Noelle Walsh, tra i volti chiave dietro l’espansione muscolare dell’infrastruttura cloud di Microsoft, ha celebrato i 50 anni dell’azienda lo scorso 4 aprile con un tono da dichiarazione di guerra industriale. Un messaggio che suona più come una risposta diretta alle crescenti pressioni di mercato che come un brindisi istituzionale: Microsoft ha raddoppiato la capacità dei suoi datacenter negli ultimi tre anni, con il 2024 che già promette di essere l’anno più bulimico di sempre. E per il 2025, prepariamoci a un nuovo record. Il tutto condito da una cifra che si stampa in fronte: 80 miliardi di dollari di investimenti solo quest’anno, destinati a rafforzare il colosso cloud e AI che Redmond sta trasformando in una sorta di “Azure-centrismo” globale.

Chi pensava che l’hype per l’intelligenza artificiale potesse iniziare a raffreddarsi, farebbe bene a ricredersi. Walsh ha ribadito con chirurgica freddezza come la domanda per i servizi AI e cloud stia crescendo a ritmi che nemmeno Microsoft aveva previsto. Tradotto: stanno costruendo datacenter ovunque ci sia un minimo accenno di civilizzazione digitale, già 350 strutture in oltre 60 regioni, come se fossero McDonald’s in franchising, ma con GPU da trilioni di parametri invece dei Big Mac.

Naturalmente, l’espansione a tappeto ha il suo rovescio della medaglia. Dietro l’enfasi sul progresso, c’è un passaggio che molti non noteranno ma che dice tutto: Microsoft sta “rallentando o mettendo in pausa alcuni progetti nelle fasi iniziali”. Perché? Perché l’infrastruttura cloud su questa scala è come un’astronave interstellare: richiede anni di pianificazione, capitali illimitati e capacità di adattamento alla pressione gravitazionale del mercato. Insomma, si taglia dove serve, si accelera dove conviene. Agile, sì, ma anche spietatamente selettivo.

C’è anche il classico zuccherino al pubblico: investimenti nelle comunità locali, programmi di formazione, iniziative educative e supporto alle imprese. Tutto molto etico, molto ESG, molto PR-friendly. Ma non prendiamoci in giro: ogni dollaro speso ha un ROI atteso in petabyte e calcolo distribuito. L’altruismo è solo un bel packaging per l’espansione imperiale.

Il messaggio che traspare tra le righe è chiaro come una dashboard di Power BI: Microsoft sta colonizzando l’infrastruttura digitale globale per diventare la spina dorsale, il cuore e il cervello della nuova era AI-driven. Da ottobre 2023 in Australia fino al recente annuncio in Sudafrica a marzo 2025, il ritmo non accenna a rallentare. Anzi, chi resta indietro ora rischia l’obsolescenza industriale.

L’impegno di Microsoft per “guidare l’innovazione” non è una promessa, è un piano industriale da superpotenza tecnologica. E nel sottobosco competitivo in cui ogni colosso cerca di impiantare la propria bandiera nel cervello delle AI, questa non è solo una corsa all’infrastruttura. È la nuova corsa all’oro.