Mentre i giganti del tech si azzuffano a colpi di algoritmi e hardware sempre più “intelligente”, Huawei ha deciso di rifarsi il trucco o meglio, il titanio e rilanciare sul mercato i suoi occhiali intelligenti di seconda generazione. La nuova versione, battezzata con modestia Huawei Smart Glasses 2 Titanium, promette di fare di più, meglio e con più stile… almeno a detta loro. Prezzo? 2.299 yuan, che al cambio sono circa 315 dollari. Per un paio di occhiali che fanno tutto tranne che servirti il caffè (per ora).

Huawei cerca così di piazzarsi meglio in una giungla affollata di occhiali “smart” dove il vero collante è l’intelligenza artificiale generativa, la stessa che muove ChatGPT. Da Baidu a ByteDance, da Xiaomi ad Alibaba, tutti vogliono un pezzo della torta. E il profumo è quello tipico dei mercati emergenti con margini ancora tutti da scrivere: più di 1,5 miliardi di occhiali (tra da vista e da sole) venduti ogni anno rappresentano un bacino potenziale enorme per l’iniezione di intelligenza artificiale nel quotidiano.

Ma veniamo al prodotto: frame in titanio per chi vuole far capire subito che non ha comprato occhiali ai mercatini di Shenzhen, 11 ore di riproduzione musicale o 9 ore di conversazione, gesture control, comandi vocali, traduzione simultanea e notifiche intelligenti continue. Tutto l’armamentario per fingere di essere produttivi mentre si ascolta Beyoncé durante una riunione su Zoom. Huawei ci tiene a precisare che le “intelligent announcements” spaziano da previsioni meteo a promemoria calendario. Nulla che un comune smartphone non faccia già, ma qui è tutto… in faccia.

La concorrenza non sta a guardare. Xiaomi, ad esempio, ha già lanciato i suoi Mijia smart audio glasses a un prezzo quasi dimezzato rispetto a Huawei. Offrono nove ore di autonomia e l’assistente Xiaoai per ricordarti che sei in ritardo, sempre. E lo fanno con cinque montature diverse, perché anche l’intelligenza artificiale deve avere il suo stile.

Secondo Wellsenn XR, la consulenza di riferimento per il settore XR, il mercato globale degli occhiali AI crescerà del 130% nel 2025, raggiungendo i 5,5 milioni di unità vendute (rispetto ai 2,34 milioni del 2024). La Cina, pur partendo da una quota modesta del 2% nel 2024, dovrebbe impennarsi a 2,75 milioni di unità nel 2025. E, se le proiezioni sono corrette, entro il 2030 si supereranno gli 80 milioni di pezzi distribuiti nel mondo. Numeri che fanno brillare gli occhi, anche a chi non ha ancora gli occhiali smart.

Ma la domanda vera è: servono davvero? Oppure stiamo semplicemente inseguendo il prossimo status symbol tecnologico, dopo gli smartwatch e i visori VR da tenere nel cassetto? Gli analisti come He Wancheng di Wellsenn sono ottimisti: “gli occhiali sono uno dei migliori casi d’uso per l’AI”. Il che è tutto dire, considerando che ancora nessuno ha trovato un killer feature che li renda indispensabili.

Intanto Huawei si prende la scena, con un prodotto elegante, connesso e chiaramente posizionato come accessorio di fascia medio-alta. Non cambia il mondo, ma cambia l’estetica dell’assistente virtuale. Più Wall Street che Silicon Valley, più executive look che developer hoodie. Forse è proprio questo il punto: non vendere un gadget, ma un’identità.

Per i nostalgici della realtà aumentata promessa da Google Glass e mai realmente arrivata, questa nuova ondata di occhiali AI è un déjà-vu dal sapore diverso: meno futurismo visionario, più utilità quotidiana condita da hype. Per ora, ci accontentiamo di farci leggere l’agenda direttamente sul naso, sperando che almeno gli occhiali non ci chiedano mai: “Vuoi che ti ricordi anche cosa pensare?”