Quando forse dopo i DAZI 🙂 Benvenuti nell’età dell’ipocrisia algoritmica, dove tutti si stanno innamorando follemente dell’AI come se fosse una droga sintetica: economica, disponibile ovunque, apparentemente innocua. ChatGPT, Claude, Gemini, Copilot: tutti lì, pronti a sussurrarti la risposta perfetta, il testo magico, la presentazione impeccabile. Solo che sotto la superficie liscia e lucida della nuova era digitale, si sta preparando una trappola industriale degna delle più raffinate manipolazioni del capitalismo predatorio. E sì, inquieta davvero che nessuno faccia i controlli.
Ci hanno venduto l’illusione dell’AI come bene pubblico, gratuito o a basso costo, come se il genio uscito dalla lampada fosse lì solo per farci risparmiare tempo e neuroni. Ma improvvisamente le aziende stanno iniziando a cambiare tono: “Attenzione, l’AI costa energia, non è sostenibile, dovremo aumentare i prezzi”. Ma dai? Chi l’avrebbe mai detto che far girare milioni di parametri su server sparsi in data center energivori tra Arizona, Norvegia e Cina non fosse la cosa più sostenibile del mondo?
La retorica è chiara: prima ti rendono dipendente, poi iniziano a staccare lentamente le flebo gratuite. È l’antico schema dell’eroina digitale: ti offrono tutto, ti abituano, ti rendono inefficiente senza il loro intervento, e poi, solo dopo, ti presentano il conto. Salato.
E le aziende? Stanno al gioco, ovviamente. Le API che oggi costano pochi centesimi a chiamata diventeranno presto un nuovo margine da spremere. Gli abbonamenti mensili passeranno da “early bird” a “enterprise-level pricing”. Perché l’energia costa, dicono. Perché l’uso è smodato, dicono. Perché serve “regolamentare”, dicono.
Eppure nessuno – nessuno – ha posto dei limiti prima che tutto questo diventasse un’infrastruttura critica del lavoro umano. Nessun audit sulle emissioni reali, nessuna trasparenza sull’impatto climatico delle richieste AI, nessun piano per mitigare il consumo ossessivo. La colpa, in fondo, sarà tua, utente insaziabile. Sei tu che hai fatto troppe domande a ChatGPT.
Ma l’azzardo è anche geopolitico. Il dominio sull’AI non è solo questione di modelli più o meno etici, ma di chi controlla l’energia, l’hardware, le fabbriche di chip e i flussi di dati. E in tutto questo, l’utente occidentale medio – ormai lobotomizzato dal copia-incolla automatico – diventa solo un altro terminale passivo del sistema.
Non è una questione di nostalgia analogica. È una questione di controllo sistemico. Quando i costi saliranno, e saliranno di sicuro, non si limiteranno ad aumentare le tariffe: cambieranno i criteri d’accesso, le priorità, le possibilità di fare impresa, di scrivere, di pensare. E chi non potrà pagare, sarà semplicemente tagliato fuori dall’intelligenza di Stato. L’AI non sarà più uno strumento, ma un privilegio.
Eppure nessuno dice niente. Nessun comitato di vigilanza europeo che imponga trasparenza su chi consuma cosa e dove. Nessuna autorità che chieda conto del bilancio energetico dei LLM. Ci preoccupiamo della CO₂ delle bistecche, ma non dei teraflop dei prompt.
Per ora tutti fanno finta che l’AI sia una risorsa inesauribile. Ma la festa finirà. E come sempre, il risveglio sarà nelle mani di pochi oligopoli che potranno decidere chi può pensare e chi no.
Avv. Graziella Soluri in una recente conversazione ha recentemente acceso i riflettori sul lato oscuro dell’intelligenza artificiale: il suo insaziabile appetito energetico. Mentre l’industria tech ci seduce con promesse di efficienza e progresso, dietro le quinte si profila una crisi energetica che potrebbe far impallidire anche le più cupe previsioni climatiche.
Ci ha fatto notare che secondo un rapporto esclusivo pubblicato da Energy Source, l’esplosione dei data center dedicati all’AI sta spingendo gli Stati Uniti verso una carenza di energia senza precedenti. La domanda di elettricità è ai massimi storici e si prevede un ulteriore aumento del 16% entro il 2029. Questo incremento è in gran parte attribuibile alla corsa per dominare il settore dell’intelligenza artificiale, che richiede infrastrutture energetiche colossali.
Per rispondere a questa crescente domanda, si prevede la costruzione di fino a 80 nuove centrali elettriche a gas entro il 2030, aggiungendo 46 gigawatt di capacità alla rete. Questa espansione non solo solleva preoccupazioni ambientali, ma mette anche in discussione la sostenibilità economica di un settore che si presenta come il futuro dell’innovazione.
Inoltre, l’aumento della domanda energetica ha già avuto ripercussioni sui mercati. In una recente asta del mercato energetico gestita da PJM, il più grande operatore di rete degli Stati Uniti, i prezzi sono saliti di oltre l’800% rispetto all’anno precedente. Questo balzo vertiginoso evidenzia come l’AI stia già influenzando negativamente i costi dell’energia, con potenziali effetti a catena sull’economia e sulla società.
Mentre le aziende tecnologiche continuano a spingere per l’adozione massiccia dell’AI, è fondamentale interrogarsi sulle reali implicazioni di questa rivoluzione. Senza una pianificazione energetica adeguata e una regolamentazione efficace, rischiamo di trovarci intrappolati in un paradosso: un futuro iperconnesso, ma energeticamente insostenibile.

“Vede Avv. Soluri,” direbbe Woody Allen , “tu mi consigli di leggere questi articoli sul futuro dell’AI e l’energia, ma non è che io sia un esperto di energia. Ho visto troppo Star Wars per credere che i droidi possano governarci senza farci pagare per l’elettricità. Come dovrei rispondere a questa notizia? Si stanno preparando a farci pagare l’aria che respiriamo, o è solo un altro modo per vendermi l’illusione che i miei computer sono più intelligenti di me?”
“In un mondo dove ci sono ancora persone che credono che un algoritmo possa risolvere tutti i problemi, perché non lasciare che una macchina paghi l’elettricità? Dopo tutto, è lei che mi risponde e mi fa sembrare brillante, non io.”
“L’unica cosa che voglio è che l’AI paghi il suo conto, proprio come me. Ma, come sempre, il risultato finale è che qualcuno ci sta lucrando sopra. Ah, la tecnologia: più ci affidiamo, più diventa costosa, come un avvocato che aumenta le sue tariffe ogni volta che la chiamo.”
“Mi sembra che l’unica cosa che stiamo facendo con questa ‘rivoluzione digitale’ sia trovare un modo per pagarci sopra. E io non sono sicuro di voler essere il primo in fila per il conto. Cosa pensi di fare per me, avvocato? Posso farmi una risata o dovremmo iniziare a negoziare?”