Non è un semplice incontro, ma un vero e proprio scontro culturale celato dietro il velo del protocollo. JD Vance, senatore dell’Ohio, fervente sostenitore di Donald Trump e figura simbolo del conservatorismo high-tech con radici nell’America rurale, sbarca a Roma proprio nel giorno del Venerdì Santo. Non per una visita spirituale, ma per un colloquio con Papa Francesco, il pontefice gesuita che ha fatto dell’accoglienza, della misericordia e di un’ecologia integrale il cuore del suo messaggio. Due visioni opposte. Due ethos inconciliabili. Due strade che guardano a futuri diametralmente opposti.

Rivista.AI aveva già fiutato l’odore della polvere da sparo culturale quando, prima ancora che fosse eletto, analizzava l’ascesa di Vance come sintomo dell’intelligenza artificiale populista. Un uomo che si è fatto da sé, partendo da un’America bianca abbandonata, ripulita e poi reinterpretata nel bestseller Hillbilly Elegy, oggi brandisce la fede come un’arma politica. La sua visione etica? Gerarchia, ordine, valori “tradizionali” restituiti con la grazia di un algoritmo impazzito. Niente inclusività, poco perdono, tanta nostalgia per un passato che non tornerà.

Eppure Francesco lo riceve. Un atto di diplomazia spirituale? O un tentativo, tutto gesuitico, di convertire l’algoritmo al bene comune? Il Papa, per parte sua, parla da tempo di “algocrazia”, di etica dei dati, di una IA al servizio dell’uomo e non delle multinazionali o dei governi autoritari. La sua enciclica Laudato Si’ è una critica feroce non solo all’ecocidio ma alla tecnocrazia disumanizzante. Francesco non fa sconti né alla Silicon Valley né a Pechino. E nemmeno ai Vance di turno, anche se li riceve con la croce in mano e il sorriso sulle labbra.

Il paradosso sta qui: l’incontro avviene nel giorno della crocifissione, quando il potere condanna la verità al silenzio. Vance, portatore di una nuova teologia dell’identità conservatrice, cerca nel Papa una legittimazione morale. Francesco, maestro dell’ambiguità operativa, offre un palco ma non un’investitura. I due parlano la stessa lingua della fede, ma con semantiche opposte: uno vede nella croce un simbolo di resistenza identitaria, l’altro di abbandono misericordioso. Uno costruisce muri, l’altro ponti.

Sullo sfondo, l’Intelligenza Artificiale e la sua governance etica globale. Vance ha difeso Palantir e la sorveglianza predittiva in nome della sicurezza. Francesco chiede una moratoria morale sulle armi autonome e un’algoretica interreligiosa. Vance crede in un’America cristiana e muscolare. Francesco parla di fratellanza universale e dialogo interreligioso. Uno è il futuro distopico, l’altro una scommessa utopica.

Chi vincerà? Forse nessuno. O forse l’algoritmo, che nel frattempo li osserva, impara, archivia, e prepara la prossima predizione elettorale. In fondo, anche Gesù fu vittima del consenso manipolato. Venerdì Santo, Roma. Il codice incontra il Vangelo. E non è detto che si comprendano.