L’industria tecnologica americana si trova di fronte a una nuova realtà geopolitica che potrebbe mettere a rischio uno dei suoi mercati più redditizi: l’Europa. Le grandi aziende tecnologiche come Alphabet, Meta e OpenAI, che per anni hanno navigato senza troppi intoppi nei mercati globali, si trovano ora in una posizione scomoda, intrappolate tra la crescente ostilità degli Stati Uniti verso l’Europa e la crescente diffidenza europea nei confronti della supremazia tecnologica americana. La situazione si è complicata ulteriormente con l’amministrazione Trump, che non solo ha intrapreso una guerra commerciale con la Cina, ma sembra ora disposta a compromettere i legami transatlantici, mettendo a rischio l’accesso delle aziende tech americane ai mercati europei.
Negli ultimi dieci anni, il panorama tecnologico globale è cambiato drasticamente. Le aziende tecnologiche americane, un tempo convinte che Internet sarebbe stato uno strumento di liberalizzazione politica, si sono ritrovate ad affrontare una crescente divisione geopolitica. L’amministrazione Trump, con il suo approccio nazionalista e la sua visione di un’America più isolata, ha messo in difficoltà le stesse aziende tecnologiche che avevano goduto della protezione politica di Washington. L’Europa, da parte sua, ha iniziato a chiedersi se la sua dipendenza dalle tecnologie americane non fosse un rischio per la sua sicurezza nazionale e competitività.
Dieci anni fa, l’idea che l’industria tecnologica americana fosse destinata a spingere i confini della democrazia globale sembrava indiscutibile. Le aziende di Silicon Valley si consideravano parte di un progetto che mirava a rendere il mondo più aperto e libero. Dalle primissime iniziative per promuovere Internet come strumento di liberazione politica in paesi come la Cina e l’Iran, fino al supporto offerto a movimenti di protesta, la tecnologia era vista come un alleato naturale della politica liberale. Tuttavia, l’ascesa di Trump ha cambiato il contesto. Le tecnologie che un tempo avrebbero potuto indebolire i regimi autoritari sono ora utilizzate per accentuare la divisione tra le democrazie e la crescente minaccia di stati autoritari, con la Cina in prima linea.
Non sorprende quindi che le aziende tecnologiche americane, come Facebook, Google e Microsoft, abbiano cercato di avvicinarsi al nuovo ordine di Trump, sperando di ottenere favore e vantaggi. Tuttavia, si trovano ora a fare i conti con una realtà in cui la rivalità con la Cina non è l’unico fattore di stress. Il crescente disprezzo di Trump per le alleanze transatlantiche ha messo queste stesse aziende in un angolo. In particolare, l’ostilità verso l’Unione Europea, espressa apertamente da alcuni membri del governo americano, ha alimentato la preoccupazione che le normative europee possano minare i modelli di business di Big Tech.
L’Europa, per la sua parte, ha cominciato a vedere la dipendenza dalle piattaforme tecnologiche americane non solo come un problema di competitività, ma anche come una vulnerabilità strategica. Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda la questione della privacy e della protezione dei dati. Le aziende tecnologiche americane, che gestiscono una grande quantità di dati provenienti dall’Europa, rischiano di veder minato il loro accesso al mercato europeo, a causa delle crescenti normative sulla privacy imposte dalla Commissione Europea. L’accordo transatlantico che aveva garantito il flusso dei dati attraverso l’Atlantico è ora in bilico, e i giudici e i regolatori europei sono pronti a intervenire.
Le dichiarazioni pubbliche di Trump contro l’Europa, combinati con la sua reticenza a rispettare gli accordi internazionali, potrebbero accelerare questa tendenza. I dubbi sull’affidabilità delle promesse americane stanno crescendo in Europa, soprattutto dopo lo scandalo Snowden che ha esposto le attività di sorveglianza degli Stati Uniti sulle comunicazioni degli europei. Questo potrebbe spingere l’Europa a sviluppare soluzioni tecnologiche autonome, riducendo progressivamente la dipendenza dalle infrastrutture digitali americane.
Con l’avanzare di questa frattura geopolitica, è sempre più probabile che l’Europa inizi a costruire alternative proprie a Google, Facebook e Amazon. Le istituzioni europee e le aziende locali sono già al lavoro per creare piattaforme che non dipendano dalle regole e dai capricci della politica americana. Le iniziative per sviluppare cloud computing e piattaforme sociali proprie sono ormai realtà concrete, con l’obiettivo di garantire una maggiore autonomia strategica.
Inoltre, l’intervento di Elon Musk, proprietario di Starlink e Tesla, in questioni politiche controverse, ha suscitato preoccupazioni tra i governi europei. Musk, con le sue dichiarazioni e azioni, ha sollevato dubbi sul fatto che le tecnologie americane possano essere utilizzate contro gli interessi europei. L’idea che le aziende tecnologiche americane possano manipolare i dati e influenzare le politiche interne dei paesi europei sta diventando un tema centrale del dibattito pubblico. In Germania e nel Regno Unito, per esempio, la preoccupazione è che i miliardari della tecnologia stiano cercando di sovvertire la democrazia.
La situazione attuale sta rapidamente evolvendo verso una separazione digitale tra gli Stati Uniti e l’Europa, con possibili ripercussioni economiche significative per le aziende tecnologiche americane. Se l’Europa dovesse davvero interrompere i flussi di dati con gli Stati Uniti, aziende come Meta, Google e Microsoft si troverebbero ad affrontare un mondo molto diverso da quello che avevano immaginato. La fine dell’Internet globale, in cui le piattaforme americane dominano, potrebbe diventare una realtà. Non sarebbe solo una sconfitta economica per gli Stati Uniti, ma segnerebbe anche una frattura nelle relazioni di sicurezza tra i due continenti.
Mentre l’Europa sta iniziando a considerare soluzioni autonome, l’industria tecnologica americana rischia di scoprire che la sua capacità di operare liberamente in Europa è sempre più limitata. Se Trump e i suoi alleati continueranno a minare le relazioni con l’Europa, le aziende tecnologiche americane dovranno affrontare le conseguenze di un errore che, nel lungo termine, potrebbe rivelarsi fatale per la loro egemonia globale.