La prossima settimana si consumerà un siparietto degno di un copione hollywoodiano scritto tra una conference call di SpaceX e un cocktail con Raytheon: Jared Isaacman, il miliardario con la passione per le acrobazie spaziali e i bilanci in ordine, si presenterà al Senato per una delle audizioni più delicate degli ultimi anni. Non come testimone, ma come protagonista. Al centro del palcoscenico politico-tecnocratico, Isaacman si prepara ad affrontare la Commissione per il commercio, la scienza e i trasporti del Senato per difendere la sua candidatura a nuovo amministratore della NASA.

Ma la vera notizia non è tanto questa, quanto il fatto che ventiquattro pesi massimi del settore fondatori, venture capitalist, executive con i piedi nel silicio e lo sguardo verso l’orbita bassa –stanno per firmare una lettera pubblica di endorsement.

Una manovra perfettamente coreografata, che sa più di operazione pre-IPO che di normale procedura istituzionale. Tra i firmatari si vocifera ci siano nomi legati a SpaceX, Rocket Lab, Blue Origin (sottovoce, ché Bezos non ama condividere la ribalta), e fondi che normalmente preferiscono parlare con gli IRR, non con i senatori.Isaacman, fondatore di Shift4 Payments e protagonista della missione Inspiration4, ha costruito negli anni un profilo pubblico che rasenta la perfezione narrativa: imprenditore di successo, filantropo, astronauta amatoriale con credenziali da jet fighter e un talento innato per i media.

Un Elon Musk senza meme, per intenderci. La sua candidatura però divide. Da una parte c’è chi lo vede come l’innovatore che può svecchiare una NASA fossilizzata in contratti cost-plus e burocrazia stile guerra fredda; dall’altra chi teme una privatizzazione culturale dell’Agenzia, con un’apertura troppo disinvolta al modello “venture capital + razzi + Twitter hype”.

La lettera di sostegno, che sarà resa pubblica probabilmente entro martedì, è una mossa di pressione sofisticata. Serve a dire al Congresso: se bocciate Isaacman, state dicendo no all’intero ecosistema dell’innovazione spaziale americana. Un ricatto elegante, ma pur sempre un ricatto. E al tempo stesso, un segnale chiaro che il deep state aerospaziale si sta rapidamente trasformando in un deep tech aerospace driven, dove i boardroom contano più dei laboratori e i round di Serie B valgono più delle pubblicazioni peer-reviewed.

La vera domanda è se il Senato accetterà il cambiamento o cercherà di proteggere lo status quo. In ogni caso, la candidatura Isaacman – con tutto il suo carico di narrazione imprenditoriale, performance mediatica e sponsor d’élite è il sintomo definitivo che lo spazio, ormai, è affare da CEO, non più da scienziati.

Chi vuole leggere tra le righe, può già annusare il retroscena più interessante: questa lettera è anche una prova generale di lobby trasparente per il prossimo passo della space economy. Dopo l’orbita, tocca alla governance.

E chi meglio di un miliardario con il casco da pilota e una startup di successo può comandare un’agenzia che ormai deve competere con le aziende private in velocità, innovazione e narrazione?

Se vuoi approfondire il contesto dell’audizione, il calendario e i documenti ufficiali sono disponibili sul sito del Senate Committee on Commerce, Science, and Transportation.