Mentre gli Stati Uniti e la Cina corrono a briglia sciolta nel selvaggio West dell’intelligenza artificiale, tra venture capital, algoritmi spregiudicati e startup che crescono come funghi radioattivi, l’Unione Europea si guarda allo specchio e, per la prima volta, ammette: “forse ci siamo un tantino complicati la vita da soli”. E così, con una mossa che sa di autocritica tardiva travestita da lungimiranza, Bruxelles annuncia una semplificazione delle sue regole sull’IA. No, la famigerata AI Act non viene abolita, né riscritta. Semplicemente, si cerca di renderla meno simile a un labirinto burocratico e più a qualcosa che un’azienda, magari una PMI italiana che ancora manda fatture in PDF, possa davvero usare.
Henna Virkkunen, voce tecnica dell’europarlamento sul tema, mette sul tavolo un piano che suona tanto come un “tentativo di salvataggio in corner”. Nuove linee guida, standard tecnici più chiari, un codice di condotta per le aziende che vogliono giocare secondo le regole e, per non farsi mancare nulla, un’AI Service Desk. Sì, proprio come il supporto IT della tua azienda quando Outlook decide di non funzionare il lunedì mattina. Solo che stavolta servirà a decifrare un regolamento che, fino a ieri, avrebbe potuto tranquillamente essere usato per testare la pazienza di un’intelligenza artificiale generale.
Il problema è chiaro: mentre il continente annaspa tra privacy, diritti fondamentali e paure esistenziali da romanzo distopico, il resto del mondo costruisce modelli sempre più potenti, li mette sul mercato, e raccoglie miliardi in valorizzazioni. In Europa invece, molti innovatori guardano alle regole come a un deterrente, non a una guida. Non si tratta solo di compliance: è il clima di incertezza regolatoria che fa scappare talenti e investimenti. La preoccupazione vera è che l’AI Act, nella sua forma originaria, possa trasformarsi in un monumento all’auto-sabotaggio industriale.
Con questa svolta soft, l’UE cerca di recuperare terreno e credibilità. I documenti di supporto dovrebbero evitare che ogni interpretazione delle norme richieda il consulto di tre studi legali e quattro caffè lunghi. Gli standard tecnici serviranno a evitare che ogni startup debba reinventare la ruota, o peggio, aspettare che sia qualche commissione a spiegare come girarla. Il codice di condotta, per ora volontario, sembra una versione “light” della regolazione, una sorta di patto tra adulti consenzienti: ti comporti bene, ti lasciamo lavorare.
Resta però il dubbio: è una vera apertura alla crescita tecnologica o solo maquillage regolatorio per salvare la faccia? Introdurre uno sportello informativo è un passo nella giusta direzione, ma la vera partita si gioca sull’atteggiamento culturale dell’Europa verso l’innovazione. Finché si continuerà a vedere l’IA come una bomba a orologeria da disinnescare piuttosto che come una leva strategica da attivare, il gap con le superpotenze non potrà che aumentare.
Per chi vuole illudersi che la semplificazione basti, ecco l’annuncio ufficiale che spiega come l’Europa stia cercando di rendere la sua legge meno indigesta: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/speech_25_1022
Nel frattempo, chi ha un’idea, un LLM addestrato nel garage e un po’ di capitale, continua a prendere il primo volo per San Francisco. O Shenzhen.