Il recente scossone nei titoli tecnologici non ha scalfito minimamente la fiducia degli investitori cinesi. Anzi, secondo Judy Hsu, CEO per il wealth e retail banking di Standard Chartered, i grandi patrimoni della Cina continentale restano fermamente convinti che il settore tecnologico sia una miniera d’oro a lungo termine. Poco importa se le valutazioni sembrano gonfiate o se i ribassi recenti avrebbero dovuto mettere in guardia anche i più ottimisti. Il mantra è sempre lo stesso: il futuro appartiene alla tecnologia, e la Cina ne sarà il cuore pulsante.
Questa fiducia quasi cieca è stata alimentata dal boom dell’intelligenza artificiale, con il recente exploit di DeepSeek, la startup cinese che ha lanciato due modelli di linguaggio capaci di competere con il celebre ChatGPT di OpenAI, ma a costi e consumi di calcolo decisamente inferiori. La notizia ha innescato una corsa sfrenata ai titoli tech, facendo impennare l’Hang Seng Tech Index di quasi il 30% in poco più di un mese. Poi, inevitabilmente, è arrivata la frenata: profit-taking e una correzione dell’8,5% hanno riportato i piedi per terra alcuni investitori. Ma il messaggio di fondo resta: il mercato continuerà a crescere.
Dietro questa euforia non c’è solo la convinzione che l’AI sia la gallina dalle uova d’oro, ma anche la spinta politica. Xi Jinping ha fatto della tecnologia il pilastro della strategia economica cinese, promuovendo l’integrazione tra innovazione e industria per mantenere l’economia nazionale competitiva. In questo scenario, le startup AI non sono semplici aziende, ma tasselli fondamentali di una strategia geopolitica ben precisa.
Hsu ha spiegato che, nonostante la recente volatilità, il risk appetite dei ricchi cinesi resta alto. Il successo di DeepSeek ha spinto molti investitori a incrementare le allocazioni su asset asiatici, soprattutto nel tech. Insomma, la correzione del mercato è vista come un fastidioso incidente di percorso, non certo come un segnale di pericolo.
E Standard Chartered? L’istituto di credito britannico, tra i pochi autorizzati a emettere valuta a Hong Kong, sta rafforzando la sua presenza nella Cina continentale, sfruttando la crescente domanda di servizi di wealth management da parte della classe abbiente cinese. L’obiettivo è intercettare una fetta dell’immensa liquidità che questi investitori stanno riversando nei mercati finanziari.
Per questo, il gruppo ha annunciato investimenti in digitalizzazione e nuove assunzioni di relationship manager a Hong Kong, Singapore e negli Emirati Arabi Uniti, con l’ambizioso target di gestire 200 miliardi di dollari di nuovi asset nei prossimi cinque anni. Un piano da 1,5 miliardi di dollari per cementare la sua posizione di riferimento nel panorama finanziario internazionale.
Alla fine, la domanda resta la stessa: il mercato tech cinese è davvero un’occasione d’oro, o siamo di fronte all’ennesima bolla pronta a scoppiare? Se c’è una cosa che la storia ci insegna, è che nessun rally dura per sempre. E l’eccesso di entusiasmo è spesso il segnale che la realtà è molto più complessa di quanto sembri.