La lotta legale in corso tra Elon Musk e OpenAI sta assumendo contorni sempre più drammatici, con una nuova e rilevante memoria legale depositata da un gruppo di ex dipendenti dell’organizzazione. Questo gruppo di ex collaboratori, tra cui figure di spicco come Daniel Kokotajlo e William Saunders, ha espresso in modo chiaro e fermo il proprio disappunto riguardo ai cambiamenti strutturali proposti, che potrebbero trasformare radicalmente l’organizzazione da no-profit a un’entità a scopo di lucro.
Il cuore della questione ruota attorno alla missione originaria di OpenAI, creata con lo scopo di garantire che l’intelligenza artificiale avanzata fosse sviluppata a beneficio dell’umanità. Gli ex dipendenti, che hanno firmato una memoria a sostegno della causa intentata dal CEO di Tesla, sostengono che qualsiasi modifica radicale che vada a ridurre il controllo dell’entità no-profit comprometterebbe non solo la missione iniziale, ma anche la fiducia riposta da donatori, dipendenti e altre parti interessate. La critica che si leva contro la trasformazione in società a scopo di lucro si fonda sull’idea che tale scelta contraddirebbe i principi fondanti dell’organizzazione, violando l’impegno verso il bene comune e mettendo a rischio la credibilità stessa dell’azienda.
L’accusa di Musk si concentra proprio su questo punto: sostiene che OpenAI abbia tradito il suo mandato originario di ente benefico, muovendo verso la sua trasformazione in una società orientata al profitto, mossa che, secondo lui, avrebbe violato i suoi doveri di ente no-profit. Un’accusa che, se confermata, potrebbe segnare un precedente per altre organizzazioni che si trovano nella stessa posizione e che vogliono raccogliere fondi senza compromettere la propria missione.
Il professore di diritto di Harvard, Lawrence Lessig, che già in passato aveva avuto un ruolo attivo nel sostenere iniziative in favore della regolamentazione dell’intelligenza artificiale, è il legale che rappresenta gli ex dipendenti di OpenAI. Lessig è noto per il suo impegno nella difesa dei diritti dei lavoratori e dei whistleblower nel settore dell’intelligenza artificiale, nonché per aver promosso la SB 1047, una normativa californiana che avrebbe imposto alle aziende di IA di testare i loro modelli per evitare rischi potenziali e proteggere i diritti dei dipendenti in caso di abusi. La sua posizione nella causa OpenAI è, quindi, coerente con il suo passato impegno in ambito legale e tecnologico.
Sul fronte di OpenAI, l’organizzazione ha dichiarato che la sua missione no-profit non cambierà, anche se la struttura legale dell’azienda dovesse evolvere in una forma più orientata al profitto. A supporto di questa posizione, OpenAI ha presentato una controquerela contro Musk, accusandolo di concorrenza sleale. Tuttavia, il futuro della questione rimane incerto, con un giudizio previsto per il prossimo marzo.
Il dibattito è quindi incentrato su una questione cruciale: è possibile conciliare un’organizzazione no-profit che sviluppa tecnologie così potenti come quelle legate all’intelligenza artificiale con un modello di business che richiede il ritorno degli investimenti? La domanda non è semplice, e le risposte potrebbero determinare non solo l’andamento di OpenAI, ma anche l’equilibrio delle politiche globali in ambito tecnologico. La pressione di Musk, che mira a spingere per una maggiore trasparenza e controllo, si scontra con la visione di OpenAI di restare fedele alla sua missione, ma con la necessità di evolversi per poter competere e sopravvivere in un mercato sempre più competitivo. La verità, come spesso accade in questi casi, probabilmente sta nel mezzo, ma il prossimo processo legale ci darà probabilmente una visione più chiara delle intenzioni di tutte le parti coinvolte.