Quando i top player iniziano a cambiare casacca, non è mai solo una questione di stipendio o titolo. È una dichiarazione d’intenti, uno spostamento tettonico sotto la superficie dell’industria AI. Bob McGrew, ex Chief Research Officer di OpenAI, ha deciso di passare al “lato oscuro” – o meglio, al lato ancora tutto da definire – unendosi a Mira Murati nella sua nuova creatura: Thinking Machine Labs.
McGrew non è l’ultimo arrivato: ha messo piede in OpenAI nel 2017, quando l’azienda era ancora un’idea fresca, appena uscita dall’incubatrice visionaria di Altman & co. Da lì ha scalato l’organigramma, lavorando in prima linea sull’evoluzione dei modelli linguistici che oggi vengono spacciati come intelligenza. Uno che, insomma, ha avuto accesso al motore e ai segreti dell’astronave, non solo al cruscotto.
La sua uscita, avvenuta in sincrono con quella della CTO Murati nel novembre scorso, è stata percepita da molti come un’anomalia. Non capita spesso che due colonne portanti abbandonino la stessa barca nello stesso mese, e ancora meno che poi si ritrovino a bordo della stessa zattera concorrente. Coincidenza? Solo per chi crede ancora a Babbo Natale e agli NDA rispettati.
Ora, con McGrew ufficialmente a bordo di Thinking Machine Labs, il messaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale non è più un gioco tra pochi player. Non si tratta solo di replicare un altro ChatGPT con un’interfaccia più sexy, ma di riformulare l’approccio stesso alla ricerca AI, magari riprendendo in mano quei principi etici e quella trasparenza che OpenAI ha lasciato sul ciglio della strada nel passaggio da non-profit a miliardaria.
Murati e McGrew sono due pesi massimi. La loro alleanza suggerisce un’agenda chiara: non costruire solo un prodotto, ma un’intera filosofia alternativa di sviluppo. E in un’industria che oggi si gioca tra potenza computazionale e controllo geopolitico, una nuova scuola di pensiero può valere più di mille GPU.
Per OpenAI, la perdita è doppia. Non solo competenza e visione, ma anche simboli. McGrew era uno degli ultimi “originali” ancora a bordo. La sua partenza rappresenta l’ennesimo graffio sull’immagine ormai sempre più corporate e meno pionieristica dell’azienda.
Per il mercato, questo è un campanello d’allarme. Se la fuga dei cervelli comincia a somigliare a una diaspora, allora forse c’è qualcosa che bolle in pentola, e non sono solo modelli da 10 trilioni di parametri.
È il segnale che una nuova stagione dell’AI sta cominciando, meno centralizzata, meno imbellettata da marketing da start-up, più politica, più sporca – e per questo, decisamente più interessante.