Adobe ha deciso di mandare in pensione il concetto romantico di “editing manuale” e ha fatto coming out con la sua nuova religione: l’agentic AI. Un nome che sa più di buzzword da pitch per venture capitalist che di rivoluzione, ma il succo è chiaro. Photoshop e Premiere Pro stanno per diventare strumenti che non solo eseguono comandi, ma li capiscono, li anticipano e soprattutto – li fanno al posto tuo. Addio alle notti insonni passate a mascherare dettagli pixel per pixel. Benvenuti nell’era del creative agent, dove il mouse serve più per sentirsi creativi che per esserlo davvero.
A spiegare l’ennesima mossa di Adobe nel campo dell’IA è Ely Greenfield, CTO del Digital Media di Adobe, che in un blog pubblicato oggi ha raccontato con toni visionari – e un certo gusto per la retorica futuristica – come funzioneranno questi nuovi agenti. Si parte da Photoshop: una nuova interfaccia galleggiante, chiamata Actions panel, che analizza la tua immagine, ti suggerisce interventi estetici (tipo: “vuoi che sparisca quella comitiva di turisti sullo sfondo?”) e poi se gli dici sì – lo fa. Senza chiederti dove vuoi salvare il file.
Questo è il punto: non stiamo più parlando di un tool. Stiamo parlando di un assistente. O forse, in chiave più cinica, di un editor freelance che non ti chiede diritti, ferie, né ha crisi artistiche. L’agente analizza la scena, propone, agisce. Come un bravo stagista che sa leggere il pensiero.
I nostalgici dell’editing manuale storceranno il naso: addio maschere, livelli, selezioni chirurgiche con la penna vettoriale. Ma chi lavora sotto scadenza capirà subito il potenziale: il sistema non solo suggerisce modifiche, ma ne mostra anche i passaggi. Vuoi imparare a fare una cosa? L’agente ti fa vedere come si fa. Poi, se sei un purista, puoi anche rifarla a mano. Così, per sentirti ancora un artista.
Nel video dimostrativo (che ha tutto il tono da teaser di una serie distopica), vediamo un utente digitare “replace the sky” in un’immagine urbana. Il cielo cambia. Tutto si adatta. Il soggetto rimane, lo sfondo si trasforma. È come giocare a fare Dio, ma con un’interfaccia più user-friendly.
E se pensate che Premiere Pro fosse al riparo da questa ondata di automazione, ripensateci. Dopo aver introdotto Media Intelligence, che già fa analisi semantica del video per indicizzare oggetti e scene, Adobe promette un futuro in cui l’editing ruvido – quello da primo taglio – sarà gestito da un agente. Gli dici cosa vuoi e lui ci prova. Ti suggerisce cut, sistemazioni di colore, missaggio audio. Magari, col tempo, pure una trama decente.
Il clou della presentazione arriverà il 24 aprile al Max di Londra. Lì Adobe mostrerà il primo “creative agent” in carne e codice, dedicato a Photoshop. L’inizio di una nuova religione? O l’ennesimo tool che promette di liberare i creativi mentre li trasforma in cliccatori seriali di suggerimenti automatici?
Greenfield, con tono da evangelista, ci rassicura: “L’AI non può sostituire l’ispirazione umana, ma può aiutarti a partire.” Una frase diplomatica che suona un po’ come: “Per ora ti aiutiamo, poi vediamo.” In realtà, questo è solo l’inizio della trasformazione: da suite creativa a co-pilota neurale.
Ecco quindi la vera domanda, da CTO a CTO: stiamo assistendo a un nuovo standard di produttività o all’ennesimo giocattolo lucido per abbattere barriere d’ingresso e svuotare le professionalità complesse di ciò che le rendeva… appunto, complesse?
Una cosa è certa: Adobe ha capito che l’IA non deve solo essere potente. Deve essere servizievole. Quasi invisibile. Il che, in certi ambienti, è il massimo della potenza.