan, invece, si muove nel campo dell’ingegneria ambientale con un approccio che fonde sostenibilità e ottimizzazione dei processi urbani, affrontando temi critici come l’energia pulita e la gestione dei rifiuti in aree metropolitane densamente popolate.

Inhwa Yeom (lei/sua) è un’artista multimediale e fondatrice di 
바이오브 𝑩𝒊𝑶𝑽𝑬 (https://biove.io ), una startup biotecnologica e artisticaProgetta, sviluppa e valuta sistemi interattivi basati su XR e intelligenza artificiale che mirano a migliorare l’accessibilità in 1) esperienze mediche, riabilitative e terapeutiche e 2) espressione collaborativa e apprendimento autodiretto.

Interessante notare come molte di queste innovatrici non provengano da percorsi lineari. Il caso di Anushka Purohit è emblematico: ha fondato Breer, un’impresa che converte pane invenduto in birra, unendo economia circolare, chimica alimentare e imprenditorialità in un unico progetto. A soli 18 anni, è riuscita a scardinare due stereotipi contemporaneamente: quello della donna nell’industria brassicola e quello della giovane imprenditrice “non abbastanza credibile”. L’operazione non è solo brillante dal punto di vista tecnico, ma anche politicamente destabilizzante: riappropriarsi del concetto di spreco e trasformarlo in valore significa anche riformulare il concetto stesso di innovazione.

L’argomento della multidisciplinarietà emerge con forza nel dibattito interno tra queste protagoniste. La distinzione netta tra scienza e umanesimo viene definita non solo anacronistica, ma anche dannosa. L’invito è a superare il concetto di STEM in favore di STEAM, includendo le arti come dimensione fondamentale dell’innovazione. La coreana Inhwa Yeom rappresenta in modo plastico questa visione: artista visiva che utilizza l’intelligenza artificiale come materia prima per la sua creatività, partecipa a “Future Tense”, una mostra che immagina un futuro dove la tradizione culturale asiatica viene riscritta attraverso algoritmi, software generativi e ambienti digitali immersivi.

Questa convergenza tra scienza e arte, lungi dall’essere un esercizio estetico, si rivela uno strumento epistemologico potente: ripensare il futuro attraverso il linguaggio della speculazione visiva consente di mettere in discussione i dogmi dell’innovazione lineare, aprendo spazi di riflessione che i fogli Excel e le roadmap tecnologiche non possono contemplare.

Il tema della previsione diventa così uno snodo filosofico. Mentre il mondo tech continua a inseguire modelli predittivi sempre più sofisticati, l’esperienza umana continua a sfuggire alle equazioni. Ron Gluckman, raccontando la trasformazione trentennale di Luang Prabang, mette a nudo l’illusione del controllo. Le città mutano, gli ecosistemi culturali evolvono, i paradigmi si ribaltano. Nessun algoritmo, per quanto raffinato, può anticipare la complessità delle traiettorie storiche, sociali e simboliche di un territorio.

In questo scenario, la figura della donna-scienziata-artista-imprenditrice emerge non come simbolo, ma come sintesi. Non è testimonial né mascotte, ma agente di trasformazione. Non chiede spazio, se lo prende. E lo riempie di senso, competenza e visione.

Megan Lam , Wendy Lam , 菁恣。陳曉玲Chanzi Florence , Gina Jiang Angela Wu