Google ha messo in campo una delle sue creazioni più sorprendenti: un modello di intelligenza artificiale, soprannominato DolphinGemma, sviluppato per analizzare e decifrare i suoni dei delfini. La notizia ha suscitato una curiosità generale, aprendo un nuovo capitolo nella comprensione del mondo animale e nel tentativo, ormai quasi ossessivo, di creare ponti tra le forme di comunicazione non umane e la tecnologia. Ma cosa c’è veramente dietro questo progetto?
Il cuore di DolphinGemma si trova in un dataset proveniente dal Wild Dolphin Project, che da anni raccoglie suoni e vocalizzazioni dei delfini, in particolare quelli degli Atlantici maculati. Una quantità impressionante di dati audio che Google ha ora analizzato utilizzando modelli avanzati di machine learning. La particolarità di questa AI è che non si limita ad ascoltare i suoni in modo passivo, ma è progettata per riconoscere schemi e strutture all’interno dei rumori, con la capacità di prevedere i suoni successivi in una sequenza. Questo aprirebbe la porta a una comprensione più profonda della loro comunicazione, magari riuscendo a tradurre in parte il loro linguaggio.
Ora, il progetto porta con sé alcune implicazioni davvero intriganti, ma anche un bel po’ di domande. Prima di tutto, come possiamo essere sicuri che quello che stiamo cercando di interpretare sia davvero una forma di linguaggio e non semplicemente un comportamento acustico evolutivo? I delfini sono notoriamente intelligenti, ma la loro “lingua” potrebbe non avere nulla di simile a quella umana, anche se i modelli predittivi dell’AI sembrano suggerire l’esistenza di strutture e schemi nei loro suoni. Insomma, stiamo davvero cercando di tradurre un linguaggio o stiamo solo proiettando le nostre aspettative umane su un fenomeno animale completamente diverso?
Ci sono anche delle implicazioni etiche da considerare. Come possiamo, come esseri umani, giustificare l’utilizzo di un’intelligenza artificiale per decifrare la comunicazione di una specie che vive nel suo habitat naturale e che, di fatto, non ha mai chiesto di essere “capita” da noi? Non sarebbe più etico lasciare che il loro linguaggio rimanga inaccessibile per rispetto della loro autonomia come specie?
Un altro aspetto che non si può ignorare è la stessa ambizione che Google sta mostrando in questo tipo di ricerche. Non è certo un segreto che il colosso tecnologico sia impegnato in molteplici iniziative che mirano a spingersi oltre i confini del possibile, spesso con obiettivi che sfidano la nostra comprensione. La questione non è tanto se Google possa o meno decifrare il linguaggio dei delfini, ma se lo farà in modo responsabile, soprattutto quando la creazione di una comunicazione tra specie potrebbe avere ripercussioni sull’ecosistema naturale.
La capacità di prevedere i suoni successivi in una sequenza potrebbe avere un impatto incredibile nella ricerca scientifica. Se DolphinGemma riuscisse a individuare correttamente dei pattern, potremmo comprendere meglio le dinamiche sociali dei delfini, i loro comportamenti di gruppo, o persino il loro approccio alla caccia e alla navigazione. Tuttavia, il fatto che un modello predittivo dell’IA stia diventando il punto di riferimento per un campo di studio così delicato ci obbliga a porci delle domande sulla nostra interpretazione del “linguaggio” in senso stretto. Siamo pronti ad affermare che i delfini “parlano” come noi, o stiamo davvero cercando solo di sentire quello che vogliamo?
Nel frattempo, gli scienziati si trovano a un bivio. Da un lato, la possibilità di utilizzare un’AI per migliorare la comprensione tra esseri umani e animali marini potrebbe aprire un nuovo capitolo nella conservazione e nello studio delle specie in via di estinzione. Dall’altro, ci potrebbe essere la tendenza, da parte delle grandi aziende tecnologiche, di spingere i confini della ricerca non tanto per il benessere animale, ma per incrementare il controllo su tutte le forme di comunicazione.
Un progetto come DolphinGemma rappresenta quindi una sfida, un’opportunità e un interrogativo filosofico che si intreccia con il nostro rapporto con l’intelligenza artificiale, la natura e la scienza. Quello che sembra essere un passo nella comprensione del linguaggio animale potrebbe in realtà essere solo l’inizio di una lunga, complessa, e forse ambigua, esplorazione dei limiti dell’interpretazione tecnologica del mondo che ci circonda.