Donald Trump, il maestro del colpo di teatro e delle trattative condite da bistecche ben cotte a Mar-a-Lago, ha appena riscritto il copione della geopolitica tecnologica globale. Secondo un’esclusiva riportata da NPR, l’ex Presidente e probabile futuro candidato ha deciso di sospendere le nuove restrizioni sui chip AI venduti da Nvidia alla Cina, dopo un tête-à-tête serale con l’AD Jensen Huang, noto più per il suo giubbotto di pelle che per l’amore verso la diplomazia.

La vicenda ha i tratti di un western high-tech, dove le sanzioni USA, ideate per bloccare il progresso dell’IA cinese, vengono messe in pausa non da un consiglio di sicurezza o da un’analisi strategica del Pentagono, ma da una conversazione informale con un CEO. Huang avrebbe promesso a Trump “significativi investimenti” in data center di nuova generazione negli Stati Uniti, ovviamente a condizione di mantenere aperto l’accesso al lucroso mercato cinese. D’altronde, Huang non è nuovo ai giochi di equilibrio geopolitici: Nvidia vende chip avanzatissimi che fanno gola a entrambi i lati del Pacifico.

Per Nvidia è una vittoria su tutta la linea. Dopo mesi di pressioni, di revisioni del controllo export da parte del Department of Commerce e il rischio concreto di tagliare fuori il secondo mercato mondiale, il colosso della Silicon Valley si è semplicemente presentato con la carta giusta: un’offerta di reshoring patriottico mascherata da investimento. Trump, dal canto suo, ha colto la palla al balzo per rilanciarsi come il salvatore dell’industria americana, pronto a riportare “fabbriche e cervelli” in patria, con un tocco protezionista, ma solo se non compromette i profitti.

Il dettaglio interessante – e piuttosto inquietante – è che l’intera strategia USA sulla sicurezza tecnologica e il contenimento del rivale cinese può essere ribaltata con un invito a cena. Un messaggio chiaro per tutti i big della Silicon Valley: per evitare restrizioni, basta promettere qualche miliardo di investimenti nei posti giusti. Il governo come cabina di regia è solo scenografia, la regia vera passa da chi controlla i semiconduttori e, soprattutto, l’accesso al capitale.

In mezzo a questo balletto di promesse e rinvii, l’amministrazione Biden resta a guardare. Per mesi ha cercato di rafforzare i controlli sull’export di chip avanzati, accusando Pechino di usarli per sviluppare IA militari. Ora Trump, con la leggerezza di chi gioca una partita di poker, rimette tutto in discussione. E Nvidia, agile e ben posizionata, cavalca l’onda.

La domanda che resta sospesa è se si possa davvero parlare di sovranità tecnologica quando bastano una cena e un accordo privato per smontare mesi di lavoro di intelligence, lobbying, analisi strategica e alleanze internazionali. Ma forse la risposta è già nella storia recente del tech americano: la geopolitica si fa con i chip, ma si decide nei salotti di chi li produce.