La narrativa trionfale che ha accompagnato la rielezione di Donald Trump si sta sbriciolando sotto il peso delle aspettative mancate. L’ultimo sondaggio economico nazionale CNBC All-America fotografa un Paese più cupo, deluso e (cosa ancora più letale in politica) impaziente. Il consenso economico nei confronti del presidente ha toccato i livelli più bassi del suo secondo mandato, segnando un’inversione di rotta drammatica rispetto all’impennata di ottimismo che aveva accompagnato la sua riconferma. Con un approvazione economica al 43% e un netto 55% di disapprovazione, Trump entra ufficialmente nella zona rossa della fiducia pubblica, per la prima volta anche sul tema economico, da sempre il suo cavallo di battaglia.
Il dato più preoccupante per la Casa Bianca non è tanto la resistenza della base repubblicana, che regge, quanto la frattura profonda con gli indipendenti e l’ostilità feroce dei democratici. Tra questi ultimi, la disapprovazione netta sulle politiche economiche di Trump ha raggiunto il -90, un abisso politico mai visto nemmeno durante il primo mandato. E anche tra i lavoratori blue collar, una delle colonne portanti del trionfo trumpiano del 2024, il supporto mostra crepe evidenti: sì, ancora positivi nel complesso, ma con una crescita di 14 punti nei tassi di disapprovazione rispetto alla media del primo mandato. Il tempo della gratitudine è finito, ora si pretende il dividendo.
La narrativa ufficiale, che prometteva una nuova era di “greatness” economica, sta sbattendo contro una realtà molto più sporca: inflazione persistente, tariffe impopolari e una percezione crescente che le cose andranno peggio, non meglio. Il 49% degli americani crede che l’economia peggiorerà nel prossimo anno, un picco di pessimismo che non si vedeva dal 2023. Tra gli indipendenti, la maggioranza è ormai convinta che il trumponomics non sia altro che un vestito nuovo per un imperatore inadeguato. E attenzione: persino tra i sostenitori convinti, il 27% ammette che servirà “almeno un anno” per vedere effetti positivi. Nel frattempo, il 40% dei critici dice che le sue politiche stanno già facendo danni ora.
Il nodo centrale resta quello delle tariffe. Una misura pensata per sembrare muscolare, ma che si sta ritorcendo contro. Il pubblico le boccia con un margine netto di 49 contro 35, e la percezione che stiano danneggiando lavoratori, inflazione e l’intero sistema produttivo è ormai diffusa. I democratici le respingono in blocco, gli indipendenti non ci credono, e persino i repubblicani, seppur ancora favorevoli, mostrano un raffreddamento significativo. Gli Stati Uniti si scoprono meno “fortezza assediata” e più sistema integrato: Canada, Messico, UE e Giappone sono oggi visti come opportunità economiche, non minacce. Il vero avversario resta la Cina, percepita come minaccia dal 44% degli intervistati, un salto negativo rispetto al 2019.
Inflazione e spesa pubblica sono le spine più dolorose nel fianco del presidente. Il 60% disapprova la gestione dell’inflazione, il peggiore dato registrato, mentre la gestione della spesa federale arranca con un 45% di approvazione contro un 51% di disapprovazione. E c’è un altro segnale allarmante per gli strateghi del presidente: il 57% del Paese crede che una recessione sia già iniziata o sia imminente. Il dato era al 40% solo un anno fa. Non è più solo pessimismo: è paura.
Paradossalmente, il miglior terreno di consenso per Trump resta l’immigrazione. La gestione del confine meridionale è approvata dal 53%, con un inaspettato 22% di democratici che gli riconosce un certo merito. Le politiche di deportazione raccolgono un 52% di consenso, con una maggioranza anche tra gli indipendenti. Il che suggerisce una dinamica tipica del trumpismo: quando si tocca il nervo della paura e dell’identità, la polarizzazione si piega, almeno in parte.
Il crollo di fiducia nel mercato azionario è un altro colpo duro. Solo il 38% degli americani crede sia un buon momento per investire, il dato più basso da due anni. A dicembre l’ottimismo era ai massimi storici da quando esiste questo sondaggio, oggi siamo nel suo esatto contrario. Un tonfo che sa di smarrimento, ma anche di consapevolezza: forse l’America ha capito che non basta una campagna elettorale in stile reality show per far funzionare Wall Street.
Tuttavia, il crollo della fiducia non sta ancora generando una rinascita democratica. Il Congresso è ancora spaccato quasi a metà: 48% vuole i Democratici al potere, 46% preferisce i Repubblicani. Nessuno convince, ma qualcuno delude di più. Trump ha costruito il suo ritorno sulla promessa di un’economia più forte, più veloce, più fiera. Ma ora che i numeri raccontano un’altra storia, il rischio è che l’incanto si trasformi in resa dei conti.
Fonte CNBC: Trump registers worst economic approval