L’ultimo giocattolo annunciato da xAI – il progetto di Elon Musk, ovvero la sua personale crociata contro OpenAI, Google e tutto ciò che odora di AI mainstream – è l’introduzione della “memoria” su Grok, il suo chatbot integrato nell’ecosistema X (ex Twitter). Niente di nuovo sotto il sole, direbbe chiunque mastichi almeno superficialmente il mondo dei modelli linguistici. La memoria nei chatbot non è una novità, è una feature ormai standard: ChatGPT l’ha integrata già da tempo, Gemini lo stesso. Quello che cambia è il contesto: il solito Musk-style, dove ogni beta diventa evento, ogni update una rivoluzione annunciata, e ogni “coming soon” una campagna marketing camuffata da nota di rilascio.

Il rollout della memoria avviene in beta, disponibile sul sito web e sulle app iOS e Android di Grok, ma, udite udite, esclusa per l’Unione Europea e il Regno Unito. Perché? Beh, regolamenti come il GDPR e il prossimo AI Act non sono proprio amici dell’idea di archiviare e analizzare dati personali senza limiti chiari. È un dettaglio non irrilevante che disegna bene il confine fra le chiacchiere da Silicon Valley e le realtà normative del Vecchio Continente. Sulla piattaforma X, invece, l’integrazione diretta di questa memoria arriverà “presto”. Traduzione: aspettatevi tweet criptici, meme ambigui e un annuncio pomposo con tre mesi di ritardo.

Tecnicamente, questa memoria dovrebbe permettere a Grok di “ricordare” ciò che l’utente ha detto in precedenza: preferenze, contesto, vecchie richieste. Niente che non si possa già fare con un sistema ben progettato di gestione del contesto e un pizzico di orchestrazione applicativa. Il punto non è la feature in sé, ma il modo in cui viene venduta: come se fosse l’incipit dell’era dell’empatia artificiale, in realtà è solo uno snapshot persistente del contesto. Una cache estesa con un bel nome addosso.

Ovviamente, xAI promette trasparenza e controllo: potrai visualizzare, modificare o cancellare ciò che Grok “ricorda”. Ma la domanda non detta è un’altra: quanto sarà realmente interpretabile per l’utente medio il contenuto di questa memoria? Sarà granularità vera o il solito foglio Excel con due righe oscurate da legalese?

In questo panorama, la memoria è più un’arma per il lock-in che uno strumento a favore dell’utente. Se Grok impara chi sei, non sarà tanto per aiutarti meglio, quanto per trattenerti nel recinto dell’ecosistema X, tra un post di propaganda e una campagna pubblicitaria. L’illusione che l’IA ti conosca diventa così un paravento: non per offrirti una conversazione più naturale, ma per costruire un profilo, monetizzarlo e magari, domani, venderlo all’inserzionista più spregiudicato.

E Musk, con la solita verve da demiurgo, continua a vendere sogni a metà, travestiti da rivoluzione totale. Mentre OpenAI punta su ChatGPT come “copilota dell’intelligenza personale” e Google trasforma Gemini in un assistente omnicomprensivo, lui lancia feature già viste, con un hype che solo il suo nome riesce ancora a sostenere. L’impressione, più cinica che mai, è che il gioco della memoria non sia quello di ricordare chi sei… ma di non farti mai più andare via.