OpenAI si sta buttando nell’arena più tossica, affollata e umanamente compromessa dell’intero universo tech: il social networking. Non stiamo parlando di un’estensione corporate da 4 slide su PowerPoint o di una funzionalità da developer preview, ma di un progetto vero, con tanto di feed visuale centrato sulla generazione di immagini di ChatGPT. La notizia è arrivata da The Verge, citando fonti interne che parlano di un prototipo già operativo.
Per ora siamo ancora in fase embrionale, ma il fatto stesso che OpenAI colosso dell’AI da 97 miliardi di valutazione e braccio operativo di Microsoft nella guerra per la dominance cognitiva dell’umanità stia anche solo valutando una piattaforma sociale, dice molto. Dice che il B2C, alla fine, vince sempre. Perché è lì che stanno gli occhi, i dati, le interazioni, le emozioni. È lì che si costruiscono le dipendenze. Ed è lì che l’AI vive e prospera.
Nessuna dichiarazione ufficiale per il momento. Né sulla forma definitiva (app standalone o feature di ChatGPT) né sulle tempistiche. Ma non è difficile intuire dove si vuole arrivare. Il nuovo social di OpenAI sarà la Disneyland dell’intelligenza artificiale generativa, un feed dove ogni utente diventa creatore, curatore e consumatore in un ciclo infinito di contenuti sintetici — il sogno umido di ogni piattaforma moderna.
Il contesto però è tutt’altro che tranquillo. La guerra fredda tra Sam Altman ed Elon Musk si è trasformata in guerra commerciale aperta. Musk, che di OpenAI è stato co-fondatore, ora li ha trascinati in tribunale, insieme a Microsoft, con l’accusa di aver tradito la missione originaria. E nel frattempo, nel febbraio scorso, il solito Elon ha provato a comprare OpenAI cash, offrendo 97,4 miliardi di dollari. Altman, con la consueta freddezza da CEO che si sveglia con la termodinamica nel cervello, ha risposto: “No grazie, ma se vuoi ci compriamo Twitter per 9,74 miliardi”. Letteralmente.
Nel frattempo, la controffensiva muschiana si è già materializzata. xAI, la sua nuova creatura, ha inglobato Twitter/X in un’operazione all-stock e ha lanciato Grok, chatbot impertinente e radicale, ora in versione app autonoma e integrato nel feed di X. Dove, ovviamente, succhia dati come un vampiro con l’abbonamento premium. Ogni post pubblicato diventa training data per i modelli di Musk, che ormai non distingue più tra social, AI, finanza e guerra culturale.
Quello che OpenAI sta cercando di fare — e lo fa con la pazienza da killer silenzioso è infilarsi nella vena centrale dell’attenzione globale, bypassando il rumore della concorrenza. ChatGPT già oggi è usato da un decimo dell’umanità. Aggiungiamoci un social feed, l’effetto slot machine delle immagini generate, e il passo verso la TikTok dell’AI è breve. Un’app dove la creatività artificiale diventa valuta sociale.
E a quel punto, come direbbe un venture capitalist troppo eccitato: “You’re not building an app, you’re building a habit.”
Il codice sorgente dell’attenzione, il vero prodotto del XXI secolo, sarà allora un flusso continuo di immagini impossibili, pensieri generati, microdopamina a ciclo chiuso. Altro che “democratizzare l’intelligenza artificiale”: si tratta di colonizzare le sinapsi umane con contenuti che non dormono mai, non sbagliano mai, e sanno esattamente cosa ci piace prima ancora che lo pensiamo.