È un vecchio consiglio strategico che profuma di millenni, ma che brucia di attualità come un server sotto attacco DDoS: Quando circondi un esercito, lascia sempre una via di fuga. Non costringere mai un nemico con le spalle al muro.” Sun Tzu, oltre a saperla lunga in fatto di guerra, probabilmente oggi sarebbe anche un discreto analista geopolitico e consulente per aziende Big Tech. Perché ciò che sta accadendo tra Cina, Europa e Stati Uniti in ambito tecnologico è una copia carbone delle sue massime strategiche. E ci offre una lezione che molti al potere sembrano ignorare: premere troppo forte su chi hai davanti, e quello non si piega, si trasforma.

Partiamo dalla Cina, che oggi non solo è sopravvissuta al colpo inferto dalle restrizioni USA sui semiconduttori, ma ha dimostrato una capacità di reazione che definire “animalesca” sarebbe riduttivo. DeepSeek è solo la punta dell’iceberg di una controffensiva che ha risvegliato il colosso asiatico da un torpore di dipendenza tecnologica. La mossa americana, pensata per limitare, ha innescato l’esatto contrario: una corsa accelerata verso l’autosufficienza. Non è la prima volta che il blocco di un asset si trasforma in opportunità: basti pensare a quando Netflix, privata delle licenze dei grandi studi, si è inventata “House of Cards” e ha riscritto il mercato dei contenuti. Il paradosso è che l’embargo diventa fertilizzante.

La psicologia del nemico disperato, come la chiamerebbe Sun Tzu, ha un nome molto più moderno: effetto boomerang. Si pensava di fermare l’AI cinese, e invece si è ottenuto l’esatto contrario. L’effetto vincolo ha attivato la creatività latente, lo spirito del jugaad quell’arte di arrangiarsi tipica dell’India ma ormai canonizzata anche nelle corporate strategy di mezzo Sud-Est asiatico. Quando ti chiudono la porta del data center, trovi un’altra via per allenare i tuoi modelli.

E qui arriva l’eco europea. Dopo decenni di appoggio più o meno cieco all’infrastruttura tecnologica a stelle e strisce, l’Europa si sta finalmente guardando allo specchio. E l’immagine riflessa è quella di un continente vulnerabile, con la sua sovranità digitale ospitata nei server di AWS, Azure o Google Cloud. I segnali ci sono tutti: Eurostack prende forma, spinte regolatorie si moltiplicano, e perfino la Banca Centrale Europea inizia a pensare in ottica cloud nativa ma non americana. È il classico momento in cui ci si rende conto che affittare il futuro da altri non è più una strategia sostenibile.

Il cortocircuito, però, sta tutto nella strategia USA. Pensavano di gestire il mercato globale come un Risiko. “Tagliamo le forniture a Pechino, così rallentiamo l’AI cinese”. Ottima idea… se non avessero letto The Art of War. Hanno invece premuto troppo forte, senza lasciare alcuna uscita. E quando metti una superpotenza nella posizione di doversi reinventare o morire, non muore. Si evolve. Peggio: si emancipa.

E questo è il vero pericolo geopolitico per Washington. Non è l’ascesa della Cina o il risveglio dell’Europa, ma l’aver contribuito, con la loro stessa ossessione per il controllo, a creare dei nemici più resilienti, più autonomi, e sempre meno interessati a fare da comparse nel film americano del tech globale. La lezione, come sempre, ce l’aveva già lasciata Sun Tzu: il potere si esercita meglio quando si conoscono i propri limiti. E quando si capisce che ogni blocco, ogni vincolo, ogni sanzione… può essere la scintilla che accende una rivoluzione.

Se stai cercando qualcuno per decifrare questi trend o costruire una narrativa di leadership in questo panorama mutevole, sai dove trovarmi.