In un mercato che si trasforma più velocemente di quanto la burocrazia riesca a normarlo, Alibaba ha piazzato un colpo chirurgico alla concorrenza: il suo assistente AI potenziato, Quark, è ufficialmente l’app di intelligenza artificiale più utilizzata in Cina. Non si tratta di una vittoria estetica o di un semplice restyling da PR, ma di un sorpasso strategico e pesantemente indicativo: Quark ha raggiunto i 150 milioni di utenti attivi mensili, superando Doubao di ByteDance e DeepSeek, ferme rispettivamente a 100 e 77 milioni, secondo i dati tracciati da Aicpb.com.
Sì, Alibaba possiede il South China Morning Post, ma qui i numeri parlano chiaro anche senza media embedded.
Quark non nasce dal nulla. Era un servizio di archiviazione cloud e motore di ricerca, apparentemente anonimo come una startup che sogna la Silicon Valley da un garage a Shenzhen. Poi il plot twist: Alibaba lo reinventa in un “AI super assistant app”, con tanto di modelli Qwen, progettati per “pensare” prima di rispondere, roba che ricorda l’ambizione di diventare la versione orientale di ChatGPT… ma con un’agenda ben più cinica: scalzare ByteDance dal trono dell’engagement.
L’interfaccia è pulita, quasi disarmante nella sua semplicità. Un campo di ricerca, nulla di più. Eppure dietro si cela una macchina capace di generare immagini, scrivere documenti, creare slide, analizzare sintomi medici, pianificare viaggi e persino programmare codice. Alibaba non vuole solo entrare nella testa dell’utente, vuole occuparla interamente.
L’app ha già totalizzato oltre 200 milioni di utenti complessivi, anche se il dettaglio tra mobile e desktop resta vago. E c’è un motivo per questo: la guerra dell’AI in Cina non si combatte sui dati aperti, ma sulla fidelizzazione degli utenti nell’ecosistema, sulla capacità di inglobare funzionalità trasversali e renderle indispensabili.
ByteDance non sta a guardare. Doubao, il fratello minore di Douyin (aka TikTok), è stato potenziato con funzioni di ricerca web, generazione testuale, immagini e codice. E adesso si parla di video-generazione, che – se ben integrata – potrebbe ribaltare di nuovo la classifica nel giro di un aggiornamento software.
Tencent, terzo incomodo ma mai davvero fuori dai giochi, rilancia con Yuanbao, il suo chatbot AI che adesso vanta una “galleria di agenti” – programmi autonomi che svolgono compiti su richiesta – e una profonda integrazione con WeChat, la droga quotidiana digitale della popolazione cinese.
Il punto non è più chi ha l’algoritmo migliore, ma chi riesce a farlo vivere nell’esperienza quotidiana dell’utente, chi trasforma la conversazione con una macchina in un’abitudine, una dipendenza o – come piace dire ai marketer – una “esperienza immersiva”.
Quark, oggi, è la punta di diamante di una strategia più ampia con cui Alibaba sta cercando di ribaltare la narrativa che la vuole in declino, stretta tra regolatori interni e innovatori esterni. La realtà è che la partita dell’AI, soprattutto quella generativa, si giocherà su scala di massa, e chi controlla le “super app” avrà in mano il telecomando del futuro digitale cinese. ByteDance e Tencent sono avvisate: l’era dell’assistente AI da vetrina è finita. Ora si gioca a chi si prende il controllo della tua giornata, una risposta automatica alla volta.