Nel pomeriggio di lunedì, mentre prendiamo un caffè al Bar dei Daini, Palantir Technologies ha registrato un rialzo del 5%, una boccata d’ossigeno in un contesto di trading schizofrenico per le azioni software enterprise. Ma prima di stappare lo spumante, va detto che il titolo è ancora seduto su una perdita del 40% dal suo picco record di $124 toccato a metà febbraio. In altri tempi avremmo parlato di correzione. Oggi, con l’hype dell’AI e la volatilità isterica del mercato, è semplicemente lunedì.
Il rimbalzo non è casuale, ma nemmeno miracolistico. Palantir ha un vantaggio strutturale: genera cassa, e la genera in fretta. Mentre molti dei suoi presunti “peer” nel settore dell’intelligenza artificiale bruciano liquidità come se fosse carbone in una locomotiva del XIX secolo, Palantir sembra aver trovato la quadra. Il suo loop dati-flywheel quel ciclo virtuoso in cui più dati significano migliori insight, che generano più clienti, che portano altri dati — sta girando come un orologio svizzero. Se mantiene questo ritmo, la società potrebbe diventare uno dei capisaldi dell’infrastruttura AI di nuova generazione.
Sembra quasi un paradosso: il mercato punisce Palantir mentre premia nomi che arrancano. Ma questa è la normalità nel 2025, dove la logica dell’algoritmo conta più di quella dei fondamentali.
Nel frattempo, l’ETF iShares Expanded Tech-Software Sector si è comportato come un pendolo ubriaco: prima su, poi giù, poi di nuovo piatto. Il motivo? Un rumor su una presunta sospensione di 90 giorni dei dazi commerciali, notizia poi smentita dalla Casa Bianca. Il risultato è stato un calo del 2%, segnale che anche i macro-temi non fanno più effetto come una volta: le reazioni sono immediate, ma inconsistenti.
I soliti noti si sono mossi con cautela. Salesforce e ServiceNow hanno guadagnato un modesto 1%, mentre Microsoft e Oracle hanno lasciato sul terreno meno dell’1%. Atlassian è salita dello 0,8%, SAP ha perso l’1,2% e Adobe, tra i nomi più penalizzati, ha lasciato sul campo il 2,5%. È evidente che l’euforia dell’AI generativa sta evaporando, lasciando spazio a una valutazione più fredda, se non proprio cinica.
Poi c’è Akamai, che nel tentativo di continuare a rimanere rilevante nel mondo dei CDN e della sicurezza web, è crollata del 3%, toccando i minimi da marzo 2023. Il mercato l’ha già archiviata come “vecchia guardia”, utile ma non abbastanza sexy per attirare capitali nell’era dell’AI-first.
Curiosamente, sono i produttori di hardware enterprise a sorridere: Hewlett Packard Enterprise (+4%) e Dell Technologies (+4,6%) hanno mostrato i muscoli. Sarà nostalgia per l’era dei server fisici? Più probabilmente è il mercato che, nel caos, cerca rifugio in asset tangibili e valutazioni meno drogati. Cisco Systems è rimasta ferma ai box, in attesa di capire da che parte soffia il vento.
Il quadro complessivo è chiaro solo in negativo: non c’è una narrativa dominante. Le azioni vanno a caso, trainate da rumor, reazioni istantanee e qualche dato fondamentale che ogni tanto riaffiora. Palantir sembra voler resistere alla deriva, ma dovrà dimostrare che non è solo un giocattolo da hype, bensì una colonna portante nell’ecosistema AI che sta lentamente — ma inesorabilmente — emergendo dalle macerie speculative.