Quando l’ex presidente Donald Trump firma un ordine esecutivo, non lo fa mai a cuor leggero. Mercoledì ha messo nero su bianco un attacco frontale a Christopher Krebs, ex direttore dell’Agenzia per la sicurezza informatica e delle infrastrutture (CISA), oggi dirigente di SentinelOne, società privata di cybersecurity. Sì, proprio lui, lo stesso che dopo le elezioni del 2020 ebbe l’ardire di smentire pubblicamente le teorie trumpiane sul presunto “furto” elettorale. Il prezzo? Ora si ritrova al centro di un’indagine ordinata dallo stesso uomo che l’aveva già licenziato con una mossa spettacolare e mediatica.

Trump, in questo nuovo ordine esecutivo, ha revocato il nulla osta di sicurezza a Krebs, etichettandolo di fatto come una minaccia all’apparato statale. Ma attenzione: non si tratta di un’azione isolata. Il tycoon è nel pieno di una campagna di rivincita sistematica contro individui, studi legali e università che a suo dire lo avrebbero danneggiato o screditato. Questo comportamento paranoico, o forse solo estremamente strategico, ci racconta più del modus operandi trumpiano che dell’effettiva pericolosità di Krebs.

La scelta di prendere di mira un esperto riconosciuto a livello internazionale, che aveva semplicemente affermato che le elezioni del 2020 furono “le più sicure nella storia americana”, non è solo un atto vendicativo, ma un segnale politico ben preciso. Siamo nel pieno del 2024 e Trump ha bisogno di polarizzare l’attenzione, consolidare la base e riscrivere la narrativa in vista delle prossime elezioni. Quale modo migliore se non riesumare i fantasmi del 2020 e attaccare chi, con freddezza e competenza tecnica, ha osato contraddirlo?

Dietro questo teatrino c’è anche un messaggio indiretto al mondo della cybersecurity e delle istituzioni: chi si mette di traverso verrà colpito. La sicurezza nazionale, in questo schema, non è più una priorità oggettiva, ma un terreno di battaglia personale. E mentre SentinelOne si ritrova, obtorto collo, sotto i riflettori, la figura di Krebs assume sempre più i tratti dell’uomo scomodo, il whistleblower tecnico che Trump non riesce a far sparire dal suo personale libro nero.

D’altra parte, la revoca del nulla osta di sicurezza non è un’azione banale. È un modo per isolare Krebs dal mondo istituzionale, rendergli difficile accedere a ruoli di consulenza strategica e togliergli credibilità agli occhi di potenziali alleati. Un’esecuzione lenta e silenziosa, in pieno stile deep state, ma con la firma del presidente più “fuori controllo” della storia recente.

Ora resta da vedere come reagirà il settore tech, tradizionalmente schierato a difesa della competenza e dell’indipendenza tecnica. Krebs, nel suo ruolo attuale in SentinelOne, non è solo un dirigente: è un simbolo della difesa della verità tecnica contro la propaganda politica. E in un’epoca dove la cybersecurity è diventata questione di vita o di morte geopolitica, criminalizzarne le voci più autorevoli non è solo pericoloso: è suicida.