IBM ha appena lanciato il suo nuovo mainframe z17, e no, non è un esercizio di nostalgia per i tempi in cui i server occupavano una stanza intera. È una dichiarazione di guerra o almeno una scossa al torpore – contro il dogma del “tutto sul cloud”. A detta di Big Blue, è arrivato il momento di riportare una parte critica del business… a casa. Dentro le mura. Sul ferro.
Nel momento in cui tutti si inchinano ai megacentri dati delle divinità moderne – AWS, Azure e Google Cloud – IBM prende la strada opposta. Z17 promette potenza computazionale sufficiente per elaborare modelli di intelligenza artificiale direttamente sui dati on-premise, senza mai farli uscire dal perimetro del cliente. Niente upload, niente trasferimenti rischiosi. Sicurezza totale, proprietà assoluta. Un ritorno al controllo. O, più cinicamente, un gigantesco “non ci fidiamo del cloud”. Scopri di piu’
Ric Lewis, capo dell’infrastruttura IBM, lo dice con eleganza diplomatica: “Alcuni clienti sono ossessionati dal possesso dei propri dati”. Tradotto dal marketese: le aziende stanno iniziando a realizzare che regalare tutto ai cloud provider non è solo una questione di costi, ma di dipendenza. E questa, nel lungo termine, è una droga letale.
La vera provocazione di IBM sta nel rimettere al centro l’hardware fisico in un’epoca in cui il mantra era diventato “dematerializza tutto, scala tutto, sposta tutto in cloud”. Eppure, la spinta dell’AI generativa – quella stessa che ha messo sotto pressione le GPU, i chip e l’infrastruttura – ha ribaltato i calcoli. Il cloud costa. Tende a essere lento. E se l’AI si basa sui dati e i dati sono sensibili, allora forse non è più così folle tenerli nei propri bunker digitali.
Z17 è anche il primo mainframe post-acquisizione di HashiCorp. E qui IBM piazza un’altra mossa astuta: integrare policy di sicurezza e gestione dell’infrastruttura con strumenti come Terraform e Vault direttamente nell’hardware. In pratica, stanno cercando di fondere l’eleganza DevOps della gestione cloud-native con la solidità da cassaforte del mainframe. È un’ibridazione, un Frankenstein molto calcolato.
Dal punto di vista finanziario, i mainframe non sono esattamente la gallina dalle uova d’oro, ma con 14 miliardi di dollari di revenue annui per la divisione infrastrutture, IBM può permettersi di continuare a corteggiare quel mercato di clienti conservatori, regolamentati, esigenti. Banche, enti governativi, grandi assicurazioni. Quelli che non possono permettersi di dire “ops, i dati erano sul cloud”.
E qui sta il punto. L’idea che tutto debba andare sul cloud è un mito alimentato dal marketing. La realtà è molto più sporca e disillusa. Il futuro non è full cloud, è hybrid cloud. Lo dice persino chi vende mainframe.
Certo, chi si ricorda di IBM tende a pensare a un dinosauro in giacca blu. Ma forse, oggi, proprio il dinosauro ha capito che il cloud non è l’evoluzione finale. È solo uno stadio. E che nella nuova giungla dell’intelligenza artificiale, sopravvive chi sa quando non delegare.
Link alla notizia originale (se disponibile): IBM svela il mainframe z17