Mentre la tempesta perfetta della guerra commerciale globale fa tremare le fondamenta dei mercati finanziari, con l’indice Hang Seng che registra il peggior tonfo giornaliero degli ultimi trent’anni, un’azienda di intelligenza artificiale con base a Pechino decide di premere sull’acceleratore. AICT, specializzata in tecnologie AI ad alta precisione per il controllo del traffico e la gestione dei parcheggi in oltre 50 città cinesi, annuncia con spavalderia la sua intenzione di presentare domanda di quotazione alla borsa di Hong Kong entro fine mese.

In barba ai segnali macroeconomici da codice rosso, AICT vuole raccogliere almeno 200 milioni di dollari attraverso la sua IPO. Secondo quanto trapela da fonti vicine all’operazione, l’obiettivo è ambizioso ma strategicamente calcolato. Per Yan Jun, fondatore e presidente della compagnia, non si tratta di una scommessa cieca ma di una mossa studiata: “Meglio essere già in pista. Se il mercato migliora, siamo pronti a decollare. Se resta turbolento, almeno siamo in posizione”.

E questa “pista” non è solo metaforica. AICT vuole far leva su un momento di rinnovato entusiasmo per la tecnologia AI made in China. A soffiare vento nelle vele del settore è stato il recente exploit di DeepSeek, startup che ha riacceso l’interesse degli investitori dopo un letargo prolungato causato da timori regolatori e tensioni geopolitiche. In questo scenario, Hong Kong — città che naviga da decenni tra i venti di Pechino e quelli del capitalismo globale — si riposiziona come hub di raccolta capitali, grazie anche a una burocrazia ora più snella sotto la benedizione della China Securities Regulatory Commission.

E se gli americani giocano alla roulette con i dazi, i cinesi si costruiscono l’autostrada per l’AI. AICT non solo vuole quotarsi, ma punta anche a stabilire il proprio quartier generale globale proprio a Hong Kong. Un segnale chiaro: la città è il trampolino per un’espansione che guarda a Medio Oriente e Sud-est asiatico, con rotte già tracciate verso l’America Latina, l’Europa e perfino l’Africa.

Il core business è tutto fuorché sexy per il grande pubblico, ma di un’efficienza che fa impallidire le velleità futuristiche di molte Big Tech occidentali. Il sistema AI sviluppato da AICT permette ai semafori di adattarsi in tempo reale ai flussi veicolari e pedonali, migliorando l’efficienza del traffico urbano in modo misurabile. In un mondo che annaspa in congestionamenti cronici, è una tecnologia che risolve problemi reali con algoritmi, non promesse.

In parallelo, l’ecosistema IPO di Hong Kong si è risvegliato dal torpore. Nel primo trimestre dell’anno, le aziende hanno raccolto 17,7 miliardi di HK$ attraverso 15 IPO, quasi triplicando il bottino dello stesso periodo dell’anno scorso. È il miglior Q1 dal 2021, secondo KPMG. E non è un caso se colossi come CATL — leader mondiale delle batterie per veicoli elettrici — hanno ottenuto via libera per la doppia quotazione proprio in questo contesto.

Certo, lo scenario globale resta quello di una partita a scacchi con il fiato sospeso. Con l’indice Nikkei in bear market e le aziende che, secondo Bloomberg, sospendono acquisizioni e IPO, AICT sta giocando una partita tutta cinese: sfidare la volatilità con una narrazione di crescita, precisione e opportunismo strategico. E farlo da Hong Kong, città che continua a esistere in bilico tra libertà finanziaria e controllo centralizzato, come un ponte sospeso tra due mondi.

Yan Jun lo sa bene: meglio esserci e rischiare, che stare a guardare dalla panchina mentre la storia si scrive in tempo reale.