Jensen Huang non è un CEO qualsiasi. È un fondatore con il carisma di un rockstar e la strategia di un generale in guerra. La sua visita a sorpresa a Pechino non è solo un gesto diplomatico: è una mossa tattica in una partita a scacchi globale dove la tecnologia è il nuovo petrolio. Un giorno prima, gli Stati Uniti avevano imposto nuove restrizioni sull’esportazione dei chip H20 di Nvidia verso la Cina, con una perdita stimata di 5,5 miliardi di dollari. Il giorno dopo, Huang era già a cena con i cinesi, come se nulla fosse. O meglio, come se tutto fosse in gioco.

La visita, orchestrata con la discrezione che si riserva agli incontri tra rivali con interessi comuni, è avvenuta su invito della China Council for the Promotion of International Trade, un organo statale che ormai gioca il ruolo di ambasciatore ombra tra Pechino e le grandi corporate americane. Huang si è incontrato con il presidente Ren Hongbin, promettendo che Nvidia “non risparmierà sforzi” per ottimizzare i suoi prodotti secondo i vincoli normativi, e che “servirà in modo incrollabile” il mercato cinese. Tradotto dal linguaggio diplomatico: Nvidia farà tutto il necessario per non perdere la Cina, anche a costo di disegnare chip su misura per un Paese sotto embargo.

E mentre gli analisti di Morningstar preconizzano un collasso del business cinese di Nvidia “vicino allo zero”, Huang sembra pensarla diversamente. Il tono della visita non è stato quello di una resa. Piuttosto, ha ricordato un incontro tra due mafiosi che si rispettano: ostili per necessità, ma consapevoli che gli affari sono affari. L’immagine pubblicata dalla CCTV racconta molto più delle dichiarazioni ufficiali. Huang, seduto solo di fronte a Ren e ai suoi funzionari, in una disposizione scenografica che più che diplomatica sembra teatrale. Una sedia vuota alla sua sinistra riservata a Jay Puri, l’uomo dei numeri globali di Nvidia, e un’altra a Raymond Teh, il suo stratega commerciale per l’Asia-Pacifico. Presenze simboliche più che operative. O forse, spettatori di una trattativa che si scrive da sé.

L’ironia amara è che Nvidia, mentre cerca di aggirare le restrizioni statunitensi, continua a muoversi come un’azienda americana fedele alla bandiera, ma con un portafoglio globale. Ha già costruito chip “castrati” come l’H20 per aggirare i primi blocchi all’export. Ora si prepara, probabilmente, a disegnare un H30 “autorizzato”, ancora più conforme e ancora più specifico per Pechino, mentre l’Occidente recita il mantra della sicurezza nazionale.

Nel frattempo, la Cina resta affamata di potenza di calcolo. I suoi colossi tech — Tencent, ByteDance, Alibaba — dipendono dai GPU Nvidia per l’addestramento dei modelli linguistici che ambiscono a essere il prossimo ChatGPT in salsa mandarino. Non a caso, lo stesso Huang ha incontrato anche Liang Wenfeng, il fondatore di DeepSeek, una startup AI che ha fiutato l’aria nuova e si prepara alla guerra dell’intelligenza artificiale senza armi americane. Con Huawei e altre entità cinesi che accelerano sulla produzione di chip locali, il messaggio è chiaro: o ci state dentro, o ci escludiamo da soli.

Nvidia, tuttavia, sa benissimo che un taglio netto dalla Cina equivale a perdere un decimo del proprio fatturato. Anche se ridotto rispetto al passato, è ancora troppo per essere sacrificato sull’altare del patriottismo a stelle e strisce. Così, mentre le azioni crollano del 6,9% a Wall Street, Huang prende un volo per Pechino e stringe mani. È il CEO della Silicon Valley che mangia anatra laccata con chi, secondo Washington, dovrebbe essere isolato. È anche lo stesso che una settimana fa cenava con Donald Trump, in un corto circuito politico degno di una spy story ambientata tra Cupertino e Zhongguancun.

Nel grande teatro della guerra tecnologica tra USA e Cina, Huang si muove come un attore che ha già letto il copione. Sa che nessuna parte può essere tagliata, che nessun personaggio è veramente secondario. Le aziende americane parlano di sicurezza nazionale a Washington e di collaborazione a Pechino. I cinesi dicono “andiamo avanti normalmente” mentre il mercato crolla.

E nel mezzo, Nvidia si reinventa. Perché Huang lo sa: oggi si fanno chip, domani si fa geopolitica. E in questo gioco, la vera potenza di calcolo è quella del cervello dietro le strategie.